CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 novembre 2017, n. 26644
Tributi – ICI – Aree edificabili – Avviso di rettifica e liquidazione – Base imponibile – Determinazione del valore venale – Delibere comunali annuali – Ricognizione periodica di valori-soglia di zona e tipologia tratti dall’andamento di mercato – Legittimità
Fatti rilevanti e ragioni della decisione
1. La C.C. srl propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 78/29/13 del 9 aprile 2013 con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Toscana – decidendo, su appelli riuniti, in riforma della prima decisione – ha ritenuto legittimi (sebbene nel valore venale del bene rideterminato per gli anni 2006 e 2007) gli avvisi di accertamento notificatile dal Comune di Campi Bisenzio (FI) per Ici 2005, 2006 e 2007 su aree fabbricabili in sua proprietà.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – gli avvisi in oggetto fossero sufficientemente motivati nella individuazione dei criteri di imposizione, risultando in particolare specificati “tutti gli elementi del rapporto giuridico tributario”; – corretta fosse la determinazione del valore venale del bene, da parte del Comune, mediante richiamo alle delibere annuali Ici, di generale conoscibilità e facenti richiamo ai valori medi di mercato (sulla base di valori-soglia che legittimamente il Comune aveva adottato in via regolamentare ex art. 59 d.lgs. 446/97); – per gli anni 2006 e 2007, il valore venale in oggetto andasse comunque rapportato al parametro minimo, e non a quello medio, attese le “controdeduzioni di parte contribuente circa le caratteristiche di particolare dispregio della zona di riferimento”.
Resiste con controricorso il Comune di Campi Bisenzio.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
2. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta – ex art. 360, 1° co. n.3) cpc – violazione o falsa applicazione degli artt. 7 L. 212/00 e 5, co. 5°, d.lgs. 504/92. Per avere la commissione tributaria regionale affermato la sufficiente motivazione degli avvisi di accertamento in oggetto, nonostante che essi contenessero solo i criteri giuridici di imposizione, non anche i suoi presupposti di fatto concernenti gli elementi di determinazione della base imponibile (destinazione urbanistica del terreno; indice di fabbricabilità; superficie edificativa).
Il motivo è infondato.
In base alla previsione generale di cui all’articolo 7 legge 212/00, l’atto dell’amministrazione finanziaria deve essere motivato alla stregua dei provvedimenti amministrativi, ex articolo 3 legge 241/90, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”. Analoga previsione si desume dall’art. 52, 2° co., d.p.r. 131/86 in materia di imposta di registro e, per quanto attiene all’Ici, dal co.2 bis dell’art. 11 d.lgs. 504/92, previgente.
La giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 25559 del 03/12/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente “an” ed il “quantum debeatur”; sicché tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14 ed altre).
Si è inoltre osservato che la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la “funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio dell’eventuale fase contenziosa successiva, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa”, sicché è necessario e sufficiente che tale motivazione enunci quantomeno i criteri astratti adottati nella determinazione dei maggior valore, ancorché non vengano esplicitati gli elementi di fatto utilizzati nella loro applicazione; posto che il contribuente “conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale” (Cass. 25153/13 in materia di valutazione aziendale).
Si è poi posto in luce che, una volta assolto dall’ufficio l’obbligo di enunciare i presupposti valutativi adottati e le relative risultanze, esula dal tema della “motivazione” – per attingere a quello, tutt’affatto diverso, della “prova” della pretesa tributaria – ogni questione sulla idoneità in concreto del criterio applicato in sede di rettifica (Cass. 9810/14).
Svolta questa premessa di ordine generale, la valutazione offerta sul punto dalla commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata deve ritenersi corretta. Dalla stessa narrazione di parte ricorrente si evince che gli avvisi in questione facevano riferimento a tutti gli elementi fondamentali dell’imposizione (identificazione catastale dell’area fabbricabile e del soggetto passivo; ammontare dell’imposta e degli accessori; estremi delle delibere determinative di riferimento), fermo restando che gli elementi di cui si lamenta la pretermissione erano portati da delibere comunali (indicate, come detto, negli avvisi) già note, o quantomeno agevolmente conoscibili dalla contribuente, in quanto di rilevanza generale ed assoggettate alle debite forme di pubblicità legale. Così quanto, in particolare, alla destinazione urbanistica del terreno; all’indice di fabbricabilità; alla superficie concretamente edificativa e, pi in generale, a tutti gli elementi incidenti sulla determinazione della base imponibile. La stessa ricorrente cita giurisprudenza di questa corte di legittimità in materia di Ici (Cass. 13105/12), secondo cui non necessitano di materiale allegazione all’avviso di accertamento gli atti a contenuto normativo (anche secondari, quali le delibere ed i regolamenti comunali) che debbono reputarsi giuridicamente noti per effetto dell’adozione delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione.
