CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2017, n. 613
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Dichiarazione di fallimento – Imprenditore individuale – Cessazione di ogni attività d’impresa – Esistenza della condizione di insolvenza
Svolgimento del processo
Il tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza in data 25-2-2010, dichiarava il fallimento di S. N., titolare di ditta individuale corrente in Angri, via S. Maria 66.
Il fallito proponeva reclamo eccependo la violazione del diritto al contraddittorio, perché la notifica del decreto di convocazione ex art. 15 della legge fall, era avvenuta, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., con spedizione dell’avviso di deposito al distinto indirizzo di Angri, via S. Maria 138.
Contestava in ogni caso anche lo stato di insolvenza.
In sede di reclamo, contumace la curatela, si costituiva il creditore istante Bnp Paribas Leas Group, già Locafit s.p.a., che aveva agito in forza di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e asseritamente non opposto.
La corte d’appello di Salerno rigettava il reclamo sottolineando che dalle informative assunte dalla guardia di finanza e dalle ulteriori dichiarazioni rese dal fallito al curatore, debitamente evidenziate dal creditore procedente con la comparsa di costituzione dell’1-7-2010, l’anomalia dei civici di residenza del debitore – nn. 66 e 138 della via S. Maria – si era rivelata indifferente, attesa la coincidenza di fatto dei due civici. Tale coincidenza, desumibile dalle stesse dichiarazioni rese dal N. al curatore, era rilevabile anche dall’anagrafe tributaria, in cui il debitore era risultato iscritto con indicazione di sede legale al n. 66 e di residenza al n. 138, dacché la possibilità di dedurre dal contegno opportunistico del predetto l’intento di sfruttare l’equivoco a proprio vantaggio.
Ciò, ad avviso della corte d’appello, poteva riecheggiare la condizione della parte dedita a espedienti, vale a dire a condotte dilatorie consumate con animus dereliquendi, così da consentire anche il sacrificio delle garanzie di difesa nei casi in cui si fossero rese necessarie, per sopperire a tale elettiva condizione, indagini di lungo tempo.
In ordine al merito, la corte d’appello osservava che il debitore non aveva adempiuto all’onere della prova sul medesimo incombente, volta che l’accertamento del credito poteva in sede fallimentare avvenire incidentalmente.
Il credito, al di là della questione della avversata irrevocabilità del decreto ingiuntivo, non era stato specificamente contestato, e la vetustà e la rilevanza del medesimo, unitamente alla circostanza, pacificamente ammessa, dell’intervenuta cessazione sin dal 2006 di ogni attività di impresa, essendosi il fallito disfatto del compendio aziendale, deponevano per l’esistenza della condizione di insolvenza.
Avverso la sentenza, depositata 1’11-1-2011 e notificata il 9-2-2011, il N. ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Il ricorrente denunzia nell’ordine:
(i) col primo motivo, la violazione dell’art. 18 della legge fall, per avere la corte d’appello basato la decisione circa la coincidenza dei numeri civici sopra indicati su documenti tardivamente depositati dalla controparte;
(ii) col secondo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 140 cod. proc. civ. e 8 della l. n. 890 del 1982, per non avere la sentenza tenuto conto della mancata attestazione delle ragioni dell’omessa consegna del plico nella cartolina concernente l’avviso di deposito presso la casa comunale;
(iii) col terzo motivo, l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza in ordine alla corretta consegna dell’atto giudiziario al civico 138, anziché al civico 66;
(iv) infine, col quarto motivo, un analogo vizio di motivazione sulla mancanza di creditori ammessi al passivo del fallimento, quale prova dell’inesistenza dello stato di decozione.
II. – Il primo e il terzo motivo, connessi e suscettibili di unitario esame, vanno disattesi perché in parte inammissibili e in parte comunque infondati.
III. – La corte d’appello ha accertato la “coincidenza di fatto esistente tra i due menzionati civici”.
Lo ha fatto indicando le circostanze probanti costituite (a) dall’essere risultata “al civico 66 alloggiata anche la cassetta postale recante il numero civico 138”; (b) dall’avere lo stesso N. confermato al curatore (e agli altri componenti l’ufficio per la predisposizione dell’inventario) “la sostanziale indifferenza tra i due menzionati numeri civici”; (c) dall’essere stato rilevato dall’anagrafe tributaria che “il debitore risultava avere la propria sede legale al numero 66 e la propria residenza al n. 138”.
Ne ha tratto il convincimento di un contegno opportunistico dell’imprenditore individuale, volto a sfruttare ogni equivoco a proprio vantaggio.
IV. – E’ da osservare che nel ricorso non si rinvengono affermazioni tese a contrastare la circostanza della coincidenza di fatto tra i numeri civici suddetti, ma si assume che essa sia stata desunta da documentazione depositata dalla controparte tardivamente costituita, stante che la costituzione era avvenuta il 1-7-2010, in rapporto all’udienza fissata, dinanzi al giudice d’appello, per il giorno 8-7-2010.
