CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2017, n. 593

Tributi – Riscossione – Cartella di pagamento – Tassa automobilistica

Svolgimento del processo

La controversia riguarda l’impugnazione di una cartella di pagamento, con cui il Ministero delle Finanze (oggi Agenzia delle Entrate) ha contestato al contribuente l’omesso pagamento della tassa automobilistica relativa all’anno 1994 con avviso di liquidazione notificato in data 10.10.1997. Il ricorrente aveva eccepito la prescrizione del diritto dell’amministrazione a procedere al recupero coattivo della somma per decorso del termine triennale di prescrizione ed eccepiva, nel merito, la carenza del presupposto tributario, atteso che nel 1994 aveva perso il possesso dell’autovettura a seguito di demolizione, risultante da attestazione rilasciata dalla ditta specializzata. Si costituiva il Ministero dell’Economia e Finanze (oggi, Agenzia delle Entrate), il quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione relativamente alla domanda di perdita di possesso, per essere competente l’ACI, quale gestore del PRA.

Nel merito, deduceva l’insussistenza della dedotta prescrizione.

Il Tribunale dell’Aquila rigettava il ricorso, mentre la Corte d’Appello dell’Aquila accoglieva il gravame del contribuente, dichiarando che era prescritto il diritto al credito tributario.

Avverso quest’ultima pronuncia, l’ufficio ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione, sulla base di tre motivi, mentre la contribuente ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con i tre motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, l’ufficio denuncia, da una parte, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in particolare, degli artt. 2943, 2945 e ss c.c. in combinato disposto con gli artt. 1 e ss della legge n. 27/78, con l’art. 43 comma 3 del D.L. n. 41/95 e con l’art. 1 comma 27 lettera d) del D.L. n. 250/95, con l’art. 2697 c.c. e con l’art. 22 della legge n 53 del 1983, in relazione all’art. 360 primo comma n 3 c.p.c., dall’altra, vizio d’insufficiente motivazione, circa un fatto decisivo e controverso, sul medesimo profilo di censura, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, la tempestiva notifica dell’avviso d’accertamento prodromico alla cartella, avrebbe interrotto la prescrizione con effetto permanente, ex art. 2943 e ss. c.c. ed in ogni caso, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero ritenuto, sulla base della documentazione in atti, che la successiva iscrizione a ruolo del tributo e la notifica dell’impugnata cartella esattoriale, sarebbe stata eseguita oltre il previsto termine triennale di prescrizione, e ciò anche con motivazione insufficiente.

In via preliminare, va esaminata l’eccezione di tardività del presente ricorso in Cassazione, proposta dal contribuente, quale prima difesa esposta in controricorso.

L’eccezione è infondata.

È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In tema di notificazione degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché il notificante fornisca la prova che il mancato perfezionamento della prima notifica non gli sia addebitabile ed attivi un nuovo procedimento entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori” (Cass. n. 19060/15).

Nella fattispecie, la prima notifica effettuata dall’ufficio con atto consegnato il 31.1.13 è stata tempestiva (v. relata in atti) rispetto alla scadenza del termine “lungo” per ricorrere in Cassazione (che scadeva il 13.2.2013) ma non risulta essere andata a buon fine per irreperibilità del destinatario nel domicilio eletto, di talché tale circostanza – cioè, la variazione del domicilio eletto -non può essere addebitabile all’ufficio notificante, mentre, la seconda notifica del ricorso in Cassazione è stata effettuata con atto consegnato all’ufficiale giudiziario il giorno 11.4.2013, quindi, nel tempo certamente necessario, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della prima notificazione e per assumere le informazioni ulteriori.

Il riferimento al merito delle censure proposte dall’ufficio, le stesse sono infondate, in quanto, seppur la notifica dell’avviso d’accertamento del 10.10.1997 è stata tempestiva rispetto al termine triennale di prescrizione della pretesa impositiva, per il pagamento del bollo auto per l’anno 1994, tuttavia, successivamente è iniziato a decorrere un secondo termine triennale, rispetto al quale la cartella di pagamento non risulta essere stata notificata tempestivamente, in quanto è pacifico tra le parti che risulta essere stata consegnata per la spedizione il 13.1.01, quindi, dopo il decorso del secondo triennio, infatti, nessuna interruzione permanente del termine sussiste, nel caso di specie, ai sensi degli artt. 2943 e ss. c.c. previste solo nelle tassative ipotesi in tali articoli contemplate, nelle quali non rientra la notifica della cartella di pagamento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica a pagare al contribuente, le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 500,00, oltre accessori di legge.