CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 luglio 2017, n. 16814
Imposta di registro – Provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza) – Imposta proporzionale
Esposizione dei fatti di causa
1. La Curatela fallimentare della Soc. Coop. Agricola V.C. s.r.l. proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto dell’amministrazione finanziaria formatosi in ordine alla sua istanza di rimborso della maggior imposta versata in sede di registrazione di una sentenza del tribunale che aveva revocato ex art. 67 legge fallimentare il pagamento effettuato dalla società in bonis in favore della B.R. ed aveva condannato quest’ultima alla restituzione in favore del Fallimento delle somme ricevute, assumendo la contribuente che tale atto doveva essere sottoposto a tassa fissa, ai sensi della Tariffa, parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. e), anziché proporzionale, a mente della lett. b) del medesimo articolo. La B.R. s.p.a. interveniva in causa. La CTP di Foggia accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR della Puglia, sezione staccata di Foggia, sul rilievo che l’azione revocatoria non determinava il ritrasferimento del bene al fallito bensì l’acquisizione del bene al fallimento per il soddisfacimento dei creditori concorsuali.
2. Avverso la sentenza della CTR propongono ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle entrate affidato ad un motivo. Resiste con controricorso U. s.p.a., già B.R. s.p.a., la quale ha, altresì, depositato memoria.
3. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986.
Sostengono che la sentenza del tribunale ha comportato la condanna della banca al pagamento di somma di denaro, per il che è applicabile l’imposta proporzionale.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Preliminarmente osserva la Corte che va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze, atteso che, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate ad opera del D.Lgs. n. 300 del 1999, divenuta operativa dal 1^ gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, in forza della quale spetta esclusivamente ad essa la legittimazione processuale in ordine alle relative controversie (Cass. n. 9004 del 2007; Cass. n. 22889 del 2006; Cass. S.U. n. 3118 del 2006). Nè una concorrente legittimazione ad processum può ravvisarsi nei confronti del Ministero in forza delle precedenti fasi processuali, tenuto conto che il giudizio di appello, promosso dopo il 1^ gennaio 2001, si è svolto con la esclusiva partecipazione della Agenzia delle entrate.
2. Il motivo di ricorso è fondato. Invero questo collegio intende dare continuità al principio più volte affermato dalla Corte di legittimità secondo cui, in tema di imposta di registro, la sentenza che accoglie l’azione revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni, producendo l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza), mentre la lett. e) del medesimo articolo, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore) (Cass. 24954/2013; Cass. 17584/2012; Cass. 4537/2009).
Nel caso di specie la sentenza che ha pronunciato la revocatoria fallimentare del pagamento posto in essere dalla fallita nel c.d. periodo sospetto possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto poiché, a differenza di queste, essa non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato, che rimane in vita sia pure privo di efficacia nei confronti del Fallimento e della procedura esecutiva. Inoltre la condanna alla restituzione di quanto ricevuto dal creditore non comporta un ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento, che vede incrementata la massa fallimentare. L’effetto giuridico della sentenza che accoglie l’azione di revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni è, infatti, ravvisabile nel mero recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, situazione che realizza, per l’appunto, un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata; non rinvenendosi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito mediante il rigetto del ricorso introduttivo proposto dal Fallimento. Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano in considerazione dell’affermarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle Finanze; accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla Curatela fallimentare della Soc. Coop. Agricola V.C. s.r.l.; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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