CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 ottobre 2017, n. 24121
Tributi – Contenzioso tributario – Giudizio d’appello – Domanda nuova proposta per la prima volta in appello – Inammissibilità dell’appello
Esposizione dei fatti di causa
1. La società Sviluppo Immobiliare C. s.r.l. impugnava il provvedimento di diniego, opposto dal Comune di Peschiera Borromeo, del rimborso dell’Ici versata per gli anni 2002, 2003 e 2004 assumendo di aver erroneamente indicato come edificabili alcuni terreni che erano risultati essere agricoli. La commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la commissione tributaria regionale della Lombardia lo accoglieva sul rilievo che la contribuente stessa aveva dimostrato la sussistenza dell’errore e che non sussisteva l’eccepita preclusione al diritto al rimborso poiché essa era stata prevista solo a decorrere dal 2007.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso il Comune di Peschiera Borromeo affidato a cinque motivi illustrati con memoria. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso pure illustrato con memoria.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 53 e 57 del decreto legislativo numero 546/1992. Sostiene che con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la contribuente aveva affermato il diritto al rimborso dell’Ici versata in eccedenza sul presupposto che alcuni terreni agricoli di sua proprietà erano stati erroneamente compresi fra le aree edificabili fin dalla dichiarazione lei dell’anno 1993. La commissione tributaria provinciale di Milano aveva respinto il ricorso richiamando altra sentenza della stessa commissione tributaria provinciale che aveva respinto i ricorsi contro gli avvisi di accertamento lei per gli anni 2002, 2003 e 2004 emessi sul presupposto della mancata corresponsione dell’imposta per gli stessi ” terreni agricoli. Nel proporre appello la contribuente aveva effettuato una mutatio libelli esponendo che l’imposta versata in relazione ai terreni edificabili era eccessiva in considerazione delle caratteristiche urbanistiche dei terreni stessi. In relazione a tale mutatio libelli la CTR avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello proposto.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 2909 cod. civ.. Sostiene che la CTR non ha tenuto conto del giudicato esterno formatosi tra le stesse parti relativamente alla omessa corresponsione dell’Ici dovuta per i terreni agricoli per cui è causa.
5. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 112 cod. proc. civ. in quanto la CTR ha omesso di analizzare le questioni proposte dal Comune nell’atto di costituzione nel giudizio di primo grado laddove l’ente territoriale aveva addotto argomenti a sostegno del fatto che la contribuente non aveva corrisposto alcuna imposta per i terreni agricoli.
6. Con il quarto motivo deduce difetto di motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., e nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., derivante da omessa pronuncia. Sostiene che la sentenza impugnata è nulla in quanto difetta della compiuta esposizione dello svolgimento del processo, dell’esposizione delle questioni controverse e dei motivi in fatto e in diritto della decisione.
7. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 4, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 15 del regolamento comunale lei e del decreto legislativo numero 446/97, articolo 59, comma 1, lettera f. Sostiene che la CTR ha applicato falsamente l’articolo 15 del regolamento comunale citato in quanto esso, emanato nel 2007 dal Comune di Peschiera Borromeo, prevedeva che, qualora il contribuente per le aree fabbricabili avesse effettuato il versamento della corrispondente imposta in misura superiore a quella derivante dal valore venale in comune commercio, non avrebbe avuto diritto al rimborso dell’eccedenza d’imposta versata. Deduce che la norma non era applicabile nel caso di specie, posto che il rimborso non spettava a causa della infondatezza delle ragioni addotte dalla contribuente.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Occorre premettere che la corte di legittimità ha più volte precisato che si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta (Cass n. 12621 del 20/07/2012; Cass. n. 17457 del 27/07/2009). Ed è stato precisato che il processo tributario, in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità dell’atto impositivo, è strutturato come un giudizio d’impugnazione del provvedimento, in cui l’oggetto del dibattito è circoscritto alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed entro i limiti delle contestazioni sollevate dal contribuente. Pertanto, si ha domanda nuova per modificazione della causa petendi, inammissibile in appello, quando i nuovi elementi dedotti dinanzi al giudice di secondo grado comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado, e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass. n. 2201 del 16/02/2012; Cass. n. 10779 del 11/05/2007; Cass. n. 22010 del 13/10/2006 ). Nel caso che occupa la contribuente ha posto a fondamento della domanda dedotta nel giudizio di primo grado la circostanza di aver pagato l’imposta lci relativamente ai terreni agricoli in eccedenza per averli originariamente dichiarati per errore come terreni edifica bili. Nel giudizio di appello ha formulato una domanda affatto diversa in quanto, dopo aver prestato acquiescenza alla statuizione contenuta nella sentenza di primo grado relativamente al fatto che l’Ici per i terreni agricoli non era stata versata, ha affermato che il rimborso dell’imposta le spettava ugualmente in quanto essa era stata versata in eccedenza, ancorché avuto riguardo ai soli terreni edificabili già classificati AP standard e divenuti poi zone ” bianche”. Trattasi di domanda nuova in quanto fondata su situazioni giuridiche non prospettate nel giudizio di primo grado, ove la dedotta eccedenza di imposta era basata sul fatto che i terreni agricoli erano stati per errore dichiarati come edificabili.
Irrilevante è, poi, sotto il profilo del rilievo dell’inammissibilità della domanda nuova proposta per la prima volta in appello, il fatto che il Comune sia rimasto contumace nel giudizio di secondo grado, posto che ove una domanda non sia stata proposta in primo grado nei termini perentori previsti dalla legge, essa deve essere dichiarata inammissibile d’ufficio, giusta l’art. 57 del d. Ivo 546/1992.
2. Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.
3. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione del dispiegarsi delle vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere al Comune di Pechiera Borromeo le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 7.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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