Non può dunque dirsi che il livello motivazionale degli avvisi non fosse idoneo a porre la società contribuente nella condizione di pienamente cogliere tutti gli elementi essenziali della pretesa impositiva (anche nei suoi risvolti prettamente fattuali, come valutati dal giudice di merito), così da poter conseguentemente apprestare consona ed efficace difesa.
3. Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente lamenta altresì violazione dell’art. 2697 cod. civ.. Per avere la commissione tributaria regionale accollato ad essa opponente l’onere di provare l’infondatezza del valore venale dell’area, essendo invece in capo all’amministrazione comunale l’onere di provare la congruità della pretesa; congruità che essa ricorrente aveva comunque contestato, fin dal primo grado di giudizio, con la produzione di una consulenza tecnica di parte.
Nemmeno questa censura, di carattere prettamente normativo e non motivazionale, può trovare accoglimento.
La commissione tributaria regionale non ha, infatti, sovvertito la regola generale dell’onere probatorio; limitandosi ad affermare il proprio convincimento in ordine al fatto che il valore venale dell’area fosse stato, nel caso di specie, debitamente comprovato dal Comune; mediante richiamo alle determinazioni assunte in via regolamentare con riguardo alla ricognizione periodica di valori-soglia di zona e tipologia comunque tratti dall’andamento di mercato.
A fronte di ciò, la commissione tributaria regionale ha poi ritenuto che gli elementi di contrasto forniti dalla società contribuente non fossero tali da indurre alla rideterminazione dei valori secondo quanto da essa voluto.
Fermo tutto ciò, la commissione tributaria regionale è poi comunque addivenuta ad una sebbene parziale rettifica dei valori indicati dal Comune per l’anno 2006 e 2007 (ridotti dal medio al minimo, in considerazione del particolare “dispregio” di zona dedotta dalla società contribuente), così palesando di aver preso contezza delle contestazioni sul punto e di tutte le peculiarità della fattispecie. Nessuna violazione dell’art.2697 cod. civ. è dunque concretamente ravvisabile; implicando la censura, per il resto, una qui inammissibile rivisitazione di accertamenti fattuali ed estimativi.
4. Con il terzo motivo di ricorso la società contribuente lamenta – ex art. 360, 1° co.n.5) cpc – “omesso esame” circa un fatto decisivo della controversia. Per non avere la commissione tributaria regionale preso in considerazione la contestazione relativa all’avviso di accertamento 2005; anno nel quale la variazione del valore venale del bene ai fini Ici non poteva farsi risalire al 1° gennaio, come stabilito dal d.lgs. 504/92, ma soltanto al 20 luglio 2005, data di adozione del Regolamento Urbanistico Comunale seguente ad approvazione del Piano Strutturale.
La doglianza è infondata.
La commissione tributaria regionale ha infatti esaminato ed implicitamente disatteso la contestazione in esame, in applicazione del consolidato orientamento di legittimità (attestato da SSUU 25506/06 e successivamente più volte ribadito: v. Cass. 5161/14) secondo cui “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell’art. 36, comma secondo, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma primo, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.
Nel caso di specie, tutti i parametri di incidenza incrementativa del valore venale dell’area edificabile sono stati dunque correttamente individuati in data antecedente al 1° gennaio 2005 (così da risultare, a quest’ultima data, tutti già efficaci ai fini della determinazione della base imponibile), perché afferenti all’adozione ed approvazione del Piano Strutturale, ed alla “adozione” altresì del Regolamento Urbanistico Comunale (ancorchè “approvato” nel corso del 2005); tutte intervenute nel corso del 2004.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
– pone a carico della parte ricorrente le spese del presente procedimento, che liquida in euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;
– v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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