CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 luglio 2017, n. 17463
Tributi – IRAP – Professionisti – Accertamento – Beni strumentali – Autonoma organizzazione
Fatti di causa
1. M.R., avvocato, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza del 20 novembre 2012 con la quale la C.T.R. della Lombardia, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento relativo ad IRAP per l’anno di imposta 2005.
Il giudice di appello ha rilevato che la contribuente si era avvalsa della collaborazione di una collega nell’espletamento dell’attività professionale e che aveva utilizzato beni strumentali ammortizzabili per € 6.144,00 ed altri beni ammortizzati per € 915,00.
2. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
3. La ricorrente ha depositato memoria e successiva nota di deposito di documenti.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/96 e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.
3. Con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 n. 5 c.p.c.
Con i tre mezzi di impugnazione la ricorrente, in riferimento ai diversi parametri normativi indicati, si duole del fatto che la C.T.R. aveva del tutto obliterato la circostanza, mai contestata dall’Agenzia delle Entrate, che la contribuente, nel marzo 2004, era diventata madre di un bambino; di conseguenza, in via del tutto eccezionale e per un limitato periodo di tempo, si era avvalsa della collaborazione esterna e saltuaria di un giovane avvocato per pratiche specifiche, adempimenti di cancelleria e attività di ricerca, corrispondendo, solo in alcuni mesi del 2005, la modesta somma complessiva di € 3.600,00. Il giudice di appello, pertanto, aveva erroneamente ritenuto la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, senza considerare che la collaborazione professionale di cui la contribuente si era avvalsa, stante l’eccezionalità della situazione, presentava i caratteri della occasionalità.
4. Con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la C.T.R. omesso di considerare che tra le parti, a seguito della sentenza della C.T.P. di Milano n. 22/42/12, passata in giudicato, era stato accertato che non era dovuta l’IRAP per il periodo d’imposta 2006, in presenza di un ammontare di beni ammortizzabili sostanzialmente coincidente con quelli valutati in relazione al periodo d’imposta 2005.
5. I motivi di ricorso, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente.
6. Giova premettere che l’art. 2 del d.lgs. n. 446/97 prevede quale presupposto per l’applicazione dell’IRAP «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi». La Corte costituzionale, con sentenza n. 156 del 2001, ha ritenuto legittima l’imposta in quanto non colpisce il lavoro autonomo in sé, ma la capacità produttiva che deriva dalla «autonoma organizzazione», non coincidente con l’autorganizzazione ma intesa come elemento impersonale ed aggiuntivo rispetto all’apporto del professionista. Alla luce della pronuncia della Consulta, nella giurisprudenza di questa Corte si è consolidato il principio (da ultimo ribadito da Cass., sez. un., 10-05-2016, n. 9451) secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. La nozione di autonoma organizzazione si definisce, secondo l’orientamento giurisprudenziale in materia, come «contesto organizzativo esterno», diverso ed ulteriore rispetto al mero ausilio dell’attività personale e costitutivo di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista.
7. Ciò posto, va osservato, con specifico riferimento al quarto motivo di ricorso, come non possa assumere effetto vincolante nel presente giudizio il giudicato formatosi tra le medesime parti in relazione ad altro anno d’imposta, posto che tale effetto è limitato ai soli casi concernenti fatti aventi, per legge, efficacia permanente o pluriennale, di guisa che l’efficacia espansiva del giudicato deve essere esclusa per fattispecie coinvolgenti qualificazioni giuridiche che possono variare di anno in anno (in termini, Cass. n. 4832/2015). Va dunque esclusa l’efficacia esterna del giudicato di annullamento in materia di IRAP in una controversia relativa al medesimo tributo, ma per diversa annualità, attesa la potenziale variabilità, da anno in anno, degli elementi su cui si fonda la valutazione dell’autonoma organizzazione del professionista che costituisce il presupposto impositivo dell’IRAP.
8. Tanto precisato, ritiene il Collegio che il ricorso debba essere accolto.
Il giudice di appello, in relazione alla rilevanza del fattore lavoro ai fini della configurabilità del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, ha osservato che la contribuente si era avvalsa della collaborazione di una collega nell’espletamento dell’attività professionale, come dimostrato dalle fatture prodotte a deduzione dei costi, dalle quali emergeva l’indicazione delle pratiche espletate dalla collaboratrice.
Nelle argomentazioni svolte dalla C.T.R. manca qualsivoglia riferimento al fatto storico che la contribuente, nel marzo 2004, aveva avuto un figlio, con conseguente necessità per la madre di accudire il bambino, in particolare nel primo periodo di vita.
Posto che, nella fattispecie, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 20 novembre 2012, trova applicazione la nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, ritiene la Corte che la circostanza relativa alla nascita del figlio ed alle ricadute di tale situazione sull’attività lavorativa della ricorrente, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, assuma il carattere della decisività, posto che la stessa, se fosse stata considerata dalla C.T.R., avrebbe potuto portare ad una decisione diversa. Tale circostanza, difatti, incide sulla individuazione della natura e finalità dell’attività svolta dalla collaboratrice della contribuente, ai fini del giudizio circa la occasionalità o meno della stessa, in quanto la prestazione professionale del terzo potrebbe essere stata svolta per far fronte ad una situazione eccezionale, circoscritta ad un periodo di tempo limitato e legata all’impegno richiesto nella prima fase di vita del bambino.
9. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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