CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2018, n. 3317
Pubblico impiego – Riconoscimento del diritto al trattamento proprio di qualifica dirigenziale – Istituto della reggenza
Fatto e Motivi
1. A.G., ex dipendente INPDAP, inquadrato come direttore di divisione dal 24.7.1996 e collocato a riposo il 31.3.2005, aveva convenuto in giudizio I’INPDAP per chiedere il riconoscimento del diritto al trattamento proprio della qualifica dirigenziale, la condanna del convenuto al pagamento delle correlate differenze economiche ed alla rideterminazione dell’indennità di fine rapporto e del trattamento pensionistico; in via subordinata aveva chiesto il riconoscimento del diritto al pagamento della somma di € 195.311,54 ai sensi dell’art. 36 Cost. e a titolo di indebito arricchimento. Tanto sull’assunto di avere svolto dal 25.11.199 al 31.3.2005 mansioni dirigenziali presso il “C.L.S.” di Caltagirone e di avere percepito il trattamento economico correlato alla qualifica di inquadramento maggiorato dell’indennità di reggenza.
2. La Corte di appello di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso.
3. La Corte territoriale ha ritenuto, quanto al periodo compreso tra il 24.11.1999 ed il 20.12.2000, che era legittimo il ricorso all’istituto della reggenza perché la sostituzione del Direttore del C., temporaneamente assente dal servizio, era stata effettuata in via provvisoria.
4. In relazione al periodo compreso tra il 21.12.2000 ed il 31.3.2005, la Corte territoriale, dopo avere ricostruito il quadro normativo e contrattuale che aveva disciplinato le mansioni proprie delle qualifiche appartenenti al cd “ruolo ad esaurimento” ed il correlato trattamento economico, ha osservato che nel nuovo ordinamento del personale di matrice legale e contrattuale al personale non dirigenziale di livello apicale competeva la direzione di uffici non riservati ai dirigenti.
5. La Corte territoriale ha rilevato che non era stata offerta la prova dell’avvenuto espletamento da parte del G. di mansioni dirigenziali proprie del nuovo assetto normativo evidenziando che al personale apicale non rivestente la qualifica dirigenziale, tra il quale rientrava il G., compete anche la direzione di uffici non riservati ai dirigenti e che non era stato allegato e nemmeno provato che la direzione del “C.L.S. di Caltagirone” fosse stata riservata al personale di qualifica dirigenziale. Sicché la preposizione del G. a detta struttura, pur priva del carattere della temporaneità e straordinarietà propria della reggenza, non era sufficiente a qualificare i compiti svolti di natura dirigenziale.
6. Avverso tale sentenza il G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso l’INPDAP.
Sintesi dei motivi
7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 69 del D. Lgs. n. 165 del 2001; violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001; omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c.; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione; erronea interpretazione delle norme del CCNL del 16.2.199.
8. Il ricorrente sostiene che: la disposizione contenuta nell’art. 69 c. 3 del D. Lgs n. 165 del 2001 non osta al riconoscimento del diritto a percepire le differenze retributive nei casi, quale quello dedotto in giudizio, in cui le funzioni vicarie del dirigente siano state espletate non in via temporanea ed occasionale ma per più anni i. e non solo per il tempo necessario per la copertura del posto vacante con procedura concorsuale; l’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001, applicabile anche ai funzionari del cd “ruolo ad esaurimento” riconosce il diritto del lavoratore al trattamento economico previsto in relazione alla qualifica superiore ove ne abbia svolto le relative mansioni; l’art. 36 della Costituzione riconosce il diritto alla retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato; nella sentenza impugnata non sarebbero state spiegate le ragioni per le quali alla fattispecie dedotta in giudizio non si applica l’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001.
9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n.3 e n. 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 36 della Costituzione e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia per avere la Corte territoriale omesso ogni riferimento all’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001.
10. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto carente la prova sull’ avvenuto svolgimento di mansioni dirigenziali e sul fatto che la Direzione del “C.L.S.” di Caltagirone era riservata al personale dirigenziale. Deduce che dalla documentazione allegata al ricorso, alla quale attribuisce valore di decisività, emerge la prova dell’avvenuto svolgimento di mansioni dirigenziali e si duole che sia stata omessa la motivazione sulle ragioni della sua mancata valutazione.
11. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale rigettato la domanda pur avendo rilevato che difettavano i requisiti della straordinarietà e della temporaneità propria della reggenza.
12. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. “omesse deduzioni probatorie a carico dell’INPDAP”. Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’INPDAP non aveva provato, e ancor prima ancora dedotto, di essersi attivato per la copertura del posto con la procedura concorsuale.
13. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di specifica contestazione a cura di esso ricorrente già nel ricorso primo grado e violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e violazione dell’art. 2697 c.c. Addebita alla Corte territoriale di non avere speso argomentazioni motivazionali in ordine al difetto di prova sullo svolgimento di mansioni dirigenziali, sul fatto che la direzione del C. fosse stata riservata al personale di livello dirigenziale. Deduce che nel ricorso di primo grado esso ricorrente aveva allegato di avere svolto mansioni di natura dirigenziale, che l’Indap non aveva contestato l’avvenuto svolgimento dei compiti descritti nel ricorso e non aveva eccepito né provato che la direzione del C. non fosse riservata a personale di qualifica dirigenziale, che era notorio il fatto che il C. era sempre rientrato tra le strutture riservate a personale con qualifica dirigenziale. Assume che la Corte territoriale avrebbe rilevato una circostanza non dedotta e nemmeno eccepita dall’INPDAP.
14. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere la Corte territoriale pronunciato sulla domanda di indebito arricchimento.
15. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione del diritto di difesa e dell’art. 24 della Costituzione per non avere la Corte territoriale ammesso l’interrogatorio formale del legale rappresentante dell’INPDAP e la prova testimoniale articolata da esso ricorrente.
16. Con il nono motivo il ricorrente sostiene che le spese dei giudizi di merito devono essere poste a carico dell’INDAP in virtù del principio di soccombenza.
In via preliminare
17. Deve rilevarsi l’ammissibilità del ricorso. Al riguardo il Collegio osserva che, anche dopo il mutamento di indirizzo, ad opera della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7155 del 2017, secondo cui lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgere relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone la declaratoria d’inammissibilità e non il rigetto per manifesta infondatezza (come era stato affermato da Cass. SU 16 settembre 2010, n. 19051), l’art. 360 bis c.p.c., si applica soltanto laddove la giurisprudenza della Corte di cassazione già abbia giudicato nello stesso modo della sentenza di merito la specifica fattispecie proposta dal ricorrente oppure quando il caso concreto non sia stato ancora deciso ma, tuttavia, si presti palesemente ad essere facilmente ricondotto, secondo i principi applicati da detta giurisprudenza, a casi assolutamente consimili, e comunque in base alla logica pacificamente affermata con riguardo all’esegesi di un istituto nell’ambito del quale la vicenda particolare pacificamente si iscriva. Evenienze che non ricorrono nella fattispecie in esame perché le censure formulate, a prescindere dalla loro fondatezza, mettono in discussione la corretta applicazione alla specifica fattispecie dedotta in giudizio dei principi di diritto già affermati da questa Corte in tema di espletamento di mansioni dirigenziali e di mansioni proprie del personale cd. “ad esaurimento”.
18. Di contro, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso in quanto è stato notificato oltre il termine previsto dall’art. 370 c. 1 c.p.c. (a fronte della notifica del ricorso in data 18.10.2012 la procedura notificatoria risulta iniziata solo il 18 dicembre 2012 e in pari data compiuta).
Esame dei motivi
19. Il primo ed il secondo motivo, quest’ultimo nella parte in cui denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 36 della Costituzione, da trattarsi congiuntamente avuto riguardo alla parziale sovrapponibilità delle censure e alla connessione delle argomentazioni esposte a corredo di ciascuno dei due motivi, vanno rigettati.
20. Come già più volte sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, con orientamento cui il Collegio intende dare continuità, la L. n. 88 del 1989, art. 15, comma 2, ha previsto la possibilità dell’attribuzione ai dipendenti della 8^ e 9^ qualifica funzionale di compiti di particolare rilievo, in aggiunta alle mansioni previste dagli accordi di categoria, ed ha contemplato l’attribuzione di “funzioni vicarie”, che ricomprendono anche la reggenza di un ufficio.
21. Il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4 (poi trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3) ha previsto che “Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui al D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 60 e 61 e successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo”.
22. La suindicata fattispecie va distinta da quelle originariamente disciplinate dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 (così come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25, modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15, e ora trasfuso nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52), di assegnazione del dipendente a mansioni superiori, prevista per i casi di: a) vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure di copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4; b) sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
23. Al riguardo, in base al consolidato orientamento di questa Corte, al quale il Collegio ritiene di dare continuità, le disposizioni che consentono la reggenza del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare devono essere interpretate, ai fini del rispetto del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e dei principi generali di tutela del lavoro (artt. 35 e 36 Cost.; art. 2103 c.c.e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52), nel senso che l’ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità (“in attesa della destinazione del dirigente titolare”), con la conseguenza che a tale posizione può farsi luogo, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura – laddove congrui e compatibili con un ordinario periodo per decidere – cosicché, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni superiori (Cass. SSUU 3814/2011 e 4963/2011; Cass. 25363/2016; Cass. 14453/2015; 18680/2015; 16889/2015; 7823/2013; 2534/2009; 22932/2008; 9130/2007).
24. La Corte d’appello di Catania, diversamente da quanto assume il ricorrente, con congrua e logica motivazione, si è uniformata ai principi innanzi richiamati.
