CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 gennaio 2018, n. 271
Appalto “in house” – Imputazione all’effettivo datore dei rapporti di lavoro stipulati con l’appaltatore – Struttura societaria integralmente sottomessa alla società controllante – Nullità del contratto di appalto non incide su titolarità dei rapporti di lavoro in atto presso l’appaltatore – Verifica della genuinità dell’appalto ex art. 1665 c.c. – Rileva – Onere della prova documentale a carico del lavoratore
Fatti di causa
1. Con la sentenza n. 180/2016 la Corte di appello di Genova ha confermato la pronuncia n. 457/2015 emessa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta la domanda, proposta dai lavoratori in epigrafe indicati, con mansioni di tecnici addetti alla manutenzione degli impianti utilizzati per il controllo del traffico aereo di proprietà E. spa, in servizio presso la T.S. srl, diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto ad essere giuridicamente considerati dipendenti di E. spa, con conseguente sottoposizione al più favorevole CCNL applicato presso tale ultima società.
2. A fondamento della decisione la Corte distrettuale ha rilevato che: 1) sussisteva l’interesse ad agire dei ricorrenti ravvisabile anche nelle ipotesi in cui l’incertezza giuridica riguarda l’individuazione del vero datore di lavoro; 2) l’eventuale nullità dell’appalto cd. in house, intercorso tra E. spa e T.S. srl, comunque non avrebbe inciso sui rapporti di lavoro tra l’appaltatore e i propri dipendenti; 3) al limite, un non corretto affidamento in house avrebbe potuto essere elemento sintomatico della non genuinità dell’appalto, rilevante anche sotto il profilo lavoristico; 4) nella fattispecie in esame la mancata produzione dello statuto di T.S. non consentiva di valutare, sotto questo profilo, la correttezza della contrattazione in house; 5) con riguardo, invece, al disposto di cui all’art. 29 comma 1 D.lgs n. 276/2003, non vi era stata la allegazione e la prova “dell’unicità di organizzazione dei servizi, dell’ingerenza del committente nella organizzazione dell’appalto” o rispetto “alla gestione effettiva del rapporto di lavoro in capo ad E.” o che “l’esercizio del potere datoriale fosse in capo ad E.”; 6) non vi era stata, poi, da parte dei ricorrenti, su cui incombeva il relativo onere probatorio, la dimostrazione di un’assenza di rischio di impresa da intendersi questo, da un punto di vista economico, nel senso cioè che non sia ravvisabile solo se l’organizzazione consista nel mero reperimento della forza lavoro ed il corrispettivo sia impostato sui costi unitari del personale e non su altro; 7) carente era stata anche la allegazione e la prova in ordine ed un esercizio di co-datorialità da parte di E. spa e di T.S. srl.
3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, i ricorrenti in epigrafe indicati.
4. Hanno resistito con controricorso E. spa e T.S. srl.
5. Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2733 e 2735 cc, per avere la sentenza impugnata posto a loro carico la prova di circostanze, vale a dire la sussistenza di caratteri tipici dei rapporti di affidamento diretto in regime di “in house providing”, da dimostrare attraverso la produzione dello statuto della società in house, che erano invece pacifiche e comunque confessate dalle società loro controparti.
2. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 D.lgs n. 276/2003 e 1655 cc, per avere la sentenza impugnata ritenuto esistente e genuino il contratto di appalto intercorso tra le società convenute, pur a fronte della insussistenza di una effettiva terzietà tra le stesse e per avere, conseguentemente, escluso l’imputazione all’effettivo datore dei rapporti di lavoro stipulati con l’appaltatore nudus minister.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 cpc, della violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cc, per avere la sentenza impugnata ritenuto che potesse essere loro effettiva datrice di lavoro una struttura societaria integralmente sottomessa alla società controllante, unico titolare dell’organizzazione produttiva comune.
4. Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
5. Per un corretto inquadramento delle questioni da esaminare è opportuno precisare due circostanze: a) il rapporto giuridico che rileva ai fini della presente controversia è quello che intercorre tra E. spa (che è un organismo di diritto pubblico – così definito nell’art. 111 al D.lgs n. 163/2006 – in forma societaria dal 2001) e la T.S. srl (società partecipata al 100% dal Gruppo E., così rinominata a seguito dell’acquisto da parte di E. spa della V.S., ramo scorporato da V.) e non quello intercorrente tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed E. spa di cui il primo è azionista maggioritario; b) la normativa applicabile, nel caso di specie, ratione temporis, è quella del D.lgs n. 163/2006 anteriore alla rinnovata legislazione in tema di appalto (varata con il D.lgs 18.4.2016 n. 50) e di società pubbliche (D.lgs 19.8.2016 n. 175).
6. Ciò premesso, rileva il Collegio che il primo motivo non è meritevole di pregio perché non conferente alla ratio decidendi della Corte Distrettuale.
7. Il ragionamento decisorio dei giudici di seconde cure, infatti, si fonda sulla argomentazione, che costituisce un presupposto di tutto l’impianto assertivo, secondo cui l’eventuale nullità del contratto di appalto in house non può incidere sulla titolarità dei rapporti di lavoro In atto presso la società appaltatrice e, quand’anche potesse rilevare ai fini della non genuinità dell’appalto ex art. 1665 cc, i ricorrenti non avevano prodotto lo statuto di T.S. srl necessario per effettuare tale accertamento.
8. La Corte Distrettuale, pertanto, non ha posto a carico dei lavoratori l’onere di provare il contratto di appalto in house o altro tipo di affidamento, ma ha rilevato che questi non avevano offerto gli elementi documentali (appunto il citato statuto) per dimostrare il preteso fenomeno di intermediazione fittizia di persona.
9. Tale assunto è conforme agli arresti giurisprudenziali di legittimità (cfr. in termini Cass. 13.7.1998 n. 6860; Cass. 7.10.2000 n. 13388) ove è stato precisato che l’onere della prova, per potere essere dichiarato dipendente dell’asserito reale datore, è in capo al lavoratore.
10. Il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, sono parimenti infondati.
11. Con essi, in pratica, si deduce che, per il solo fatto della presenza di un affidamento diretto tra due società private in regime di house providing, con insussistenza di una sostanziale alterità soggettiva tra le due persone giuridiche, non si possa ravvisare un appalto genuino né una effettiva duplicità di titolarità della organizzazione imprenditoriale ex art. 2094 cc.
12. Le censure non sono condivisibili perché il decisum della Corte Distrettuale è conforme ai principi affermati in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 3196/2017; Cass. Sez. Un. n. 24591/2016), applicabili anche alla fattispecie in esame, sia essa inquadrabile come appalto in house providing ovvero come affidamento ex art. 218 D.lgs 12.4.2006 n. 163 ad impresa collegata.
13. La società di capitale con partecipazione pubblica, infatti, non muta la sua natura di soggetto privato solo perché un organismo pubblico, sia pure in forma di società legale come l’E. spa, ne possegga in tutto o in parte le azioni, in quanto il rapporto tra società e soggetto pubblico è di assoluta autonomia non essendo a quest’ultimo consentito incidere unilateralmente sulla svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società di capitale mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della società.
14. Del resto, la società appaltatrice non perde la qualità imprenditoriale perché le norme speciali, volte a regolare la costituzione della società, la partecipazione pubblica al suo capitale e la designazione dei suoi organi, non possono incidere sul modo in cui essa opera nel mercato, né possono comportare il venir meno delle ragioni di tutela dell’affidamento di terzi contraenti contemplate dalla disciplina civilistica (cfr. Cass. n. 3196/2017).
15. Né la eventuale divergenza causale rispetto allo scopo lucrativo appare sufficiente ed escludere che, laddove sia stato adottato il modello societario, la natura giuridica e le regole di organizzazione della partecipata restino quelle di una società di capitali disciplinato in via generale dal codice civile, rilevando non il tipo di attività esercitata (funzioni e compiti svolti ex lege) ma la natura del soggetto, ai fini della applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.
