CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2018, n. 3320
Cartella esattoriale – Contributi Inps non versati – Prescrizione estintiva quinquennale – Domanda di condono – Presentazione in epoca successiva al 31 dicembre 1995 – Inapplicabilità del previgente termine decennale – Domanda di condono previdenziale non come atto di riconoscimento del debito – Idoneità ad interrompere la prescrizione – Dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all’intento di riconoscere il credito oppure comportamento tacito obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa creditoria – Indagine e apprezzamento rientrante nei poteri del giudice di merito
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione alla cartella esattoriale per il pagamento della somma di lire 44.221.604 a titolo di contributi non versati nei mesi di ottobre e novembre 1992 e correlative somme aggiuntive.
2. La Corte territoriale riteneva maturata la prescrizione estintiva quinquennale, in assenza di atti interruttivi antecedenti alla notifica della cartella opposta (maggio 2001) e inapplicabile la conservazione del precedente termine decennale, per essere state le domande di condono presentate in epoca successiva al 31 dicembre 1995 (la prima, alla stregua delle deduzioni formulate dall’INPS con l’appello, il 1° luglio 1996 ovvero, alla stregua delle documentate allegazioni della società opponente, il 2 giugno 1997).
3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con ricorso affidato ad un motivo cui resiste, con controricorso, la s.r.I. L., che ha proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, avverso il quale l’INPS ha conferito solo procura in calce alla copia notificata.
4. Equitalia Centro s.p.a. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
5. Con unico motivo di ricorso, deducendo violazione dell’art. 3, comma 9, Legge 8 agosto 1995, n. 335, in relazione all’art. 252 disp.att. cod.proc.civ., l’INPS si duole che la Corte di merito, pur qualificando come idonea, ai fini dell’interruzione della prescrizione, la presentazione della domanda di condono, in conformità con la consolidata giurisprudenza di legittimità, abbia erroneamente ritenuto applicabile, alla fattispecie, il termine di prescrizione quinquennale – a fronte del predetto atto interruttivo intervenuto in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995 cit. – e sia addivenuta, al contempo, all’erronea conclusione di ritenere prescritto il credito in questione asserendo, nelle conclusioni della motivazione, che fino alla notifica della cartella esattoriale non ci sarebbero stati atti interruttivi.
6. Assume, pertanto, l’Istituto di previdenza, che con la domanda di condono, presentata il 1° luglio 2001 il termine di prescrizione quinquennale si era integralmente salvato fino a tale data e la notifica della cartella esattoriale, nel maggio 2001, aveva comportato un’ulteriore interruzione e salvezza del termine prescrizionale quinquennale.
7. Il ricorso principale è infondato.
8. Giova premettere che, come esposto nello storico di lite, la Corte di merito snoda l’iter motivazionale muovendo dal presupposto che la prima domanda di condono sia temporalmente collocata in un arco temporale variegato, tra il 1° luglio 1996 e il 2 giugno 1997, in considerazione, quanto alla prima data, delle deduzioni formulate dall’INPS con l’appello e, quanto alla seconda, delle documentate allegazioni della società opponente, tanto basta per affermare che non vi è stato alcun accertamento in fatto, in sede di gravame, sulle domande di condono presentate dalla società (la sentenza impugnata evoca, peraltro, altri condoni per la medesima inadempienza) e sul relativo contenuto.
9. Merita, anche, richiamare il principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui con la domanda di condono previdenziale non si pone in essere un atto di riconoscimento del debito ma, venendo ad innescarsi una procedura di recupero dei contributi, si tratta soltanto di una «procedura già iniziata» che rende applicabile, se ricadente nel discrimine temporale del 31 dicembre 1995, il previgente termine decennale di prescrizione (v., fra le tante, Cass. 6 luglio 2015, n. 13831 e successive conformi).
10. Del pari costituisce principio costantemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità che il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all’intento pratico di riconoscere il credito, e può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore; l’indagine e l’apprezzamento di una dichiarazione come riconoscimento, ai sensi dell’articolo 2944 cod. civ., rientra nei poteri del giudice di merito, il cui accertamento non è sindacabile in cassazione se sorretto da motivazione sufficiente e non contraddittoria, (cfr., fra le tante, Cass. 26 aprile 2017, n. 10327).
11. Tanto premesso, il mezzo di censura, che devolve alla Corte di legittimità la sola violazione di legge in ordine al decorso della prescrizione estintiva dei contributi azionati con la cartella opposta, sul presupposto dell’efficacia interruttiva della presentazione della domanda di condono in data 1° luglio 1996, e che assume (a pagina 6 del ricorso) tale circostanza come incontestata e accertata dal giudice di secondo grado, si rivela carente di specificità non confrontandosi con la statuizione impugnata e con la delibata assenza di atti interruttivi antecedenti alla notificazione della cartella di pagamento.
12. L’INPS avrebbe dovuto, invero, chiarire e riportare il contenuto della domanda di condono evocata, specificare quando e con quale atto sarebbe stata ritualmente acquisita al giudizio (non potendo, a tal fine, ritenersi sufficiente il rinvio, per relationem, alla sentenza impugnata) per contrastare specificamente l’iter motivazionale della sentenza gravata e suffragare la tesi difensiva incentrata sul valore interruttivo, della domanda di condono presentata dalla società, del termine prescrizionale, in quanto espressione della volontà di riconoscere la pretesa dell’INPS.
13. Ne consegue che non è risultata validamente infirmata la decisione della Corte territoriale.
14. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato spiegato dalla società.
15.Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; nulla spese per la parte rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
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