Impresa danneggiata dagli eventi alluvionali – Premi e dei contributi indebitamente versati in eccedenza
Svolgimento del processo
Con sentenza n.1007/2010, la Corte d’Appello di Torino respingeva gli appelli proposti dall’INAIL e dall’INPS avverso la sentenza con cui il giudice di prime cure Asti li aveva condannati a pagare a E. s.a.s. di C. geom. M. & C. rispettivamente la somma di euro 37.219,58 e di euro 66.13166 pari al 90% dei premi e dei contributi indebitamente versati in eccedenza nel quadriennio 19941997, in quanto impresa danneggiata dagli eventi alluvionali del 1994 ed in ossequio alla legge 350/2003 art. 4 comma 90.
La Corte territoriale, per quanto qui rileva, riteneva che l’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007), nel prorogare al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui all’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003 – che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui all’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002 – avesse fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali e, sotto altro ma connesso profilo, considerava che non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei contributi e quella di coloro che, come l’azienda in epigrafe, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto.
Per la cassazione di tale pronuncia hanno presentato ricorso l’INAIL con tre motivi e successivamente l’INPS con un motivo. E. di C. geom. M. & C. ha resistito ad entrambi i ricorsi con controricorso. L’INAIL e I’E. di C. geom. M. & C hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, l’INAIL denuncia violazione dell’art. 3 quater , primo comma del d.l. 300/2006 conv. in I. 17/2007 in combinato disposto con l’art.4 comma 90 I. n. 350/2003 in relazione alla eccezione di decadenza dal termine per la presentazione della domanda di rimborso (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.).
2. Con il secondo motivo l’INAIL deduce la violazione dell’art. 3 quater primo comma del d.l. 300/2006 conv. in I. 17/2006, in combinato disposto con gli artt. 4 comma 90 I. 350/2003, art. 9 comma 17 I. n. 289/2002, art.6 commi 2, 3, 7bis, 13 e 7 comma 1 d.l. 646/1994 conv. in I. 22/1995 (art. 360 n. 3 c.p.c.) in quanto i benefici in oggetto non sono estensibili agli importi non aventi carattere tributario, come contributi e premi.
3. Con il terzo motivo l’INAIL deduce la violazione dell’art. 3 quater primo comma del d.l. 300/2006 conv. in I. 17/2006, in combinato disposto con gli artt. 4 comma 90 I. 350/2003, art. 9 comma 17 I. n. 289/2002, art.6 commi 2, 3, 7bis, 13 e 7 comma 1 d.l. 646/1994 conv. in I. 22/1995 sotto il profilo della non rimborsabilità delle somme già versate (art. 360 n. 3 c.p.c.).
4. Con un unico motivo di ricorso, l’INPS denuncia nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla eccezione avente ad oggetto la decadenza dal diritto alla ripetizione dei contributi versati per tardività della domanda (art. 112 c.p.c e 360 n. 4 c.p.c.) essendo stata la stessa domanda spedita nel mese di dicembre 2008, e quindi oltre il termine fissato dalla legge al 31.7.2007. La Corte ha omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui si impugnava la diversa tesi sostenuta dal tribunale ovvero che il termine non si applicasse alle istanze di rimborso ma soltanto per coloro che dovessero ancora pagare i contributi.
5. I primi due motivi contenuti nei ricorsi, che si riferiscono alla maturazione del termine decadenza, hanno valore assorbente e sono fondati.
Nel merito della questione sollevata – suscettibile di essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che l’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni dell’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui all’art. 7, d.l. n. 646 del 1994, in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, d.l. ult. cit., da parte dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e – precisando che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nell’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994” – ha fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive non solo interpretative ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).
Ha inoltre chiarito questa Corte che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10% del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.).
Così ricostruita la portata oggettiva e soggettiva del beneficio in questione, del tutto correttamente la Corte di merito, una volta accertato che la domanda di rimborso era stata presentata in data 10.6.2010, ha ritenuto che parte ricorrente ne fosse decaduta: il termine del 31.7.2007, risultante per la presentazione delle domande di regolarizzazione ex art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, a seguito della proroga dell’originario termine del 31.7.2004 da parte dell’art. 3-quater, comma 1, d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007), si applica infatti anche alle imprese abbiano già versato i contributi previdenziali, dovendosi ritenere irragionevole una distinzione tra coloro che non abbiano corrisposto i contributi e coloro che, invece, abbiano già effettuato il pagamento, in quanto la locuzione “regolarizzare la posizione”, di cui all’art. 4, comma 90, cit., include tanto l’ipotesi in cui la definizione della posizione previdenziale intervenga mediante il pagamento del 10% del dovuto, quanto quella in cui avvenga mediante il rimborso del 90% del versato (Cass. n. 12603 del 2016).
