CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 novembre 2016, n. 22756
TARSU – Presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti – Tassa dovuta se sussiste la obiettiva possibilità di usufruire del servizio a prescindere dalla fruizione
Fatto
Con sentenza n. 74/44/11, depositata il 7.2.2011, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto dal Comune di Casamicciola Terme avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 250/12/2008 che aveva accolto parzialmente il ricorso della società “Alberghi S.” s.r.l. avverso l’avviso di pagamento Tarsu 2004. Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, confermando quanto affermato già nella sentenza di primo grado, che per il periodo di chiusura stagionale l’imposta non era dovuta per carenza del presupposto impositivo, ai sensi dell’art. 62, comma 2, D.lgs 507/93 che espressamente dichiara non soggetti a tassazione i locali e le aree risultanti in oggettive condizioni di inutilizzabilità.
Il Comune impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 62 D.lgs 507/93, omesso esame del regolamento comunale, art. 10, violazione dell’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove, difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c. ritenendo che la CTR abbia errato nel ritenere che la chiusura stagionale dell’albergo fosse incompatibile con la produzione di rifiuti solidi urbani, ritenendo come una generica comunicazione non fosse idonea a costituire denuncia di variazione;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 70 D.lgs 507/93, vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c. essendo la tassa dovuta per la sola obiettiva possibilità di produrre rifiuti;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in ordine all’onere della prova, vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c. non avendo la società provato la cessazione stagionale dell’attività;
d) violazione e falsa applicazione dell’art. 60 I. 507/93 e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., avendo la CTR annullato il provvedimento impugnato mentre, anche a volere seguire l’impostazione della sentenza, avrebbe dovuto ridurre di un quarto l’importo corrispondente.
La intimata non si è costituita nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
I motivi, logicamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
In tema di raccolta di rifiuti solidi urbani – il D.Lgs. n. 507 del 1993 contempla, all’art. 66 dei temperamenti dell’imposizione per le situazioni che obiettivamente possono comportare una minore utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale, previsto dalla lett. b) del comma 3 di tale disposizione.
La tassa in questione è dovuta – in forza del disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1 – per effetto dell’occupazione o della detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, fatta eccezione: a) per le aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni; b) per i locali e le aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti. Siffatte esclusioni non sono, peraltro automatiche, giacché la norma succitata – ponendo una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area – dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità debbano essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione (Cass. 19459/03, 19173/04).
Da quanto suesposto non può che rilevarsi la erroneità della decisione impugnata, laddove ha ritenuto di concedere alla contribuente l’esenzione dalla TARSU – per i mesi da novembre a marzo – sulla base della sola circostanza, presunta nota all’ente impositore, che l’attività alberghiera della contribuente era espletata esclusivamente nei mesi da aprile ad ottobre.
Tale unica circostanza è stata – per vero – valorizzata dal giudice di appello e posta a fondamento esclusivo della decisione, senza che la società intimata si fosse premurata di adempiere l’onere di comprovare la spettanza di tale esenzione, alla stregua degli elementi formali suindicati.
Ebbene, la mancata utilizzazione della struttura alberghiera in questione per alcuni mesi dell’anno di per sè non può corrispondere alla previsione di esenzione dal tributo di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2.
La norma cit, come dianzi detto – indica come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di “obiettiva” impossibilità di utilizzo dell’ immobile, che – di certo – non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 (Cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9633 del 13/06/2012; Cass. 22770/09).
Al fine di evitare incertezze applicative l’art. 10 del regolamento comunale del Comune di Casamicciola prevede, infatti, che ove resti funzionante l’erogazione di acqua e luce, la tassa sia comunque dovuta anche perché l’immobile ben potrebbe essere utilizzato per esigenze proprie del gestore e del personale.
Quindi, se la struttura è dotata di licenza annuale non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale senza allegazione e prova della concreta inutilizzabilità della struttura, potendo richiedere la società, a tal fine, la licenza stagionale.
La tassa è quindi, dovuta ove sussista la obiettiva possibilità di usufruire del servizio a prescindere dalla fruizione essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, con i limiti giù evidenziati che non ricorrono nella fattispecie.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
La particolarità della questione costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.
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