CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 dicembre 2017, n. 30087
Ricorso in Cassazione inammissibile – Questione giuridica che implica un accertamento di fatto – Necessaria allegazione dell’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito – Indicazione dello scritto difensivo o atto del giudizio
Rilevato che
1. con sentenza in data 10 luglio 2012 la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato il ricorso, ha accolto la domanda proposta da T.L. nei confronti della Regione Calabria ed ha condannato l’ente appellato al pagamento della somma di € 131.586,21 dovuta a titolo di incentivo di progettazione ex art. 18 della legge n. 109 del 1994;
2. la Corte territoriale ha rilevato che aveva errato il Tribunale nel ritenere non realizzata la condizione richiesta dall’art. 9 della delibera di Giunta Regionale n. 379 del 2004, perché i decreti di liquidazione formati dal dirigente del dipartimento lavori pubblici attestavano l’avvenuto svolgimento delle attività, non contestato dalla Regione, rimasta contumace in entrambi i gradi del giudizio;
3. avverso tale sentenza la Regione Calabria ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, al quale ha opposto difese T.L..
Considerato che
1. Il ricorso denuncia con un unico motivo « erroneità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto – per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.» perché la Corte territoriale non avrebbe considerato il disposto dell’art. 7, comma 4. d.p.r. n. 554 del 1999, con il quale è stato previsto che il responsabile del procedimento non può assumere anche le funzioni di progettista e di direttore dei lavori in caso di interventi di importo superiore a € 500.000;
1.1. sostiene, inoltre, la ricorrente che il giudice di appello avrebbe errato nel richiamare il regolamento adottato con la delibera di Giunta n. 379 del 15.6.2004 perché la stessa aveva fatto salvi gli effetti degli atti già adottati in forza della delibera n. 35 del 28.1.2000, alla luce della quale doveva essere esaminata la fondatezza della domanda proposta dal L., in quanto i decreti di liquidazione erano stati emessi in data 29.12.2003 sulla base di impegni di spesa del 16.12.2003;
2. le censure non sono scrutinabili nel merito perché inammissibili per plurime ragioni concorrenti;
2.1. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza, il ricorrente che proponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. fra le più recenti Cass. 22.4.2016 n. 8206 e Cass. 11.4.2016 n. 7048);
2.2. il principio rileva nella fattispecie perché la asserita applicabilità dell’art. 7, comma 4, del d.p.r. n. 554 del 1999 presuppone un accertamento di fatto sulle funzioni svolte dal L., sicché il motivo finisce per prospettare una questione che non è di puro diritto;
2.3. la censura, inoltre, è formulata senza il necessario rispetto dell’onere di specificazione di cui all’art. 366 nn. 3 e 6 cod. proc. civ. perché il ricorrente fonda i motivi di doglianza su atti deliberativi dei quali non trascrive nel ricorso il contenuto e non precisa se gli stessi siano stati prodotti (da chi e con quali modalità) nel giudizio di merito;
3. alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
3.1. non sussistono ratione temporis le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.
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