CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 gennaio 2018, n. 624
Tributi – Imposta di registro – Avviso di rettifica e cartella di pagamento – Notificazione – Notifica presso la sede della società a persona estranea qualficatasi impiegata – Legittimità
Fatti di causa
1. – La società “A. Costruzioni s.r.l.” impugnò dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, il sollecito di pagamento di cui in epigrafe e gli atti ad esso presupposti, costituiti dalla cartella di pagamento e dall’avviso di rettifica e di liquidazione di imposta di registro relativa all’anno 2007, assumendo l’illegittimità dell’atto di sollecito per non essere stati ad essa previamente notificati i detti atti presupposti.
2. – A conclusione dei giudizi di merito, la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna confermò la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso la società “A. Costruzioni s.r.l.” sulla base di quattro motivi.
Hanno resistito, con separati controricorsi, l’Agenzia delle Entrate e l’Agente per la riscossione “Equitalia Centro” s.p.a.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. – Vanno previamente esaminati il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, che sottopongono questioni di diritto logicamente pregiudiziali.
2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 145 cod. proc. civ. (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per avere il giudice di appello ritenuto la validità della notifica della cartella di pagamento presso la sede della società, nonostante che l’atto fosse stato consegnato a persona (tale S.M.C.) erroneamente ritenuta “impiegata”, essendo invece la stessa socia di altra società di capitali avente sede nello stesso stabile (come da dichiarazione scritta della consegnataria dell’atto).
Il motivo non è fondato.
La cartella risulta ritualmente notificata presso la sede della società nelle mani di S.M.C., qualificatasi come impiegata della stessa (come tale abilitata a ricevere la notifica).
Avendo la ricorrente lamentato soltanto la violazione dell’art. 145 cod. proc. civ., senza dolersi dell’omessa valutazione di prova decisiva offerta al fine di fornire la prova contraria circa la qualità della S. (cfr. Cass., Sez. 5, n. 21817 del 05/12/2012), la censura non può trovare accoglimento.
3. – Col terzo motivo, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di considerare che la notifica della cartella era comunque nulla, perché, essendo stato consegnato l’atto a persona diversa dal destinatario, il messo notificatore non ha provveduto a dare notizia dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata, come prescritto dall’art. 26 d.P.R. n. 602/1973.
La censura non può trovare accoglimento, sia perché sottopone una questione “nuova”, che non risulta essere stata proposta col ricorso originario né trattata nella sentenza impugnata, non avendo peraltro la ricorrente assolto l’onere di trascrivere il passaggio del ricorso originario e dell’appello ove la doglianza sarebbe stata dedotta.
Sul punto, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass., Sez. 2, n. 17049 del 20/08/2015).
4. – Col quarto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 145 cod. proc. civ. e 60 d.P.R. n. 600/1973, per avere la Commissione Tributaria di appello ritenuto valida la notificazione a mezzo posta dell’avviso di liquidazione dell’imposta, nonostante che tale notificazione fosse stata eseguita al di fuori del comune in cui la società aveva il proprio domicilio fiscale e non fosse stata effettuata a mani proprie del legale rappresentante. Anche questo motivo è inammissibile, per il fatto di sottoporre una questione nuova, non dedotta nel giudizio di appello, non avendo la ricorrente adempiuto all’onere richiamato nel precedente paragrafo.
5. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto che il sollecito di pagamento (nonostante fosse il primo atto ricevuto dalla società) non fosse impugnabile.
Anche questo motivo non può essere accolto.
Sebbene vada riconosciuto che il sollecito di pagamento costituisce un atto autonomamente impugnabile da parte del destinatario (cfr. Cass., Sez. U, n. 12244 del 27/05/2009; Sez. U, n. 23832 del 19/11/2007), in ciò dovendosi correggere la motivazione in diritto della sentenza impugnata, tuttavia la censura rimane assorbita nel mancato accoglimento degli altri motivi.
Invero, una volta che gli atti presupposti risultano essere stati validamente notificati ed essendo pacifico che essi non sono stati a suo tempo impugnati, la pretesa fiscale è ormai divenuta definitiva.
6. – Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
7. – Parte ricorrente è tenuta a versare – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) – un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per la proposizione dell’impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate in euro 5.000,00, oltre le spese prenotate a debito, e in favore di Equitalia Centro s.p.a. in euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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