CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 gennaio 2018, n. 267
Pensione di anzianità secondo il sistema retributivo – Retribuzioni percepite dall’assicurato in Svizzera – Convenzione tra Italia e Svizzera del 4 luglio 1969 – Minore aliquota contributiva applicata in Svizzera – Retribuzione svizzera da riparametrare alla retribuzione italiana secondo un calcolo proporzionale – Interpretazione autentica dell’art. 5 del D.P.R. n. 488/1968
Fatti di causa
Con sentenza n. 1674/2008 la Corte d’appello di Lecce accoglieva l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza con la quale era stato riconosciuto il diritto di C.S. a percepire la pensione di anzianità secondo il sistema retributivo, come previsto dall’articolo 5 del d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, ai sensi dell’accordo aggiuntivo alla convenzione tra l’Italia e la Svizzera del 4 luglio 1969, ratificato e reso esecutivo con la legge 18 maggio 1973 n. 283; tenuto conto, ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, delle retribuzioni percepite dall’assicurato in Svizzera, a nulla rilevando che per la legislazione svizzera l’aliquota contributiva fosse stata minore rispetto a quella prevista dalla legislazione italiana.
A fondamento della decisione di riforma la Corte osservava che il richiamato art. 5 del d.p.r. n. 488/1968 era stato interpretato autenticamente con l’articolo 1 comma 777 della legge n. 297 del 27 settembre 2006, il quale era chiaro nel senso che per l’assicurato la retribuzione corrisposta in Svizzera non potesse essere conteggiata per intero ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, perché minore era stata l’aliquota contributiva applicata in Svizzera rispetto a quella vigente in Italia nello stesso periodo; pertanto, secondo la norma, la retribuzione svizzera doveva essere parametrata alla retribuzione italiana secondo un calcolo proporzionale che tenesse conto delle diverse aliquote, moltiplicando per cento i contributi versati secondo l’aliquota svizzera e dividendo tale importo per l’aliquota italiana e ciò al fine di equiparare le retribuzioni ai contributi versati.
Osservava inoltre la Corte d’appello che la Corte Costituzionale con sentenza n. 172 del 6-19 maggio 2008 aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma, proposta sul presupposto che la norma potesse avere introdotto un nuovo criterio contabile non ricavabile dalla disposizione asseritamente interpretata, in contrasto anche con il diverso significato univocamente attribuito dalla stessa Corte di Cassazione all’art. 5 del D.P.R. n. 488/1968.
In definitiva, secondo la Corte d’Appello, il sistema retributivo di calcolo della pensione di anzianità era principio di generale applicazione, a parità di aliquote contributive, dovendosi, invece, riparametrare la retribuzione per il lavoro prestato all’estero, se differenti le aliquote contributive e ciò al fine di consentire identiche prestazioni pensionistiche a parità di contributi versati.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.S. contenente tre motivi di censura ed inoltre istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Unione Europea ai sensi dell’articolo 234 del Trattato CE.
L’INPS ha resistito con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. – Col primo motivo il ricorso deduce la violazione dell’art. 1 comma 777, primo capoverso della legge 296/2007 (art. 360 n. 3 c.p.c.). Inammissibilità dell’appello per ius superveniens; posto che la sentenza di secondo grado non aveva rilevato l’inammissibilità ed infondatezza dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse ad agire alla luce della previsione della norma sopra citata secondo cui “sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente fattispecie”, nel caso di specie il provvedimento delI’Inps con cui è stato liquidato un trattamento molto più favorevole del precedente è datato 6/11/2006 e la prestazione con i relativi arretrati sono stati materialmente erogati il mese successivo; la norma che ha fatto salvo il trattamento più favorevole già conseguito alla data della sua entrata in vigore statuendo il diritto dell’assicurato alla definitività ed al mantenimento del trattamento economico più favorevole già liquidato, non distingueva – ad avviso della ricorrente – il fatto che la liquidazione fosse avvenuta in via amministrativa o in esecuzione di una sentenza. Oltretutto la norma sarebbe stata illogica e svuotata di senso ove fosse stata intesa come riferita ai soli casi di liquidazioni eseguite in via amministrativa dall’Inps.atteso che non era mai esistito un solo caso di liquidazione amministrativa più favorevole da parte dell’Inps, essendosi l’Istituto attenuto alla propria circolare interna numero 324/78.
