CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2017, n. 748
Tributi – Contenzioso tributario – Definizione automatica – Doppie decisioni conformi nell’accoglimento parziale delle richieste del contribuente
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 703/01/13 depositata il 4 marzo 2013 la Commissione Tributaria Centrale sez. del Piemonte – dopo aver dato atto che con decisione n. 1357/00/1989 la Commissione Tributaria di II Grado di Torino aveva confermato quella della Commissione Tributaria di I Grado di Pinerolo del 3 gennaio 1987 che “accoglieva parzialmente il ricorso” promosso da P. S.r.l. contro l’avviso di rettifica del valore di taluni terreni ai fini INVIM straordinaria – dichiarava l’automatica definizione della controversia”.
La contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, a cui l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso – rubricato “Carenza di motivazione della decisione impugnata (art. 360, comma 1, n. 4)” – la contribuente denunciava la mancanza di motivazione dell’impugnata sentenza perché la stessa faceva “nessun riferimento relativo alla disciplina applicata”.
Il motivo è però infondato perché la CTC ha esaustivamente spiegato l’applicazione dell’istituto della <definizione automatica” – previsto dall’art. 3, comma 2 bis, d.l. 25 marzo 2010 n. 40 conv. con modif. in I. 22 maggio 2010 n. 73, autenticamente interpretato dall’art. 29, comma 16 decies, d.l. 29 dicembre 2011 n. 216 conv. con modif. in I. 24 febbraio 2012 n. 14 – con l’esistenza incontestata dei suoi presupposti costituiti dalla “presenza di due decisioni conformi nell’accoglimento parziale delle richieste del contribuente”. Non c’era difatti necessità di specificare le appena vedute disposizioni perché l’art. 118 att. c.p.c. non prescrive che debba farsi riferimento alla disciplina giuridica applicata, bastando soltanto che “dal complesso delle argomentazioni svolte dal giudice emergano gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della decisione”, siccome nella specie avvenuto (Cass. sez. VI n. 766 del 2013; Cass. sez. II n. 27890 del 2008).
2. Con il secondo motivo di ricorso – rubricato “Violazione dell’art. 3, comma 2 bis, lett. a) d.l. 25 marzo 2010 n. 40 (convertito in I. 22 maggio 2010 n. 73), come interpretato in via autentica dall’art. 29, comma 16 decies, d.l. 29 dicembre 2011 n. 216 (convertito con modificazioni in I. 24 febbraio 2012 n. 14) (art. 360, comma 1, n. 3)”
– la contribuente sosteneva che l’esatta interpretazione della denunciata normativa era nel senso che la “definizione automatica;” poteva pronunciarsi solo nel caso in cui fosse stato l’ufficio parzialmente soccombente a impugnare davanti alla CTC la sentenza e non come nella concreta fattispecie in cui era stata invece la contribuente a impugnare la sentenza parzialmente sfavorevole.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso – rubricato “<In via di subordine: l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, comma 16 decies, d.l. 216/2011 (convertito con modificazioni in I. 24 febbraio 2012 n. 14)” – la contribuente deduceva che avrebbe dovuto sollevarsi questione di legittimità costituzione nel caso non fosse stato possibile interpretare come sopra suggerito l’istituto della “definizione automatica” e ciò sia per lesione del diritto alla difesa e la perdita del diritto all’azione e sia per la mancanza di necessità e urgenza delle disposizioni di interpretazione autentica introdotte con d.l. n. 216 cit. e sia infine perché quest’ultimo era stato convertito assieme ad altre norme non omogenee in violazione dell’art. 77 Cost.
2.2. I motivi – che essendo tra di loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
In effetti deve innanzitutto condividersi la piana interpretazione letterale della disciplina della “definizione automatica” fatta propria da questa corte secondo cui i presupposti della stessa, contrariamente a quanto ritenuto dalla contribuente che invece introduce il requisito della impugnazione dell’ufficio non previsto dalla legge, sono unicamente la pendenza ultradecennale del giudizio e la soccombenza “anche solo parziale” dell’ufficio e oltreché la conformità delle decisioni di primo e secondo grado (Cass. sez. trib. n. 20773 del 2016; Cass. sez. trib. n. 16944 del 2015). In secondo luogo deve essere rilevata la manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionali sollevate dalla contribuente – sia perché l’istituto della “definizione automatica” sostanzialmente costruito sulla regola processuale della “doppia conforme” ora contemplata anche nel processo ordinario all’art. 348 ter c.p.c. non sottrae l’azione e nemmeno impedisce l’esercizio difensivo processuale e bensì limita soltanto i mezzi di impugnazione – e sia perché era necessario e urgente interpretare autenticamente in maniera ulteriormente dell’attiva l’istituto della “definizione automatica” in relazione alla assai prossima cessazione della CTC e sia perché l’interpretazione autentica in parola era del tutto omogenea rispetto alla norma interpretata.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, liquidate in € 7.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; dandosi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della contribuente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del ridetto art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n. 155 cit.
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