25. Essa, infatti, ha rilevato, con accertamento che non è investito da specifiche censure, che nel periodo compreso tra il 24 11.1999 ed il 20.12.2000 l’incarico di sostituzione del Direttore del C. “L.S.” di Caltagirone aveva avuto carattere provvisorio in ragione della temporanea assenza dal servizio del Direttore.
26. Quanto al periodo compreso tra il 21.12.2000 ed il 31.3.2005 la Corte territoriale ha escluso il diritto del lavoratore a percepire il trattamento economico proprio delle mansioni dirigenziali esercitate sul fondante e decisivo rilievo che non era risultato provato che l’ufficio di direzione del C.L.S. di Caltagirone fosse stato costituito come ufficio di livello dirigenziale e che ad esso dovesse essere preposto personale dipendente rivestente la qualifica dirigenziale.
27. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui addebita alla sentenza vizi motivazionali perché le censure, per essere correlate non a fatti storici ma a questioni giuridiche, esorbitano dal perimetro del vizio di cui all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., nel testo applicabile “ratione temporis” (Cass. 17761/2016, 21152/2014; Ord 2805/2011). Va osservato che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 9 gennaio 2012.
28. Le considerazioni svolte in ordine alla natura non dirigenziale dell’Ufficio di Direttore del C. hanno carattere assorbente rispetto alle censure formulate nel terzo, nel quarto, nel quinto, nel sesto e nell’ottavo motivo che addebitano alla sentenza impugnata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (terzo motivo, in relazione alla natura dirigenziale delle mansioni svolte; quinto e sesto motivo, in ordine alla mancato avvio della procedura concorsuale e in relazione alla natura dirigenziale delle mansioni svolte), dell’art. 2697 c.c. (quarto motivo, in ordine al mancato avvio della procedura concorsuale; sesto motivo, in relazione alla natura dirigenziale delle mansioni svolte), dell’art. 24 della Costituzione (ottavo motivo in relazione alla mancata ammissione dell’interrogatorio formale del legale rappresentante dell’Inpdap e della prova testimoniale in relazione all’avvenuto svolgimento di mansioni dirigenziali).
29. Il sesto motivo è inammissibile nella parte in cui il ricorrente deduce che l’INPDAP non aveva contestato che la Direzione del “C.L.S.” fosse di livello dirigenziale. Il ricorrente, infatti, fa riferimento alla memoria di costituzione dell’INPDAP che non riproduce nel ricorso nella parte rilevante ai fini della censura formulata, memoria che non risulta allegata al ricorso e nemmeno ne viene specificata la sede di produzione. Il ricorrente non ha ottemperato agli oneri imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e dall’ art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, che impongono, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un “error in procedendo”, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, di riprodurre il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale nel ricorso e di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011; Cass. 13713/2015, Cass. 19157/2012, Cass. 6937/2010).
30. Quanto alla dedotta “notorietà” del fatto che siffatto ufficio fosse stato sempre considerato di livello dirigenziale il ricorrente omette di precisare se ed in quale atto processuale siffatta notorietà, questione, comportante accertamenti di fatto, non trattata dalla sentenza impugnata, sia mai stata allegata ed in quali termini sia stata portata all’attenzione della Corte territoriale.
31. In realtà, sotto l’apparente denuncia del vizio di violazione dell’art. 2697 c.c., il ricorrente sollecita il non consentito riesame del merito della questione relativa alla consistenza ed alla natura dell’Ufficio Direzione del C. (Cass. SSU 24148/2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, Cass. 15208/2014, Cass. 24148/2013, Cass. 21485/2011, Cass. 9043/2011, Cass. 20731/2007; Cass. 181214/2006, Cass. 3436/2005, Cass. 8718/2005),
32. Il settimo motivo è infondato in quanto nell’ esclusione della natura dirigenziale dell’Ufficio di Direttore del “C.L.S.” e della conseguenziale inconfigurabilità di mansioni di natura dirigenziale è stata ritenuta implicitamente assorbita dalla Corte territoriale la domanda formulata ai sensi dell’art. 2041 c.c.
33. Al riguardo va osservato che la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (Cass. 27939/2017, 7663/2012).
34. Il nono motivo è inammissibile perché non si compendia nella censura della statuizione relativa alle spese del giudizio di merito ma, piuttosto, nell’auspicio che in conseguenza dell’accoglimento del ricorso le spese siano poste a carico del controricorrente.
35. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso deve essere rigettato.
36. Le spese seguono la soccombenza, ma, in ragione dell’inammissibilità del controricorso, vanno liquidate solo per la partecipazione all’udienza con la discussione (art. 370 c.p.c., comma 1, secondo inciso). Partecipazione che vi è stata e cui il difensore del resistente era comunque legittimato dalla procura rilasciata a margine del controricorso (Cass. 22269/2010; Cass. 11619/2010).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1.500,00 per compensi professionali, oltre IVA e CPA.
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