2. – Col secondo motivo il ricorso lamenta il vizio di motivazione art. 360 n. 5 c.p.c. ed omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte non si è pronunciata sul fatto che il trattamento più favorevole fosse stato liquidato con provvedimento anteriore al 1/1/2007 dunque in data anteriore all’entrata in vigore della legge finanziaria.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, da trattare unitariamente per la connessione delle censure, sono infondati.
E’ evidente infatti che la previsione dell’art. 1, comma 111, primo capoverso della legge 296/2007, relativa alla salvezza dei trattamenti già liquidati alla data di entrata in vigore della legge, non possa riferirsi alle posizioni dei lavoratori ancora controverse e pendenti in giudizio, ancorché il relativo trattamento pensionistico fosse stato accordato all’esito di un giudizio favorevole di primo o di secondo grado. Poiché diversamente si adotterebbe un’interpretazione incostituzionale della stessa legge ossia tale da vanificare il diritto alla difesa giurisdizionale. Non solo, essa sarebbe altresì contraria alla riconosciuta efficacia interpretativa della normativa in oggetto (Corte Cost. sentenza n. 172/08) che, in quanto tale, si impone anche per la regolazione delle fattispecie pendenti in giudizio, prima ancora che intervenga il giudicato.
La sentenza impugnata, pertanto, ha correttamente escluso che la sanatoria prevista dalla norma potesse applicarsi alla pensione del ricorrente erogata dall’INPS dopo il giudizio di primo grado.
3. – Col terzo motivo si deduce l’inapplicabilità dell’art. 1, comma 777 1 comma della legge 296/2007 al caso di specie, atteso che la convenzione italo svizzera in materia di trasferimenti contributivi era stata abrogata nel giugno del 2002 e che l’articolo 1 comma 111 interpreta una norma che in relazione alla citata convenzione aveva perduto ogni operatività ed efficacia già nel 2002; pertanto l’articolo 1 comma 777 non può leggersi che in chiave innovativa e non in chiave interpretativa e retroattiva come vuole il legislatore.
Inoltre con circolare n. 118 del 25 giugno 2002 concernente l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra comunità europea e la confederazione Svizzera del 21 giugno 1999 sono stati illustrati i criteri di applicazione della totalizzazione multipla secondo i principi scaturiti a seguito di sentenza della Corte di Giustizia UE del 15 gennaio 2002 nella causa C-55/2000 Gottardo contro Inps.
3.1. Il motivo è infondato, in quanto contrariamente al chiaro tenore ed alla ratio dell’art. 1, comma 111 cit., la censura mira a sostenere che la stessa norma non abbia natura interpretativa bensì innovativa, secondo una tesi che dopo il menzionato intervento della Corte Cost. (sentenza n. 172/08) non è più suscettibile neppure di dubbi di costituzionalità.
3.2. Non è privo di rilievo osservare in proposito che con successiva pronuncia (sent. n. 264 del 2012) la stessa Corte Costituzionale ha affermato che, nel bilanciamento tra la tutela dell’interesse sotteso all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, e la tutela degli altri interessi costituzionalmente protetti complessivamente coinvolti nella disciplina recata dall’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, sussistevano quei preminenti interessi generali che giustificavano il ricorso alla legislazione retroattiva, trattandosi in specie di assicurare che il sistema previdenziale risponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà che occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali, ha dapprima rilevato come l’art. 1, comma 777, cit., sia ispirato ai principi di uguaglianza e di proporzionalità, in quanto, tenendo conto della circostanza che i contributi versati in Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, si limita ad operare una riparametrazione diretta a rendere i contributi proporzionati alle prestazioni, in modo da livellare i trattamenti per evitare sperequazioni e rendere sostenibile l’equilibrio del sistema previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni.
