CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 novembre 2016, n. 22941
Consiglio nazionale forense – Voci di tariffa – Riduzione dei diritti e degli onorari
Fatto
Con sentenza depositata l’11.7.2012, la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della statuizione di primo grado, liquidava in € 1.200,00 le spese del giudizio di primo grado intercorso fra D.S. e l’INPS, di cui € 720,00 per diritti ed € 480,00 per onorari), compensando le spese della fase di gravame.
Contro questa pronuncia ricorre D.S. con un motivo, illustrato con memoria.
L’INPS ha svolto difese orali in pubblica udienza.
Diritto
Con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della legge n. 794/1942, dell’art. unico della legge n. 1051/1957, della tariffa adottata con delibera del Consiglio nazionale forense del 20/2/2002 e approvata con d.m. n. 127/2004, nonché vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere la Corte motivato in ordine alla riduzione dei diritti e degli onorari, non specificando le voci di tariffa che non potevano essere riconosciute e non indicando il valore della lite.
Il motivo è inammissibile. Questa Corte invero ha ormai consolidato il principio secondo cui il ricorrente, che in sede di legittimità denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente non soltanto il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla trascrizione delle sue parti rilevanti (così, fra le tante, Cass. n. 17915 del 2010), ma altresì in quale fase del processo esso sia stato prodotto (Cass. n. 19766 del 2008).
Nel caso di specie, viceversa, la ricorrente si è limitata ad asserire che la Corte territoriale avrebbe escluso immotivatamente determinate attività dal calcolo dei diritti e degli onorari, a fronte di una nota spese riportata nello stesso atto di appello, ma non ha chiarito né se tale nota spese fosse stata depositata nel giudizio di primo grado, né dove sarebbe attualmente reperibile, e nemmeno ha trascritto e indicato dove si troverebbe l’atto d’appello in cui sarebbe stata riportata.
E’ poi appena il caso di aggiungere che, non essendo stati depositati gli atti e i verbali di causa volti a dimostrare il compimento delle attività riportate nella nota specifica trascritta nel ricorso per cassazione, non è nemmeno dato verificare se sussista la specifica violazione dei minimi tariffari imputata alla Corte territoriale in relazione all’attività difensiva effettivamente svolta.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile e la ricorrente, soccombente, va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in difetto di alcuna dichiarazione idonea a giustificare l’esonero ex art. 152 att. c.p.c.-
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 1.200,00, di cui € 1.100,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
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