Escluso pertanto che l’applicazione del termine a quest’ultimo caso sia frutto di un’interpretazione analogica dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, deve piuttosto aggiungersi che non meno correttamente la Corte di merito ha ritenuto che il termine in questione, benché non espressamente qualificato dal legislatore come perentorio, costituisse un termine di decadenza: non trattandosi di termine di natura processuale, per i quali vige la regola di cui all’art. 152 c.p.c., spetta infatti all’interprete di individuarne la portata ordinatoria o perentoria in relazione allo scopo che esso persegue, cioè agli interessi che intende tutelare, e non v’ha dubbio che la natura pubblica dell’interesse alla certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci degli enti previdenziali, che a sua volta è correlato ai vincoli di carattere sovranazionale cui il bilancio pubblico è assoggettato in forza dei Trattati europei e dei criteri politico-economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione europea per controllarne l’osservanza (come sottolineato da Corte cost. n. 425 del 2004), depone univocamente in tal senso, non vertendosi in ipotesi di ristoro per un pregiudizio ascrivibile ad un fatto obiettivo e incolpevole da cui la collettività abbia tratto vantaggio e dovendo pertanto il principio solidaristico di cui agli artt. 2 e 3 Cost. trovare adeguato bilanciamento rispetto ad altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale (cfr. in tal senso Corte cost. n. 118 del 1996).
Per contro, l’acclarata struttura unitaria del beneficio della regolarizzazione ex art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, esclude che possano trovare in specie applicazione le disposizioni concernenti la prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., giacché in mancanza di (tempestiva) domanda di rimborso non può logicamente configurarsi alcun pagamento indebito, essendo la domanda amministrativa condizione necessaria per lo stesso sorgere del diritto al beneficio (cfr. in tal senso Cass. n. 732 del 2007 e, più recentemente, Cass. n. 5318 del 2016).
Resta da dire che a diverse conclusioni non può pervenirsi nemmeno considerando l’art. 1, comma 665, I. 190/2014, come sostenuto da parte ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c.
Ferma l’inammissibilità della produzione documentale allegata all’anzidetta memoria, gli unici documenti producibili in sede di legittimità essendo quelli riguardanti la nullità della sentenza e l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (art. 372 c.p.c.), va premesso che la disposizione citata ha previsto che “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, […] che hanno versato imposte per il triennio 19901992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni”, e ha aggiunto, per quanto qui interessa, che “il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248”.
Ora, benché in alcuni obiter dieta di questa Corte si sia affermato, argomentando dall’assimilazione introdotta in forma generale dall’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, che la disposizione in esame rileverebbe anche per le domande di rimborso presentate dai soggetti colpiti dall’alluvione piemontese del 1994 (cfr. in tal senso specialmente Cass. nn. 6685 e 6686 del 2015), ritiene il Collegio che tanto non possa sostenersi in considerazione del fatto che l’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006, ha distinto inequivocabilmente i termini di presentazione delle domande di regolarizzazione per i soggetti colpiti dall’alluvione piemontese e per i soggetti colpiti dal sisma siciliano, prevedendo per i primi, al comma 1, che “il termine di presentazione delle domande di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, è differito al 31 luglio 2007”, e disponendo per i secondi, al comma 2, che “i termini di cui all’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono differiti al 31 dicembre 2007”. E poiché è precisamente (e soltanto) la disposizione di cui al secondo comma ad essere stata interessata dalla modifica apportata dall’art. 36-bis, d.l. n. 248/2007 (il quale, sotto la rubrica “Proroga di termini per la definizione di somme dovute da soggetti residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa”, ha disposto, per quanto qui interessa, che “All’articolo 3-quater, comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, le parole: 31 dicembre 2007” fossero sostituite “dalle seguenti: 31 marzo 2008”), ritiene il Collegio che la previsione di cui all’art. 1, comma 665, I. n 190/2014, nel riaprire i termini per la presentazione delle domande di rimborso da parte dei soggetti colpiti dal sisma della Sicilia calcolandoli “a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248”, abbia presupposto e, quel che più conta, mantenuto inalterata la distinzione tra le due categorie dei destinatari del beneficio della regolarizzazione automatica per ciò che concerne il termine di presentazione delle domande, con consequenziale inapplicabilità ai beneficiari della regolarizzazione ex art. 4, comma 90, I. 350/2003, della proroga introdotta per i beneficiari della regolarizzazione ex art. 9, comma 17, I. n. 289/2002.
E’ poi appena il caso di soggiungere che codesta differenziazione non appare prima facie sospettabile di introdurre disparità di trattamento rilevanti ex art. 3, comma 1°, Cost., sol che si pensi alla diversità della platea dei destinatari dei due benefici, alle diverse conseguenze che ne discendono in termini di oneri per il bilancio pubblico e all’impossibilità di prendere in considerazione, agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone dell’eguaglianza, “qualsiasi incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsione normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire” (così Corte cost. n. 5 del 2000).
6. Sulla scorta delle premesse, la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da E. s.a.s. di C. geom. M. & C.
7. La novità e straordinaria complessità della disciplina consentono di ravvisare in specie gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e rigetta la domanda. Spese compensate.