CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 novembre 2016, n. 22757
IVA – Operazioni – Cessioni di beni – Cessione di immobili strumentali non ultimati – Art.10, d.P.R. n.633 del 1972, n.8 ter – Operazioni IVA esenti – Cessione tra imprese edili di immobile strumentale non ultimato – Inapplicabilità art.10, n.8-ter – Operazione imponibile IVA – E’ tale – Fondamento – Mancata funzionalità della cessione a sottrarre l’immobile dal “circuito produttivo” – Cessione effettuata nei confronti di soggetto privato – Applicabilità dell’art.10, n.8-ter – Esenzione IVA – Imposte ipotecarie e catastali dovute in misura proporzionale – Altri tributi erariali – Imposte ipotecarie e catastali – Cessione di immobili strumentali non ultimati – Art.10, d.P.R. n.633 del 1972, n.8-ter – Esenzione IVA – Cessione tra imprese edili di immobile strumentale non ultimato – Inapplicabilità art. 10, n.8-ter – Operazione imponibile IVA – E’ tale – Fondamento – Mancata funzionalità della cessione a sottrarre l’immobile dal “circuito produttivo” – Cessione effettuata nei confronti di soggetto privato – Applicabilità dell’art.10, n.8-ter – Esenzione IVA – Imponibilità ai fini dell’imposta di registro
Svolgimento del processo
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di liquidazione con il quale l’Ufficio pretendeva il pagamento delle tasse ipotecarie e catastali nella misura proporzionale in relazione ad una compravendita soggetta ad IVA di un immobile strumentale non ultimato e di un immobile ad uso uffici anch’esso in corso di costruzione, ma a differenza del primo, già utilizzato, imposte che il notaio rogante P.B. aveva corrisposto in autoliquidazione nella misura fissa.
La Commissione adita accoglieva parzialmente il ricorso riconoscendo la correttezza della autoliquidazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa relativamente all’immobile strumentale non ultimato (e non utilizzato). La decisione era riformata, con la sentenza in epigrafe che accoglieva l’appello dell’Ufficio.
Avverso tale sentenza il notaio rogante propone ricorso per cassazione con cinque motivi, illustrati anche con memoria, con la quale ribadisce le ragioni della fondatezza della propria tesi che dichiara non scalfita dalle difese della controparte. L’amministrazione resiste con controricorso.
Motivazione
1. Con il primo motivo, la parte ricorrente denuncia la nullità della sentenza perché essa non conterrebbe «alcuna indicazione delle domande e delle conclusioni articolate dalle parti nel giudizio d’appello e tale mancanza impedisce totalmente di individuare i tratti essenziali (del) giudizio e di avere cognizione degli elementi di fatto e di diritto considerati dal giudicante nella formazione del proprio convincimento».
2. Il motivo non è fondato, in quanto, come ha ripetutamente affermato questa Corte, «in tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione» (Cass. n. 920 del 2015). Nel caso di specie, la sentenza impugnata, contiene, sia pur in forma sintetica tutti gli elementi richiesti dalla legge ed è possibile individuare, nel contesto della sentenza, gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione.
3. Con il secondo ed il terzo motivo, la parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 10, d.P.R. n. 633 del 1972, 1 bis della tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 1990 e 10 del medesimo decreto”, contestando la ritenuta applicazione, in contrasto peraltro con la prassi interpretativa dell’Ufficio, della misura proporzionale delle imposte ipotecarie e catastali alla compravendita di “immobili strumentali non ultimati”, i quali non sarebbero in verità considerati nella norma impositiva espressa dal numero 8-ter del comma 1 dell’art. 10, d.P.R. n. 633 del 1972.
4. La parte ricorrente pone in evidenza che l’Agenzia delle entrate in sede di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter aveva escluso che tale disposizione si applicasse alle compravendite di “immobili strumentali non ultimati”.
5. «Per quanto concerne il trattamento fiscale da applicare alla cessione di un fabbricato non ultimato», afferma la circolare n. 12/E del 1 marzo 2007, «occorre tener conto che l’art. 10, nn. 8-bis) e 8-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972, nell’individuare il regime IVA applicabile alla cessione di fabbricati, non tratta specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”. Ciò diversamente da quanto espressamente previsto in altri ambiti normativi (come, ad esempio, il n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 e il n. 127-undecies) della Tabella A, parte III, allegata al medesimo d.P.R.). Ciò induce a ritenere che la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo (come individuata nel paragrafo che precede) sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’art. 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA».
6. Questa posizione è stata ribadita dall’amministrazione, con utilizzo di espressioni pressoché identiche, nella circolare n. 22/E del 28 giugno 2013.
7. Pur dichiarandosi consapevole che secondo l’orientamento di questa Corte l’eventuale conformarsi del contribuente alle circolari ministeriali non consente di trarre, in ragione del principio dell’affidamento, altre conclusioni diverse dalla ritenuta non imposizione delle sanzioni e degli interessi (v. Cass. n. 10195 del 2016 che esclude la possibilità di esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria), il contribuente pone in rilievo che la stessa amministrazione nel proprio atto d’appello ha ammesso che la disposizione di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter, non possa trovare applicazione (come stabilito nella ricordata circolare) con riferimento alla compravendita di “immobili strumentali non ultimati”: ma, e questo è il punto, nel caso di specie, secondo l’amministrazione appellante, ci si troverebbe fuori dall’ambito descritto dalla circolare, in quanto l’immobile in questione sarebbe stato ceduto all’utilizzatore finale determinandone così l’uscita dal circuito produttivo.
