CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 luglio 2017, n. 17113
Tariffa di igiene ambientale – Natura non tributaria – Forma di finanziamento di servizio pubblico
Fatto
La società H.C. s.r.l. conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di Venezia la società V. s.r.l., gestore del servizio rifiuti, per la ripetizione per la definizione del pagamento, relativo agli anni 2011 e 2012, dell’addizionale del 5% sulla Tariffa integrata ambientale (TIA2), prevista dall’articolo 19 D.lgs. 504/92.
In particolare l’attore sostenevano la non debenza di tale addizionale, istituita dall’articolo 238 D.lgs 152/2006, stante la natura non tributaria di tale tariffa.
La V. s.r.l., costituitasi in giudizio eccepiva la natura tributaria della TIA2 e della relativa addizionale, eccezione ribadita anche dalla provincia di Venezia, chiamata in causa dalla V. poiché destinataria finale dell’addizionale, solamente riscossa dalla concessionaria.
L’H.C. proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione assumendo la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria a giudicare sulla questione relativa all’addizionale provinciale sulla TIA2.
La V. s.r.l. depositava controricorso, depositando anche memoria, assumendo la giurisdizione del giudice tributario.
Entrambe le parti depositavano memorie.
Ragioni della decisione
1. La questione controversa, ai fini della giurisdizione, concerne la natura tributaria o meno della cd. addizionale provinciale, prevista dall’articolo 19 D.lgs 504/92, con riferimento alla c.d. TIA2.
Occorre preliminarmente accertare la natura della Tariffa di igiene ambientale (TIA) che ha subito, nel corso degli anni, una sostanziale trasformazione.
Giova premettere i principali riferimenti normativi:
1.1 TIA1: L’art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio: il cosiddetto “decreto Ronchi”), successivamente modificato dall’art. 1, comma 28, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e dall’art. 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (finanziaria 2000), stabilì l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati e, in particolare, di istituire una “tariffa” per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale.
Tale tariffa – usualmente denominata “Tariffa di Igiene Ambientale” (di seguito anche TIA1) – era composta “da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio” (art. 49, comma 4, d.lgs. n. 22 del 1997).
Con regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, venne elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento. Il metodo normalizzato fu approvato con il regolamento di cui al d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158 (Norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani). Diversamente dalla normativa sulla TARSU, l’art. 49 del decreto Ronchi evitò di qualificare espressamente il prelievo come tributo o tassa, pur mantenendo il riferimento testuale alla “tariffa”; stabilì altresì che la TIA doveva sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti.
Peraltro, la completa soppressione della TARSU e la sua sostituzione con la TIA1, inizialmente fissata a decorrere dal 1° gennaio 1999, venne differita dal legislatore, a partire dall’art. 1, comma 28, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, che spostò l’entrata in vigore della riforma al 1 gennaio 2000.
Per l’anno 1999 venne tuttavia prevista la facoltà per i comuni di adottare in via sperimentale la TIA1 (art. 31, comma 7, legge 23 dicembre 1998, n. 448).
Successivamente, con l’art. 33 della legge n. 488 del 1999, mediante una novella dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, venne disposto un articolato regime transitorio, disciplinato dal regolamento previsto dal comma 5 dell’art. 49, che concesse termini differenziati ai comuni per sostituire la TARSU con la TIA1, “entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa”. In attuazione della detta disposizione, l’art. 11 del citato d.p.r. n. 158 del 1999, come modificato direttamente dall’art. 33, comma 6, della legge n. 488 del 1999, dettò la disciplina transitoria tenendo conto sia del grado di copertura dei costi dei servizi raggiunto dai diversi comuni sia della popolazione dei comuni stessi.
Restò comunque ferma la possibilità, per tutti i Comuni, di deliberare l’applicazione della tariffa “in via sperimentale” in sostituzione della TARSU, anche prima della scadenza dei detti termini (art. 49, commi 1-bis e 16, d.lgs. 22/1997).
Negli anni successivi il legislatore intervenne spostando periodicamente il termine per l’applicazione della tariffa. Con l’ultimo differimento, previsto dall’art. 1, comma 134, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), il passaggio definitivo dalla TARSU alla TIA1 fu, per l’ultima volta, fissato tra il 1 gennaio 2007 e il 1 gennaio 2008.
1.2 TIA2: L’art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale: cosiddetto Codice dell’ambiente), in vigore dal 23 aprile 2006, ha apportato una rilevante modifica alla disciplina applicabile in materia di tassazione sui rifiuti.
La tariffa di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, è stata soppressa e sostituita con la diversa “Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (come testualmente indicato nella rubrica dell’articolo), che una disposizione successiva (l’art. 5, comma 2-quater, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, denominò “Tariffa Integrata Ambientale” (di seguito anche TIA2).
La tariffa integrata, in particolare, restava “commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri […] che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali” (comma 2), e costituiva “il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’art. 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36” (art. 238, comma 1, secondo periodo, d.lgs. 152/2006).
La soppressione della precedente TIA1 avrebbe dovuto avere effetto dalla data di entrata in vigore dello stesso art. 238 d.lgs. n. 152 del 2006. Tuttavia, fino alla completa attuazione della TIA2, attraverso l’emanazione di un regolamento ministeriale ed il compimento dei successivi adempimenti per l’applicazione della tariffa, si stabilì che “continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” (art. 238, comma 10, d.lgs. 152/2006).