16. Infine, la mancanza di una disciplina legislativa specifica per le due società in questione (E. spa e T.S. srl), con deroga espressa delle norme del codice civile, fa sì che il fenomeno resti regolato da due normative coesistenti: quella pubblicistica che regola la partecipazione del soggetto pubblico (con la possibilità di nominare i componenti degli organi sociali e di avvalersi degli strumenti di diritto societario) e quella privatistica che attiene al funzionamento della società, con un rapporto di autonomia tra le due persone giuridiche.
17. Affermata, pertanto, la autonomia e la struttura privatistica della società collegata e/o partecipata, ne discendono due corollari.
18. Il primo attiene alla individuazione del giudice competente in ordine al reclutamento del personale da parte delle società a controllo pubblico.
19. Il secondo riguarda il sindacato sull’accertamento delle vicende dei rapporti lavorativi di dette società e la individuazione della normativa applicabile.
20. Con riferimento al primo, le Sezioni Unite di questa Corte (da ultimo Cass. Sez. Un. 27.3.20017 n. 7759; Cass. Sez. Un. 1.12.2016 n. 24591) hanno affermato il principio di diritto per cui le procedure seguite dalle società cosiddette in house providing per l’assunzione di personale dipendente sono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario.
21. Circa il secondo deve statuirsi, conseguentemente, che le vicende dei rapporti di lavoro del suddetto personale sono regolate dal diritto del lavoro privato e a tale regolamentazione deve aversi riguardo per valutare anche gli aspetti funzionali ed estintivi dei rapporti medesimi, oltre che quelli genetici.
22. Venendo, pertanto, alla fattispecie in esame – escluso che la sussistenza di un appalto in house o di un affidamento ex art. 218 D.lgs n. 163/2006 ad impresa collegata possano di per sé comportare la unicità di titolarità dell’organizzazione produttiva comune alle due società, per quanto sopra detto in ordine all’autonomia dei rapporti tra organismo pubblico da un lato e società collegata o partecipata dall’altro – l’indagine deve essere svolta avendo riguardo alle regole processuali e sostanziali privatistiche regolanti il fenomeno dei meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione.
23. Sotto questo profilo la Corte territoriale ha rilevato la carenza di allegazione (e di prova) sia con riguardo al requisito della unicità di organizzazione dei servizi, dell’ingerenza del committente nella organizzazione dell’appalto e della gestione effettiva del rapporto di lavoro in capo ad E., sia con riferimento all’assenza del rischio di impresa in capo a T.S. srl.
24. Si tratta di una interpretazione operata dal giudice di appello rapportata al contenuto e alla ampiezza della domanda giudiziale che è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione (cfr. Cass. 8.8.2006 n. 17947; Cass. 6.2.2006 n. 2467). Inoltre, va rimarcato che anche l’accertamento circa la sussistenza e la idoneità di una prova offerta a rendere verosimile il fatto allegato costituisce un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato.
25. Tali vizi non sono, però, ravvisabili nelle coerenti, corrette ed esaustive argomentazioni della Corte Distrettuale che ha escluso, nel caso concreto, i sintomi della illiceità dell’appalto tra le due società precisando anche l’irrilevanza, a tal fine, della sostituzione del management di T.S. srl da parte di E. spa, lo spostamento delle funzioni dall’una all’altra società (evento fisiologico in ambito di società collegate) ovvero la circostanza che i lavoratori delle due compagni operassero negli stessi turni, dovuta alla connessione delle reciproche attività; è stato, poi, specificato dai giudici di seconde cure che i ricorrenti non avevano reiterato, come era loro onere, le istanze istruttorie testimoniali di cui al primo grado.
26. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
27. In considerazione della assoluta novità della questione relativa ai rapporti tra E. spa e T.S. srl, trattata per la prima volta in sede di legittimità, le spese del presente giudizio vanno compensate tra le parti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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