CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2017, n. 795
Infortunio – Mancata comunicazione – Violazione degli obblighi di correttezza e buona fede – Licenziamento per giustificato motivo soggettivo
Svolgimento del processo
Con sentenza del 4 marzo 2014, la Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Reggio Emilia, rigettava la domanda proposta da N.E.I.O. nei confronti di A. S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato al primo per l’assenza ingiustificata del 18.12.2007 e la mancata comunicazione dell’infortunio occorsogli il giorno prima e la condanna della Società datrice al regime sanzionatorio di cui all’art. 18. l. n. 300/1970 nella sua originaria formulazione oltre alla restituzione delle somme trattenutegli in esecuzione dei precedenti provvedimenti disciplinari di natura conservativa.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistente e di per sé idoneo ad integrare il notevole inadempimento, tenuto conto dell’essere stato il licenziamento intimato, non per giusta causa, ma per giustificato motivo soggettivo, l’aver l’odierno ricorrente, in violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nonché di specifiche prescrizioni contrattuali, falsamente dichiarato di aver dato, come era tenuto, tempestiva informazione dell’infortunio occorsogli al suo diretto responsabile.
Per la cassazione di tale decisione ricorre N.E.I.O. affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. e degli artt. 76 e 77 del CCNL per gli addetti alle piccole e medie industrie per la lavorazione dei laterizi e manufatti in cemento, lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla proporzionalità dell’irrogata sanzione espulsiva rispetto agli addebiti contestati.
Con il secondo motivo, rubricato con riferimento all’art. 7. legge n. 300/1970 ed ancora agli artt. 76 e 77 del CCNL di categoria, il medesimo giudizio di proporzionalità è censurato dal ricorrente per includere il riferimento a fatti non contestati dal datore di lavoro ed in particolare alla falsa dichiarazione circa l’intervenuta tempestiva comunicazione al suo diretto responsabile dell’infortunio occorsogli o a precedenti disciplinari sanzionati e non da ritenersi irrilevanti in difetto della contestazione della recidiva.
A riguardo, va preliminarmente osservato come l’impugnazione proposta in qualche modo prescinda dal contenuto della sentenza che ne è oggetto, eludendo il confronto con la ricostruzione che, della fattispecie concreta, la sentenza stessa fa propria, cogliendola nella sua dimensione evolutiva, per tararsi ed, in fondo, arroccarsi nella propria originaria prospettazione della fattispecie medesima, assunta nella sua staticità, ovvero fermata nel suo momento iniziale, così finendo per risultare, per così dire, “scentrata” rispetto alla finalità censoria cui era. viceversa, rivolta.
In effetti, alla pronunzia di legittimità dell’intimato recesso – fondata dalla Corte territoriale sulla considerazione di un atteggiamento subdolo e furbesco del lavoratore, che l’azienda datrice non aveva mancato di addebitare, nello sviluppo di una vicenda originata dalla contestazione al lavoratore medesimo di un’assenza dal lavoro per il giorno 18 dicembre 2007, poi da questi giustificata con una certificazione attestante un infortunio sul lavoro, con prognosi fino al 2 gennaio 2008, del cui verificarsi, peraltro, nessuno si era avveduto e del quale lo stesso lavoratore non aveva, come gli era imposto dal regolamento aziendale, dato comunicazione immediata al proprio responsabile, sottacendo poi, allorché ne era stato formalmente richiesto, in sede di successiva audizione a chiarimenti, tale omissione – il ricorrente oppone censure che risultano rapportate esclusivamente alla contestazione così come originariamente formulata, ovvero relativamente all’assenza dal lavoro di cui non aveva dato preventiva comunicazione e che risultava ingiustificata all’atto della redazione della contestazione medesima, rilevando la non ricorrenza dell’addebito relativo all’assenza ingiustificata ed, in ogni caso, l’essere l’irrogata sanzione espulsiva sproporzionata rispetto al regime sanzionatorio previsto per quell’addebito dalla contrattazione collettiva, anche a motivo dell’irrilevanza, ai fini della congruità del giudizio di proporzionalità, di fatti ulteriori, quali appunto l’atteggiamento reticente tenuto, in sede di richiesta di chiarimenti, relativamente alla mancata comunicazione al proprio responsabile dell’infortunio occorsogli, che assume essere estranei alla contestazione.
Ma, così formulate, le censure avanzate con i due motivi su cui si articola l’impugnazione, motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono qui essere trattati congiuntamente, devono ritenersi infondate, in quanto, appunto, non colgono nel segno.
Va in proposito considerato che il giudizio espresso dalla Corte territoriale supera la problematica dell’ingiustificatezza dell’assenza, non più rilevante a motivo della comunicata certificazione, per concentrarsi sulla condotta omissiva del ricorrente (il non avere egli riferito di non avere avvisato dell’infortunio il proprio responsabile), che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto per nulla estranea alla contestazione, dal momento che la lettera inviata al ricorrente il 19 dicembre 2007 ad integrazione/correzione dell’iniziale contestazione, seppure necessariamente formulata in forma interrogativa, non manca di chiedere conto, così facendone oggetto di specifica contestazione, di quella condotta omissiva, la cui rilevanza e gravità, ai fini della configurabilità nella specie di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, risulta poi avvalorata, come non ha mancato di rilevare la Corte territoriale, con argomentazione congrua sul piano logico e giuridico e, pertanto, insindacabile in questa sede, dal successivo contegno del lavoratore, il quale, con la lettera presentata alla Società, a riscontro dei chiarimenti richiestigli il 19 dicembre precedente, in data 24 gennaio 2008, al termine del periodo di convalescenza (protratto poi fino al 22 gennaio 2008 e trascorso interamente in Marocco, proprio paese di origine), dichiarava falsamente di aver dato tempestiva informazione dell’accaduto.
Il ricorso va dunque rigettato con compensazione tra le parti delle spese di lite in considerazione del contrastante esito dei giudizi di merito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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