CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 luglio 2017, n. 16778
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Premi impegnativa – Principio di neutralità dell’iva
Massima:
Se i “premi impegnativa”, assoggettati ad iva con l’aliquota del 20%, e contabilizzati, con la conseguente detrazione degli importi indicati, debbano essere qualificati come cessioni di danaro a titolo gratuito, in quanto tali non risultano assoggettabili ad iva e risulta pertanto legittima la rettifica della dichiarazione iva effettuata dall’Amministrazione finanziaria, con conseguente irrogazione della relativa sanzione. Pertanto, anche se i rapporti contrattuali intercorsi tra inserzionisti e concessionari fossero stati conclusi mediante l’intermediazione del centro media, e che il relativo accordo potesse rivestire forma verbale, giova rimarcare che il fatto generatore dell’iva e, dunque, l’insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati con la materiale esecuzione della prestazione, di modo che il 3° co. dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72, a norma del quale <>, va inteso nel senso che il conseguimento del compenso coincide non con l’evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, soltanto con la sua condizione di esigibilità, estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione. Posto che il pagamento del corrispettivo non è essenziale al riscontro del carattere oneroso che l’operazione deve assumere per costituire presupposto dell’imposta, è alla fase esecutiva del rapporto giuridico che bisogna aver riguardo. Occorre quindi non soltanto la prova che da tale rapporto siano originate le attribuzioni reciproche, ma anche che il compenso sia convenuto come corrispettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico.
Fatti di causa
In esito a verifica condotta nei confronti della s.p.a. A.M.I., i verbalizzanti hanno riscontrato che questa società emetteva nei confronti delle concessionarie di spazi pubblicitari, tra le quali la s.p.a. Q., fatture aventi come oggetto “premi impegnativa”, che assoggettava ad iva con l’aliquota del 20%. Di rimando, le concessionarie, e quindi anche la s.p.a. Q., ricevute le fatture, le contabilizzavano, detraendo gli importi dell’iva. L’Ufficio ha qualificato i “premi impegnativa” come cessioni di danaro a titolo gratuito, in quanto tali non assoggettabili ad iva ed ha per conseguenza rettificato la dichiarazione iva presentata nell’anno 2005 dall’odierna controricorrente, irrogando la relativa sanzione. La s.p.a. Q. ha impugnato il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale ha respinto l’appello dell’Agenzia, ritenendo che i rapporti contrattuali intercorsi tra inserzionisti e concessionari fossero stati conclusi mediante l’intermediazione del centro media, che il relativo accordo ben potesse rivestire forma verbale e che comunque non vi fosse alcun danno per l’erario, considerato che l’iva versata dall’emittente delle fatture era poi detratta dalle società concessionarie. Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la contribuente reagisce con controricorso.
Ragioni della decisione
1. – Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità riferita in controricorso ad un supposto terzo motivo del ricorso, in realtà inesistente.
2. – Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché connessi, l’Agenzia delle entrate si duole:
– ex art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., dell’omessa od insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo dell’esistenza di un accordo che giustificasse l’assoggettamento ad iva degli importi dei quali si è dato conto in narrativa, che, secondo l’Ufficio, sono scollegati da qualsivoglia controprestazione – primo motivo,
– ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., della violazione o falsa applicazione degli artt. 2, 3° co., 3, 1° co., 19 e 21 del d.P.R. n. 633/72, nonché degli artt. 1362 e seguenti, e dell’art. 2697 c.c., in quanto la s.p.a. A.M. è obbligata contrattualmente soltanto nei confronti degli inserzionisti e non già nei confronti delle società concessionarie della pubblicità, con la conseguenza che anche il richiamo del principio di neutralità dell’imposta è inconferente – secondo motivo.
I motivi così proposti aggrediscono adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, di modo che va esclusa la formazione del giudicato interno eccepita dalla società in relazione alla statuizione concernente l’applicazione del principio di neutralità dell’iva: basti considerare che a partire da pag. 14 del ricorso l’Agenzia ha espressamente censurato <<… le osservazioni della CTR in merito al rispetto del principio di neutralità dell’imposta…>>.