3.3. Inoltre con recente pronuncia (sent. n. 166/2017) la Corte Costituzionale ha pure dichiarato inammissibile l’ulteriore questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame, sollevata da questa Corte, con ordinanza n. 4881 del 2015, per contrasto con l’art. 117, comma 1°, Cost. in relazione all’art. 6, par. 1, e all’art. 1, Protocollo n. 1 allegato alla CEDU, per come interpretato dalla Corte EDU nella sentenza 15.5.2014 (Stefanetti ed altri c/ Italia): ha osservato, infatti, il giudice delle leggi che la citata sentenza della Corte EDU non evidenzia «un profilo di o incompatibilita, con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, che sia riferito, o comunque riferibile, alla disposizione nazionale in esame, in termini che ne comportino, per interposizione, il contrasto – nella sua interezza – con l’art. 117, primo comma, Cost.», quanto piuttosto «l’esistenza di una più circoscritta area di situazioni in riferimento alle quali la riparametrazione delle retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma nazionale retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali e, corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione», e – dato atto che tale area non è stata delineata in termini generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio tiene invece conto, «quali “elementi pertinenti”, dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi in Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa di appartenenza e della qualità dei rispettivi stili di vita» – ha concluso nel senso che «l’indicazione di una soglia (fissa o proporzionale) e di un non superabile limite di riducibilità delle “pensioni svizzere” […] come pure l’individuazione del rimedio, congruo e sostenibile, atto a salvaguardare il nucleo essenziale del diritto leso, […] presuppongono, evidentemente, la scelta tra una pluralità di soluzioni rimessa, come tale, alla discrezionalità del legislatore».
3.4. Nessun contrario argomento a quanto fin qui osservato può essere desunto da quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 15.1.2002, C-55/00, Gottardo, secondo la quale, «nel mettere in pratica gli impegni assunti in virtù di convenzioni internazionali, indipendentemente dal fatto che si tratti di una convenzione tra Stati membri ovvero tra uno Stato membro e uno o più paesi terzi, gli Stati membri […] devono rispettare gli obblighi loro incombenti in virtù del diritto comunitario»: come già rilevato da questa Corte con le sentenze nn. 11406 e 22877 del 2013, trattasi infatti di decisione adottata in una vicenda in cui oggetto del contendere era precisamente il diritto della pensionata ad ottenere la totalizzazione dei contributi rivenienti dal lavoro svolto in Italia, in Francia e nella Confederazione Svizzera, negatole dall’INPS sul (solo) presupposto che non avesse cittadinanza italiana, e dunque in fattispecie affatto differente da quella per cui è causa, nella quale si controverte circa le modalità della ricongiunzione dei contributi e non della loro totalizzazione.
4. – Deve essere infine disattesa l’istanza formulata dal ricorrente di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia CE allo scopo di sottoporre la questione se l’articolo 51 del Trattato CEE del 1957 (divenuto articolo 51 del Trattato CE, a sua volta divenuto in seguito a modifica art. 42 CE) e l’art. 23 comma 1 del regolamento comunitario n. 1408/1971 debbono essere interpretati nel senso che ostino all’applicazione di una norma, qual’è quella contenuta nell’articolo 1 comma 777 della legge dello Stato italiano n. 296/2006, secondo la quale il calcolo delle prestazioni in danaro si basa oltre che sulla retribuzione media anche sul valore dei contributi versati durante il rapporto di lavoro in un regime pensionistico retributivo.
L’istanza deve essere disattesa poiché (come già osservato con la sentenza 3676/2009) la materia in oggetto non rientra nell’ambito di regolamentazione del trattato e del regolamento. E’ decisivo pertanto rilevare che l’istanza viene formulata in relazione a disposizioni che non hanno alcuna capacità regolativa della fattispecie, avendo questa Corte già chiarito che la vicenda per cui è causa, concernendo il trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, e non già la totalizzazione dei contributi prevista dal Regolamento cit. quale unica misura rilevante ai fini pensionistici, inerisce ad una disciplina normativa peculiare ai rapporti fra Italia e Confederazione Svizzera, estranea all’ambito previsionale della legislazione comunitaria in tema di sicurezza sociale (Cass. nn. 11406 e 22877 del 2013).
5. – Il ricorso, conclusivamente, va rigettato. In considerazione della novità e straordinaria complessità della questione trattata, per il cui esito ultimo è stato necessario attendere il citato pronunciamento del giudice delle leggi, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.
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