In attesa dell’adozione del detto regolamento ministeriale (invero mai avvenuta), il comma 184 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, quale modificato dall’art. 5, commi da 1 a 2-quinquies del cennato d.l. n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009, stabili che il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l’anno 2006 restasse invariato anche per l’anno 2007.
Il blocco dei precedenti regimi TARSU e TIA1, successivamente, venne esteso dal legislatore agli anni 2008 e 2009, prima con l’art. 1, comma 166, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) e poi, con l’art. 5, comma 1, del ridetto d.l. n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009.
Si stabilì che, nel caso in cui il regolamento ministeriale non fosse stato adottato entro il 30 giugno 2009, i comuni avrebbero potuto liberamente adottare la TIA2 (art. 5, comma 2-quater, del d.l. n. 208 del 2008); detto termine, peraltro, venne successivamente prorogato prima fino al 31 dicembre 2009 e poi fino al 30 giugno 2010[6].
Non essendo stato adottato alcun regolamento alla scadenza del termine del 30 giugno 2010, i comuni che avevano applicato la TARSU continuarono a mantenere il detto regime, e parimenti, i comuni che avevano già sperimentato la TIA1, mantennero detta tariffa, ferma restando la facoltà per tutti i comuni italiani di applicare la TIA2 a partire dalla ridetta data.
2. Le SS.UU hanno affermato che “spettano alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA), in quanto, come evidenziato anche dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 64 del 2010, tale tariffa non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU, disciplinata dal d.P.R. 15 novembre 1993 n. 507, di cui conserva la qualifica di tributo” (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 23114 del 12/11/2015, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 26268 del 20/12/2016)
Il comma 33 dell’art. 14 del D.L. 78/2010 convertito in legge 122/2010,come già evidenziato, ha qualificato come “non tributaria” la TIA2 istituita dall’art. 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non costituendo, in senso tecnico, il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta e rappresentando invece una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale, che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio; avendo mantenuto la sua natura di tributo locale, deve ritenersi che la Tia resti nell’ambito della normativa relativa alla finanza locale (r.d. n. 1175/1931), ancorché sia stata per ragioni sistematiche delocalizzata in un diverso contesto normativo.
L’articolo 238 del decreto legislativo 152/2006 ha creato una “seconda Tia”, destinata a sostituire con il tempo la “prima Tia” nata dall’ articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
E dunque il disposto del D.L. riguarda direttamente solo la TIA2 e può essere esteso alla TIA1 solo ove si ritenga che ci si trovi di fronte ad una norma di carattere sostanzialmente interpretativo.
Ma così non è perché la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Cassazione era già al momento della entrata in vigore del D.L. 78/2010 pacificamente orientata nel senso di ritenere la natura tributaria e non di corrispettivo della TIA1. E dunque la disposizione sulla Tia2 ha carattere innovativo, o – meglio – istituisce una tariffa che nell’intenzione del legislatore dovrebbe essere ontologicamente diversa rispetto alla “prima Tia”.
Tuttavia, sia la TIA1 che la Tia 2 che la Tari (anch’essa ha natura pubblica anche se riscossa dal gestore, per la natura autoritativa e pubblica del prelievo) sono tutte caratterizzate dai medesimi presupposti: a) mancanza di nesso diretto tra prestazione e corrispettivo; b) il compenso ricevuto dal prestatore dei servizi non è il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario.
3. In tale contesto normativo occorre individuare, ai fini della giurisdizione, la natura della addizionale provinciale, costituita da una percentuale sull’importo della tassa principale, prevista sulla TIA2 che può essere oggetto anche di ruoli separati.
Ai sensi dell’art. 2 D.lgs 546/92 “appartengono alla giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali nonché le sovrimposte e le addizionali, …. comunque irrogate da uffici finanziari….”
L’art. 19 D.lgs 505/92 definisce tale addizionale ” tributo annuale” , dovuto “a fronte dell’esercizio delle funzioni amministrative di interesse provinciale, riguardanti l’organizzazione dello smaltimento di rifiuti, il rilevamento, la disciplina ed il controllo degli scarichi e delle missioni e la tutela, difesa e valorizzazione del suolo” con un sistema di accertamento riscossione tipico delle pretese tributarie.
Trattasi di un sistema di reperimento, attraverso un tributo, della provvista necessaria all’esercizio di utilità generale di funzioni di interesse pubblico, mancando un rapporto di corrispondenza economica tra prestazione della P.A. e il vantaggio ricevuto dal privato che potrebbe escluderne la natura di tassa.
Né è idonea a snaturarne la natura di tributo il mero collegamento quantitativo e percentuale con la TIA2 che, ancorché abbia natura privatistica non comporta la modifica della natura della relativa addizionale regionale, fungendo solo da parametro per la quantificazione di tale prestazioni che ha natura di tributo a favore delle Province.
Va, conseguentemente dichiarata la giurisdizione del giudice tributarlo per I’ addizionale provinciale.
Le novità della questione costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiaro la giurisdizione del giudice tributario per la addizionale regionale alla TIA2.
Dichiara compensare le spese del giudizio di legittimità.
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