ICI – immobile strumentale all’attività agricola dei soci della cooperativa – Categoria catastale (D/8) – Avviso di accertamento – Esenzione
Svolgimento del giudizio
A. soc.coop. agricola (già C. coop.) propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 80 del 2 novembre 2011 con la quale la commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento notificatole dal Comune di Conselice per Ici 2007 su immobile strumentale da essa posseduto.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’immobile in questione non fosse esente da Ici per il solo fatto della sua affermata strumentalità all’attività agricola dei soci della cooperativa, in quanto iscritto in categoria catastale (D/8) diversa da quelle di ‘ruralità’ (A/6 e D/10); e ciò sulla base di quanto stabilito da SSUU 18565/09.
Resiste con controricorso il Comune di Conselice. A. ha depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ..
Il ricorso è stato assegnato alla trattazione in pubblica udienza, ex artt. 375 e 380 bis cod.proc.civ., con ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile (T) n. 14850/14; richiamante quanto dedotto dalla ricorrente con memoria ex art. 380 bis 2^ co. cpc, in data 30 aprile 2014.
Motivi della decisione
1.1 Con l’unico motivo di ricorso la cooperativa deduce – ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 23, co. 1 bis, d.l. 207/08 conv. in I. 1/09 (ndr I. 14/09); 9 d.l. 557/93 e 2 co. 1 lett.a) d.lgs. 504/92, anche con riferimento all’art. 53 Cost.; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso il carattere rurale dell’immobile in oggetto sulla base di un dato, la classificazione catastale nell’anno 2007 diversa da quelle di ruralità (A/6 – D/10), non dirimente a fronte della concreta strumentalità all’attività agricola dei soci dell’immobile medesimo. Con la memoria ex art. 380 bis cit., la ricorrente ha poi dedotto: – di aver presentato, mediante procedura DOCFA del 22 dicembre 2009, istanza di classamento dell’immobile in questione in categoria D/10; con effettivo conseguimento di tale classamento, come da visura Agenzia del Territorio 3 marzo 2010 già prodotta avanti alla commissione tributaria regionale; – di avere altresì presentato il 29 settembre 2011 istanza telematica all’agenzia del territorio volta ad ottenere il medesimo classamento ai sensi dell’articolo 7 co. 2 bis decreto-legge 70/11; – che tale istanza doveva ritenersi accolta dall’amministrazione finanziaria, con conseguente estensione retroattiva ex lege del classamento di ruralità D/10 ai cinque anni antecedenti all’istanza e, dunque, anche all’annualità di imposta dedotta nel presente giudizio (2007). Essa ha quindi allegato alla memoria la documentazione di riscontro.
1.2 La tesi sostenuta dalla ricorrente nel motivo di ricorso non può trovare condivisione.
Va infatti qui richiamato il prevalente orientamento di legittimità in tema di Ici dei fabbricati rurali, secondo cui: – per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali); sicché l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; – per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato; – allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici.
Si tratta di orientamento già fissato dalla sentenza SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14); più recentemente confermate da Cass. n. 16737/15.
Ha in particolare osservato quest’ultima pronuncia che: “non ha alcuna rilevanza nel caso in esame la questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli (conferiti dai soci come da chiunque altro). L’esenzione dall’Ici per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10). Solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a). Cosicché, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato”.
Nello stesso senso, di recente, Cass. 20/04/2016 n. 7930, secondo cui: “In tema d’ICI, ai fini dei trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale dell’immobile, per cui l’immobile iscritto come “rurale”, con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1 bis, del d.l. n. 207 del 2008 e dall’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, mentre, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione, impugnare l’atto di classamento; fermo restando, invece, che se il fabbricato non risulti iscritto in catasto e il contribuente agisca per ottenere il rimborso dell’imposta, l’accertamento della ruralità può essere immediatamente compiuto dal giudice, ma incombe al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti ex art. 9 del d.l. n. 557 del 1993″
1.3 Fermi questi principi, occorre però dare qui conto dello jus superveniens (richiamato dalla ricorrente) costituito: – dal d.l. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011, termine poi prorogato) di presentare all’ Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall’art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; – dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; – dal decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività’ agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censi bili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 – dal d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.
Va osservato che la produzione nel giudizio di cassazione di documenti comprovanti l’applicabilità alla fattispecie dello jus superveniens non può dirsi di per sé inammissibile, pur alla luce dei limiti imposti dall’articolo 372 cod.proc.civ..
Si è infatti stabilito, in proposito, che lo jus superveniens trova rilevanza anche nel giudizio di legittimità, in quanto suscettibile di comportare la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito; avanti al quale viene eccezionalmente consentito di allegare la documentazione volta a dimostrare la ricorrenza delle condizioni per la riforma, appunto in forza della normativa sopravvenuta, della decisione di merito (Cass. nn. 2989/78; 2010/80; 2341/82; 2546/83; 3305/12); nel senso della deducibilità in cassazione di disposizioni retroattive emanate successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, si sono recentemente espresse anche le SSUU, con sent. n. 21691/16.
Nel caso di specie, la cooperativa ha allegato – con la memoria cit. – documentazione attestante l’avvenuto deposito dell’istanza di variazione catastale a valere anche per l’anno 2007; si tratta di documentazione sufficiente – fatte salve le verifiche di merito che dovranno comunque svolgersi in sede di rinvio – a fornire le specificazioni necessarie a comprovare la rilevanza della normativa sopravvenuta al fine della risoluzione della lite in senso opposto a quanto ritenuto dalla commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata.
In particolare, da tali allegazioni potrà il giudice di rinvio accertare, in fatto: – la data di presentazione dell’istanza di attribuzione del classamento catastale di ruralità (D10), rilevante anche ai fini di individuare le annualità retroattivamente interessate dalla nuova attribuzione; – la specificazione della natura e del contenuto delle autocertificazioni e dei documenti allegati all’istanza; – l’effettiva riferibilità dell’istanza all’immobile dedotto nell’avviso di accertamento qui opposto; – l’esito dell’istanza.
Va poi considerato – certo non ultimo – che il d.l. n. 70/11 in esame è stato sì emesso, e convertito in legge, prima della deliberazione della sentenza impugnata (così da non potersi reputare, a rigore, ‘sopravvenuto’ a quest’ultima). E tuttavia, alla data di emanazione della sentenza (ma nemmeno a quella del ricorso per cassazione) non era ancora stato interpretativamente recepito nell’ordinamento l’effetto retroattivo quinquennale dell’istanza in oggetto; poi univocamente introdotto dal citato d.l. 102/13, conv. in l. 124/13 (art. 2 co. 5 ter).
In casi del tutto analoghi, hanno cassato con rinvio, tra le altre: Cass. 13763/16 e 16178/16.
Si impone pertanto, alla luce della situazione normativa sopravvenuta e delle risultanze fattuali emergenti dalla documentazione allegata, una verifica del classamento catastale effettivamente attribuito all’immobile in oggetto – all’esito dell’istanza – nell’annualità 2007. A tal fine, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso;
– Cassa, in relazione al profilo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale dell’Emilia.