CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2018, n. 3314
Pagamento a titolo di rimborso spese viaggi e per il tempo di viaggio – Contrattazione collettiva – Rimborso spese laddove la prestazione sia resa in luoghi diversi dalle normali località di lavoro
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 30.5.2012 accoglieva l’appello di Cooperativa V. S. avverso la sentenza n. 951/2011 del Tribunale di Sassari e, in riforma della detta sentenza, rigettava la domanda proposta da S.G., L.S. e C.C. diretta al pagamento a titolo di rimborso spese viaggi e per il tempo di viaggio delle somme indicate nella sentenza di primo grado.
2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale osservava che i lavoratori facevano discendere il diritto al rimborso spese ed alla retribuzione per il tempo di viaggio dalla contrattazione collettiva e dagli artt. 79 e 80 pacificamente applicati al rapporto. L’art. 79 – secondo la Corte – prevede che gli Istituti impieghino i lavoratori, compatibilmente con le esigenze di servizio, in località prossime ai luoghi di abituale dimora, mentre l’art. 80 prevede un rimborso spese di viaggio laddove la prestazione sia da rendere in luoghi diversi dalle normali località di lavoro ed il trattamento economico previsto per le ore effettivamente prestate con i mezzi autorizzati. Era necessario pertanto individuare la normale località di lavoro che doveva identificarsi non in Sassari ma nel territorio della Provincia tenuto anche conto che i dipendenti non erano tenuti a passare per Sassari prima di prendere servizio, né in Alghero; inoltre l’art. 80 subordina il diritto vantato all’autorizzazione all’uso del mezzo proprio, nel caso in esame non provato.
3. Per la cassazione propongono ricorso con separati ricorsi il S. ed il C. che hanno formulato due motivi: resiste con separati controricorsi la Cooperativa Vigilanza Sardegna.
Ragioni della decisione
I due ricorsi sono di contenuto identico.
Con il primo motivo si allega la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL: art. 79 e 80) in riferimento agli artt. 1362 e seguenti cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Era errata l’interpretazione offerta dalla Corte di appello circa la normale località di lavoro posto che era emerso che la sede operativa della società convenuta era in Sassari e che, nell’ambito di tale circondario, veniva svolta gran parte della prestazione, come emergeva dai rapporti dei servizi acquisiti dalla Questura.
Il motivo appare improcedibile circa la prima doglianza e inammissibile nel complesso. Questa Corte, a sezioni unite, ha affermato il principio per cui “in tema di giudizio per cassazione, sussiste l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi” (Cass. sez. un. n. 22726/2011 – confermata da Cass. sez. lav. n. 195/2016 e da cass. Sez. Lav. n. 4350/2015 e da numerosissime altre, principio peraltro meno drastico rispetto alla precedente giurisprudenza che non riteneva sufficiente la specifica indicazione degli elementi per reperire i contratti collettivi negli atti processuali). Nel caso in esame i contratti di cui si deduce l’erronea interpretazione non sono stati prodotti né è stato indicato con precisione l’incarto processuale ove gli stessi siano rinvenibili in copia integrale. Per quanto riguarda i rapporti di cui si parla nella seconda parte del motivo va fatto discorso analogo in quanto i rapporti non sono stati inammissibilmente prodotti in chiara violazione dell’art. 369 cod. civ. proc., anche se costituiscono i documenti sui quali si fondano gli argomenti sviluppati nella seconda parte del motivo: la stessa trascrizione è stata offerta solo a campione e quindi non consente neppure di poter verificare la tesi avanzata dai ricorrenti che peraltro, in ogni caso, dovrebbe essere valutata con riferimento a quanto previsto dal CCNL, profilo come detto per il quale sussiste una condizione di improcedibilità alla luce dell’orientamento consolidato da questa Corte che si condivide e cui si intende dare continuità.
Con il secondo motivo si allega l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione agli artt. 115 e 116 cod. civ. proc. e dell’art. 2697 cod. civ. per mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia. Violazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro in riferimento agli artt. 79 e 80 CCNL ed all’art. 2066 cod. civ. secondo comma, e dell’art. 1139 cod. civ. L’uso del mezzo proprio era dimostrato nei fatti dalle modalità di esplicazione del servizio quale documentate dai fogli di incarico e dai rapporti inviati dalla Cooperativa all’autorità di pubblica sicurezza. Ai sensi degli artt. 79 ed 80 CCNL spettava il chiesto rimborso.
Il motivo appare nel complesso inammissibile per quanto sopra detto in ordine alla mancata produzione in questo grado del giudizio del CCNL (ed anche alla mancata indicazione specifica dell’incarto processuale ove questo sia eventualmente reperibile in copia autentica) e della documentazione citata, la quale ultima in ogni caso andrebbe valutata alla luce delle disposizioni contrattuali.
Si deve quindi dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi. Le spese di lite- liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorsi. Condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento, in favore di controparte, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano per ciascun ricorrente in euro 200,00 per esborsi, nonché in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie al 15% per cento, ed accessori come per legge.
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