Oltre che ammissibile, la censura complessivamente proposta è altresì fondata.
2.1. – In generale, tocca all’acquirente di beni o al committente di prestazioni di servizi che invochi il diritto di detrazione dell’iva assolta o dovuta provare che ricorrono i presupposti per fruirne (tra varie, Corte giust. 18 luglio 2013, causa C-78/12, “Evita-K” EOOD, punto 37), ossia, sotto il profilo sostanziale, la propria soggettività passiva, la circostanza che i beni o i servizi siano utilizzati a valle ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta (oppure, almeno, che sussista un nesso diretto e immediato tra le spese connesse alle operazioni a monte ed il complesso delle attività economiche del soggetto passivo: Corte giust. 22 ottobre 2015, causa C-126/14, Sveda UAB) e che, a monte, detti beni siano ceduti o che tali servizi siano forniti da un altro soggetto passivo.
2.1. – In questo contesto, le categorie negoziali del diritto interno vanno connotate secondo la prospettiva tributaria, alla stregua della quale finiscono col perdere la loro complessità semantica: ciò che conta sono soltanto i tratti idonei a rivelare l’esistenza del presupposto d’imposta. Ed è a questo fine che la Corte di giustizia sottolinea che <<la valutazione della realtà economica e commerciale>> costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’iva, destinato a prevalere anche sul testo dei contratti (Corte giust. 20 giugno 2014, causa C.653/11, Commissioners Her Majesty’s Revenue and Customs c. Newey, punto 40; 7 ottobre 2010, Loyalty Management UK e Baxi Group, C-53/09 e C-55/09, punti 39 e 40 nonché la giurisprudenza ivi citata). Si spiega quindi che l’art. 6 della sesta direttiva, nel definire la prestazione di servizi, ricorra al lemma descrittivo di “operazione”.
2-2. – Sia pure filtrate dalla <<realtà economica e commerciale>>, peraltro, le categorie negoziali conservano rilevanza anche della prospettiva tributaria.
Per giurisprudenza costante una prestazione di servizi è effettuata «a titolo oneroso», ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva iva, soltanto quando tra l’autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, per cui il compenso ricevuto dal primo costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito a! secondo (Corte giust. in causa C-653/11, punto 40; 27 marzo 2014, causa C-151/13, Le Rayon d’Or, punto 29 e giurisprudenza ivi richiamata). Questa nozione di prestazione di servizi si specchia nel diritto interno, giacché secondo l’art. 3 del d.P.R. n. 633/72 <<costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da…>>. La prospettiva della <<realtà economica e commerciaie>> induce dunque ad aver riguardo precipuo all’operazione, ma comporta comunque la necessità dell’esistenza del nesso corrispettivo tra prestazione e compenso (sulla necessaria sinallagmaticità delle prestazioni di servizi, per la loro imponibilità ai fini dell’iva, vedi Cass., sez.un., 15 marzo 2016, n. 5078).
2.3.- Risalta dunque, anche in questa prospettiva, la forza qualificante della corrispettività e non della mera onerosità, che si traduce nella correlatività assicurata dallo scambio; scambio, che, ai fini dell’iva, non necessariamente dev’essere lucrativo, essendo indifferente il risultato dell’operazione economica (Corte giust. 22 giugno 2016, causa C-267/15, Gemeente Woerden, punto 40, a proposito della pattuizione di un prezzo inferiore ai costi sostenuti).
Lo scambio pretende:
a. – la configurabilità di un rapporto giuridico da cui scaturiscano le attribuzioni patrimoniali;
b. – la reciprocità delle attribuzioni, data dalla sussistenza di un nesso diretto tra il servizio fornito al destinatario ed il compenso da costui corrisposto.