Un tale rilievo è però inesatto, in quanto dalla sentenza si apprende che le dette circostanze erano da desumere “tanto all’esito delle informative assunte dalla GdF che a seguito delle ulteriori dichiarazioni rese dallo stesso fallito al curatore”. La sentenza, in particolare, ha sottolineato non che le circostanze erano emerse da documenti depositati da controparte, ma che erano state (solo) “debitamente evidenziate dal creditore procedente nella comparsa di costituzione in data 1-7-2010”.
Ne consegue che l’assunto fondamentale, da cui le censure sono avvinte, vale a dire che era stato il creditore istante tardivamente costituito a produrre la documentazione di riferimento, si basa su una lettura distorta della decisione di merito, e resta in ogni caso assertorio.
V. – Giuridicamente errata è poi la tesi implicitamente sostenuta a fondamento della censura nel suo complesso. Nella specie si discuteva della verifica della regolare convocazione del debitore dinanzi al giudice del fallimento. Regolare convocazione che il reclamante aveva messo in dubbio.
E’ risolutivo che una simile verifica spettava alla corte d’appello in virtù dei poteri officiosi di indagine
attinenti alla rituale instaurazione del contraddittorio, alla luce degli atti risultanti dal fascicolo fallimentare.
Questa corte ha chiarito che in linea generale non si applicano al procedimento di cui all’art. 18 della legge fall, i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., pur attenendo il reclamo a un provvedimento decisorio. In particolare l’art. 18, decimo comma, prevedendo che “all’udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente”, conferma che nella materia fallimentare residua comunque un ampio potere di indagine officioso in capo all’organo giudicante. E va puntualizzato che sia la corte costituzionale (con la sent. n. 198-09), sia questa corte suprema (v. per tutte Sez. 1 n. 22546-10; Sez. 6 1 n. 9174-12; Sez. 1- n. 6306-14) hanno fin qui individuato un sicuro fondamento del principio non solo nella previsione contenuta nell’art. 15 della legge fall, (là dove è esplicitamente contemplato il potere di chiedere informazioni urgenti, evidentemente tramite appositi organi pubblici, con riguardo alla materia del contendere), o in quella di cui all’art. 18 citato, ma anche nel sistema complessivamente delineato dall’art. 1 della stessa legge, che, nel riferimento alla verifica dell’ammontare dei ricavi lordi realizzati dal debitore nel triennio antecedente alla data di deposito della istanza di fallimento, valorizza il dato in “qualunque modo risulti”.
Se dunque le valutazioni rimesse al giudice fallimentare non sono affatto limitate dalle iniziative probatorie del debitore o delle altre parti per verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge dal punto di vista sostanziale, ciò a maggior ragione vale per le verifiche di ordine processuale, relative alle modalità di instaurazione del contraddittorio, ordinariamente rientranti nel novero degli accertamenti d’ufficio.
VI. – Il secondo motivo è inammissibile per novità, posto che dalla sentenza non risulta che il reclamante abbia affidato i propri assunti alla mancanza di attestazione, ai fini della validità del procedimento notificatorio ex art. 140 cod. proc. civ., delle ragioni dell’omessa consegna del plico.
Il ricorso non soddisfa il fine di autosufficienza onde superare il rilievo di novità della questione, non essendo stato riportato l’effettivo specifico contenuto dell’atto contenente il reclamo (nella parte che rileva).
VII. – Il quarto motivo di ricorso è egualmente inammissibile, non essendo incentrato su un fatto decisivo.
Può osservarsi che la corte d’appello ha esplicitamente affermato che il debito, di cui al decreto ingiuntivo, non era stato specificamente contestato e che il debitore si era poi disfatto dell’intero compendio aziendale, così escludendosi dal libero mercato e ponendosi in condizione di effettiva impotenza economica.
Codesta sottolineatura non è stata censurata.
Ne consegue che è del tutto irrilevante, onde valutare la condizione di insolvenza, che nessun altro creditore fosse stato ammesso al passivo del fallimento.
Spese alla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 8.200,di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 27283 depositata il 25 settembre 2023 - Qualora il contribuente sia stato dichiarato fallito, l'avvenuta irrogazione della sanzione per il mancato pagamento di un debito d'imposta sorto in epoca anteriore alla…
- DECRETO LEGISLATIVO 17 giugno 2022, n. 83 - Modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 ottobre 2019, n. 25230 - La prova della sussistenza della consapevolezza circa lo stato d'insolvenza dell'imprenditore e.x. art. 67 L.f. è raggiunta ogni volta che, al momento in cui è stato posto in essere l'atto…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 16430 del 10 giugno 2021 - In tema di imposte sui redditi d'impresa, l'abrogazione, ad opera dell'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1996, dell'art. 75, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, che impediva la deduzione dei costi…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37420 depositata il 21 dicembre 2022 - In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (TARSU) pur in caso di omissione della denuncia di cessazione di occupazione dell'immobile nell'anno in cui tale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 giugno 2019, n. 15572 - Lo stato d’insolvenza dell'imprenditore commerciale quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza strutturale e non soltanto…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…
- Per i crediti di imposta di Industria 4.0 e Ricerc
L’articolo 6 del d.l. n. 39 del 2024 ha disposto, per poter usufruire del…
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…