CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 giugno 2017, n. 14308
Inps – Obbligazione contributiva – Regime sanzionatorio ex art. 116, comma 8, legge n. 388/2000 – Estinzione – Onere probatorio
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catania ha accolto l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva annullato la cartella esattoriale notificata alla società A. B. s.r.l. per il pagamento dell’importo di € 189.469,27 a titolo di contributi e somme aggiuntive concernenti il periodo gennaio 1998 – agosto 2001, e di conseguenza ha rigettato l’opposizione.
Ha spiegato la Corte che le difese articolate dalla società col ricorso di primo grado, quali la prescrizione, il pagamento parziale del debito contributivo e la disponibilità a sanare il residuo debito, apparivano radicalmente incompatibili con la contestazione della sussistenza dell’obbligo contributivo, sicché l’Inps, rimasto contumace in prime cure, non aveva l’onere di costituirsi per comprovare alcunché al riguardo, mentre era onere dell’opponente provare i fatti estintivi dell’obbligazione contributiva dedotti col ricorso, adempimento, questo, non assolto nella fattispecie. Inoltre, la stessa Corte ha escluso che potesse applicarsi nel caso di specie il più favorevole regime sanzionatorio successivo, invocato dall’opponente, di all’art. 116, comma 8, della legge n. 388/2000.
Per la cassazione della sentenza ricorre la società A. B. s.r.l. con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Resiste con controricorso l’Inps. Rimane solo intimata la società M. S. s.p.a.
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo, dedotto per violazione dell’art. 2697 cod. civ. e per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente tenta di sostenere che la proposizione delle eccezioni estintive era frutto di un errore materiale derivante dalla trattazione di un giudizio analogo, che le stesse apparivano, tutt’al più, come difese di stile e che non consentivano di invertire l’onere della prova della sussistenza del credito contributivo che gravava, in ogni caso, sull’Inps.
2. Col secondo motivo, proposto per violazione dell’art. 116 della legge n. 388/2000 in merito alle somme aggiuntive, la ricorrente sostiene che, ferma restando l’inapplicabilità delle sanzioni, giammai queste avrebbero potuto essere ragguagliate all’ipotesi dell’evasione piuttosto che a quella dell’omissione.
3. Osserva la Corte che entrambi i motivi sono infondati.
3.1. Per quel che concerne il primo motivo si osserva che nella sentenza impugnata è contenuto un puntuale richiamo alle varie eccezioni, cioè quella della prescrizione quinquennale, quella di pagamento parziale del debito per euro 15.447,01 e l’altra ancor più specifica basata sulla comunicata disponibilità a sanare il residuo debito contributivo in attesa di un accredito contributivo da parte della Regione per i servizi di trasporto resi nel corso del 2002, per cui è inverosimile che si sia trattato, come vorrebbe far intendere la ricorrente, di proposizione di semplici eccezioni di stile, come tali prive di rilevanza ai fini della valutazione del governo dei relativi oneri probatori.
E’, quindi, convincente il ragionamento seguito dalla Corte territoriale in ordine al fatto che tali eccezioni, una volta sollevate, dovevano essere provate dall’opponente che intendeva avvalersi del loro effetto estintivo o sospensivo o modificativo del credito preteso dalla controparte.
3.2. E’, altresì, infondato il secondo motivo che è stato prospettato, anzitutto, sulla base della considerazione che, non potendosi configurare un addebito contributivo, alcuna somma aggiuntiva era dovuta. Al riguardo è agevole rilevare che l’accertata fondatezza del credito contributivo vantato dall’Inps legittimava la decisione di condanna al pagamento delle somme aggiuntive.
Non coglie, invece, nel segno la parte del secondo motivo in cui si evidenzia che l’inadempienza era tutt’al più riconducibile all’ipotesi disciplinata dall’art. 116, comma 10, della legge n. 388/00 e non a quella dell’ottavo comma della stessa norma, in quanto l’omesso versamento dei contributi sarebbe derivato da oggettive incertezze connesse a contrastanti interpretazioni giurisprudenziali o amministrative e, in ogni caso, si era trattato di omissione e non di evasione contributiva. Invero, nella sentenza impugnata si chiarisce che le somme aggiuntive erano state calcolate ai sensi della disciplina contenuta nella legge n. 662 del 1996, in luogo di quella più favorevole della legge n. 388/2000, art. 116, comma 8. Ciò in quanto secondo la Corte per l’omesso versamento di contributi relativi a periodi pregressi non poteva esplicare efficacia retroattiva quest’ultima disposizione di legge. Quindi, la Corte d’appello non ha operato una scelta all’interno delle diverse ipotesi sanzionatone previste dall’art. 116 della legge n. 388/2000, ma ha semplicemente ritenuto applicabile il pregresso regime sanzionatorio di cui alla legge n. 662 del 1996, normativa, quest’ultima, non fatta oggetto di specifica censura in ordine alla sua affermata applicabilità.
4. Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate in favore dell’Inps come da dispositivo. Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti della società M. S. s.p.a. che è rimasta solo intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 5700,00, di cui € 5500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge in favore dell’Inps. Nulla spese nei confronti di M. S. s.p.a.
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