Giova rimarcare che il fatto generatore dell’iva e, dunque, l’insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati con la materiale esecuzione della prestazione, di modo che il 3° co. dell’art. 6 del d.P.R. n. 633/72, a norma del quale <<le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo>>, va inteso nel senso che il conseguimento del compenso coincide non con l’evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, soltanto con la sua condizione di esigibilità, estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione (Cass., sez.un., 21 aprile 2016, n. 8059). Posto che il pagamento del corrispettivo non è essenziale al riscontro del carattere oneroso che l’operazione deve assumere per costituire presupposto dell’imposta, è alla fase esecutiva del rapporto giuridico che bisogna aver riguardo. Occorre quindi non soltanto la prova che da tale rapporto siano originate le attribuzioni reciproche, ma anche che il compenso sia convenuto come <<corrispettivo di un servizio individualizzabile fornito nelTambito di un siffatto rapporto giuridico>> (cosi Corte giust. 18 gennaio 2017, causa C-37/16, Minister Finansów c. Stowarzyszenie Artystów Wykonawców Utworów Muzycznych i Slowno-Muzycznych SAWP (SAWP), punto 27).
3. – Nella fattispecie in esame, il giudice d’appello, il quale si è limitato a far leva sulla libertà della forma e, quindi, sulla validità di quella verbale, non giustifica l’esistenza del rapporto giuridico, scaturente, nella ricostruzione della contribuente della quale si limita a dare conto in narrativa, dallo svolgimento da parte dei centri media, di <<…un’attività di intermediazione, ma anche…di pianificazione e programmazione degli investimenti pubblicitari e di analisi dei risultati conseguiti…>>, né la reciprocità delle attribuzioni. Il che emerge al cospetto della prospettazione dei fatti quale risulta dal processo verbale di constatazione, lo stralcio rilevante del quale è riprodotto in ricorso: l’Ufficio aveva riconosciuto l’operatività del principio di libertà della forma, ma aveva sostenuto che non sussistesse prova alcuna di pattuizioni, qualunque forma esse avessero rivestito, che collegassero la corresponsione dei premi d’incentivazione alla prestazione di servizi imponibili.
In definitiva, il giudice d’appello si è limitato a predicare in linea astratta, in quanto disancorata dalla ricognizione dell’esistenza del rapporto giuridico nell’accezione dinanzi indicata, e quindi del tutto ininfluente, l’applicabilità del principio di libertà delle forme.
3.1. – Eccentrico e comunque irrilevante è anche il richiamo del principio di neutralità dell’imposizione, in virtù del quale la detrazione dell’iva, se pure indebita, non produce alcun danno per l’erario. Ciò in quanto, se non ne esistono i presupposti, non è possibile esercitare il diritto di detrazione, per impossibilità giuridica del suo oggetto, giacché la detrazione concerne l’imposta assolta in quanto dovuta. Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’iva dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’iva (principio granitico, per l’espressione del quale vedi, tra varie, Corte giust. 22 giugno 2016, causa C-267/15, Gemeente Woerden, punto 32 e, nella giurisprudenza interna, sempre tra varie, Cass. 15 maggio 2015, n. 9942). D’altronde, si è anche sottolineato (vedi Cass. 5 settembre 2014, n. 18764), è di per sé irrilevante la circostanza che sia stato corrisposto un certo tributo, in quanto il contribuente ha l’obbligo di corrispondere l’imposta prevista dalla legge e non quella scelta in base a considerazioni soggettive. In particolare, ha precisato la Corte di giustizia, i principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, e ciò al fine di eliminare alla radice il rischio di perdita di gettito fiscale; né tali principi ostano ad una valutazione differente della necessità della effettiva sussistenza di una cessione di beni o di una prestazione di servizi per quanto riguarda l’emittente della fattura ed il destinatario di questa (Corte giust. 31 gennaio 2013, causa C-643/11, LVK-56 EOOD, e 31 gennaio 2013, causa C- 642/11, Stroy trans EOOD).
4. – Il ricorso va quindi accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione, che valuterà altresì le questioni rimaste assorbite e ritualmente riproposte, nonché i motivi dell’appello incidentale condizionato, delle quali dà conto il controricorso, e regolerà le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.
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