8. Il contribuente contesta la legittimità di una simile interpretazione che, a suo avviso, introdurrebbe una fattispecie non considerata dalla norma e cioè una distinzione non prevista all’interno della categoria “immobili strumentali non ultimati” che dipenderebbe dalla qualità soggetti va del cessionario in contrasto con l’oggettività che caratterizza il regime IVA.
9. Per meglio comprendere la fattispecie è opportuno tornare alla già citata Circolare n. 12/E del 1 marzo 2007 la quale al punto 10 definisce il concetto di ultimazione dei lavori ai fini dell’individuazione del “momento” al quale è collegato normativamente il regima IVA applicabile.
9.1. Orbene sul punto la circolare cosi si esprime: «Si ritiene che il concetto di ultimazione della costruzione o dell’intervento di ripristino dell’immobile, al quale si ricollega il regime impositivo dell’operazione, debba essere individuato con riferimento al momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo. Pertanto, come già precisato con circolare n. 38/E del 12 agosto 2005 in materia di accertamento dei requisiti “prima casa”, si deve considerare ultimato l’immobile per il quale sia intervenuta da parte del direttore dei lavori l’attestazione della ultimazione degli stessi, che di norma coincide con la dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli articoli 23 e 24 del d.P.R. 6 giungo 2001, n. 380. Inoltre, si deve ritenere “ultimato” anche il fabbricato concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all’utilizzo dell’immobile, poiché lo stesso, pur in assenza della formale attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico competente si presume che, essendo idoneo ad essere immesso in consumo, presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere l’opera di costruzione o di ristrutturazione completata».
10. Emerge da siffatta ricostruzione esegetica che la ratio della non applicazione delle disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, n. 8 ter, d.P.R. n. 633 del 1972 all’ipotesi di cessione di un bene strumentale in corso di costruzione, e quindi non ultimato, è costituita dalla mancata funzionalità della cessione dell’immobile a sottrarre quest’ultimo al “circuito produttivo”: ma perché ciò si realizzi, abbia la possibilità di realizzarsi, occorre che la cessione considerata avvenga tra imprese edili, ossia quando sia il cedente, sia il cessionario, siano imprese edili.
11. Ed è quanto ha chiarito la stessa Agenzia delle Entrate al punto 3.9 della Circolare n. 12/E del 12 marzo 2010.
12. Pertanto, non è fondata la censura della sentenza impugnata sollevata con il secondo e terzo motivo, essendo tale sentenza basata su un accertamento di fatto che il cessionario non sia una impresa edile, ma l’utilizzatore finale, che si tratti cioè di una cessione idonea a sottrarre l’immobile al “circuito produttivo”: un accertamento, quest’ultimo, che non è oggetto di alcuna adeguata censura, dato che la parte ricorrente non contesta la qualità soggettiva attribuita al cessionario dal giudice di merito, ma ne contesta solo la rilevanza ai fini della determinazione del regime fiscale applicabile.
13. Con il quarto e quinto motivo, la parte ricorrente censura, sotto il profilo della violazione di legge (artt. 54, d.lgs. n. 546 del 1992, 3 bis, 3 ter e 3 quater, d.lgs. n. 463 del 1997: quarto motivo) e del vizio di motivazione (quinto motivo), il capo della sentenza impugnata che ad essa ricorrente addebita di non aver «contestato che l’imposta esatta (fosse l’imposta) principale, come ritenuto dalla Commissione Provinciale, sì che legittima è l’esazione dell’imposta nei confronti del notaio rogante, cui erano noti gli elementi poi utilizzati dall’Ufficio per avanzare la pretesa fiscale, elementi tratti dal rogito».
13.1. La parte ricorrente in conformità al principio di autosufficienza chiarisce (e nella memoria ribadisce) che essa, criticando quanto sostenuto dal primo giudice, aveva contestato la possibilità per l’Ufficio di rettificare l’autoliquidazione nell’ipotesi, come è quella in oggetto, di registrazione telematica notarile.
14. Le censure sono da ritenersi infondate (quella mossa con il quinto motivo, addirittura inammissibile in quanto non concerne una situazione di fatto, ma la supposta erronea interpretazione dell’atto d’appello).
14.1. Invero nel caso di utilizzo della procedura di registrazione telematica notarile l’Ufficio avrebbe il potere di liquidare le eventuali imposte complementari e suppletive, ma non l’imposta principale (che è, invece, autoliquidata dal notaio rogante) se non nel caso di errori materiali o di omissioni emergenti immediatamente dall’atto (senza che sia necessaria una apposita istruttoria) e purché la richiesta di integrazione dell’imposta versata sia fatta notificando apposito avviso di liquidazione entro sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, ipotesi nella quale l’imposta, secondo la dottrina, prende il nome di “imposta principale postuma”.
14.2. Orbene nel caso di specie il giudice di merito ha rilevato che la liquidazione dell’imposta pretesa è basata su «elementi tratti dal rogito» (si tratta in ultima analisi dell’interpretazione delle clausole contrattuali sulla destinazione e funzione della cessione immobiliare stipulata) e dagli atti non emerge, né è oggetto di specifica contestazione, se la liquidazione dell’Ufficio sia stata notificata successivamente ai sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico.
14.3. Di qui la non fondatezza del quarto motivo, nonché del quinto, di cui già si è detto.
15. Il ricorso deve essere, pertanto, respinto. La particolarità della vicenda e l’assenza di precedenti specifici giustifica la compensazione delle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
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