CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 ottobre 2017, n. 24208
Art. 18, 5° comma, della legge n.300 del 1970 – Diritto di opzione – lndennità sostitutiva della reintegra
Svolgimento del processo
Con sentenza emessa il 14.12.2012 il Tribunale di Nocera Inferiore, in accoglimento della domanda formulata da D’A. M. nei confronti della Fondazione “P. S.” Onlus, volta al conseguimento dell’indennità di cui all’art. 18, 5° comma, della legge n.300 del 1970, a seguito dell’esercizio di opzione esercitato il 28.2.2009, condannava la convenuta al pagamento, in favore del ricorrente, sia della somma di €.38.239,90, corrispondente alla detta indennità, sia della somma di €.76.465,80 e di quelle successive maturande sino all’effettivo pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegra, oltre agli accessori di legge.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Fondazione, sostenendo di aver eseguito correttamente il pagamento dell’indennità sostitutiva mediante assegno circolare non trasferibile intestato al lavoratore e che l’obbligazione pecuniaria su di essa gravante doveva comunque ritenersi limitata al pagamento delle 15 mensilità di cui all’art. 18, comma 5, L. n. 300/70, non potendo viceversa estendersi al periodo successivo a quello in cui era stato esercitato il diritto di opzione.
Con sentenza depositata il 24.2.15, la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la Fondazione al pagamento della sola somma corrispondente all’indennità sostitutiva della reintegra, con gli accessori di legge.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il D’A., affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste la Fondazione con controricorso.
Motivi della decisione
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la sentenza impugnata escluso il diritto del D’A. alle retribuzioni dovute successivamente all’esercizio del diritto di opzione, accertato dal Tribunale, senza che sul punto vi fosse stata alcuna censura ad opera della datrice di lavoro in appello.
Il motivo è infondato.
Lo stesso ricorrente, nel riportare in sintesi i motivi di gravame proposti dalla Fondazione espone che, con il settimo motivo (pagg.30- 31), essa aveva censurato la sentenza per aver condannato la resistente al pagamento “sia della somma di €. 38.239,90, sia della somma di €. 76.465,80, sia delle somme successive maturande sino all’effettivo pagamento della indennità sostitutiva della reintegra”; che l’adempimento effettuato dalla Fondazione aveva effetto liberatorio per cui il rapporto doveva ritenersi risolto dalla data in cui la Fondazione aveva effettuato l’adempimento secondo le modalità convenute (pag. 12 attuale ricorso).
Prescindendo dalla questione del pagamento attraverso assegno circolare di cui più non si discute, ritiene dunque la Corte perfettamente condivisibile l’affermazione contenuta a pag. 6 della sentenza impugnata (e riportata nello storico di lite) secondo cui la Fondazione lamentava dinanzi al giudice di appello “che l’obbligazione su di lei gravante doveva ritenersi circoscritta al pagamento delle 15 mensilità di cui all’art. 18, comma 5, L. n. 300/70, non potendo viceversa estendersi al periodo successivo a quello in cui era stato esercitato il diritto di opzione” (cfr. pag. 12 del presente ricorso).
La sentenza impugnata non risulta dunque aver violato l’art. 112 c.p.c. invocato dal lavoratore, confermando peraltro, sul piano sostanziale e nei limiti delle allegazioni delle parti, il noto principio di diritto statuito in materia da Cass. sez.un. n. 18353/14.
2. – Con secondo, subordinato, motivo il D’A. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, riguardante la circostanza che con nessuno dei motivi di appello controparte aveva censurato la statuizione del Tribunale sotto il profilo che l’esercizio del diritto di opzione comportava di per sé l’estinzione del rapporto di lavoro.
Il motivo è inammissibile per censurare quale vizio motivo un altro dedotto vizio di extrapetizione.
In ogni caso deve ribadirsi quanto sopra detto, e cioè che secondo lo stesso ricorrente, la datrice di lavoro si era doluta in appello che con l’adempimento dell’obbligazione inerente l’indennità sostitutiva della reintegra, “il rapporto doveva ritenersi risolto da tale data”, quella cioè in cui la Fondazione aveva effettuato l’adempimento (pag. 12 odierno ricorso).
3. – Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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