CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 dicembre 2017, n. 30235
Cessione di ramo di azienda – Collocamento in quiescenza – Trattamento pensionistico integrativo – Contratto collettivo aziendale della azienda di provenienza – Non sussiste – Applicazione del contratto collettivo dell’azienda cedente laddove la cessionaria non applichi alcun contratto
Fatti di causa
La questione controversa, per quanto ora di interesse, ha per oggetto il diritto di E.S., già funzionario dipendente della banca Credito Commerciale (C.C), transitato per cessione di ramo di azienda alla Banca Monte dei Paschi di Siena nel 1994 e collocato in quiescenza dal primo maggio 2004, ad ottenere – per il periodo di lavoro precedente – il trattamento pensionistico integrativo previsto dal contratto collettivo aziendale della stessa banca di provenienza, stipulato il 24.07.90.
Monte dei Paschi di Siena s.p.a ( M.P.S.) resiste alla domanda sulla base della considerazione che all’istante era stato liquidato quanto previsto dall’accordo stipulato dalla stessa banca con le OO.SS. il 21.04.94, con cui, nelle more di un futuro riesame del regime del trattamento previdenziale del personale proveniente da Credito Commerciale, era stato previsto che al medesimo personale, all’atto del pensionamento, venisse riconosciuto un importo annuo di lire 3.500.000 (€ 1.845) in luogo del trattamento integrativo maturato presso l’istituto di provenienza.
Rigettata la domanda e proposto appello dall’ex dipendente, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 24.11.11, ha accolto l’impugnazione ed ha dichiarato il diritto dell’istante al chiesto trattamento integrativo sul presupposto che l’accordo del 21.04.94 (qualificato “ipotesi di accordo”, ma da ritenere accordo definitivo) non riguardasse il S. che, lasciato il servizio nel 2004, rientrava nella regolamentazione della previdenza integrativa adottata da Monte dei Paschi di Siena s.p.a. con l’accordo aziendale del 24.07.97, che garantiva ai partecipanti al Fondo aziendale di avere un trattamento complessivo non inferiore a quello garantito dai provvedimenti aziendali adottati al riguardo. L’accordo del 21.04.94 non sostituiva, pertanto, l’accordo del 24.07.90 vigente al momento del trasferimento di azienda e tuttora applicabile al momento del pensionamento del S..
Propone ricorso per cassazione M.P.S con unico articolato motivo cui resiste E.S. proponendo anche ricorso incidentale condizionato fondato su quattro motivi cui resiste Monte dei Paschi di Siena con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico, articolato, motivo del ricorso principale, Monte dei Paschi di Siena s.p.a. denuncia la violazione degli artt. 2112 cod. civ., 47 della legge n. 428/1990, 10 e 12 delle disp. prel. cod.civ., 1362, 1372 e 2074 cod. civ., unitamente a vizio di motivazione su punto decisivo della controversia. In particolare, secondo la ricorrente, la sentenza impugnata, pur riconoscendo carattere definitivo all’accordo del 21 aprile 1994, aveva contraddittoriamente ritenuto che lo stesso non dovesse applicarsi alla fattispecie concreta posto che, al momento del collocamento in quiescenza di E. S. (1.5.2004), la disposizione che fissava nell’importo annuo di lire 3.500.000 il trattamento integrativo aziendale dovuto al personale già alle dipendenze di Credito Commerciale era stata superata dal successivo accordo del 24 luglio 1997, relativo al personale di M.P.S. s.p.a.
La Corte territoriale avrebbe errato nel non attribuire rilevanza alla circostanza che l’accordo del 21 aprile 1994 si apriva con l’affermazione che al personale direttivo transitante da Credito Commerciale s.p.a. a Monte dei Paschi di Siena s.p.a. sarebbe stata garantita l’applicazione del trattamento contrattuale ed aziendale della seconda e che tale previsione era stata portata a conoscenza del dipendente con lettera personale, con ciò escludendosi ogni ultrattività del contratto integrativo aziendale applicato da Credito Commerciale s.p.a.
2. Con il ricorso incidentale condizionato, E. S. denuncia: l’inefficacia dell’ipotesi di accordo 21.04.94 per violazione delle regole dell’art. 47, c. 1, I. 428/90, in quanto l’organizzazione sindacale stipulante non era rappresentativa dei dipendenti di C.C; che la propria adesione all’ipotesi di accordo 21.04.94 non avrebbe potuto far venire meno i benefici della precedente norma collettiva più favorevole; che il 21.04.94 fu stipulata solo una ipotesi di accordo in quanto la prova per testi portava ad escludere che fosse mai stata tenuta un’assemblea di ratifica; che la prova per testi offerta al riguardo da M.P.S era inammissibile ex art. 2702, comma 1.
3. Il ricorso principale è infondato. La questione ha per oggetto l’accertamento del diritto di E. S. ad ottenere l’erogazione del trattamento pensionistico integrativo, relativo al periodo di lavoro intercorso con la banca del Credito Commerciale, nella misura prevista dal contratto collettivo integrativo per il personale direttivo in vigore alla data del trasferimento.
4. Il dibattito tra le parti si è articolato sulla base del presupposto, indiscusso, che la fattispecie sia regolata dalle previsioni dell’art. 2112 terzo comma cod. civ. in coerenza con il presupposto incontestato che la prestazione previdenziale rivendicata sia stata istituita e disciplinata da fonte contrattuale collettiva aziendale, come tale, parte integrante della regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti ed attratta all’interno dell’ambito normativo del citato articolo 2112 terzo comma cod. civ.
6. Il principio cui si ispira la norma in esame è quello secondo il quale ai lavoratori che passano alle dipendenze dell’impresa cessionaria si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l’azienda cedente solamente nel caso in cui l’impresa cessionaria non applichi alcun contratto collettivo, mentre, in caso contrario, la contrattazione collettiva dell’impresa cedente è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell’impresa cessionaria anche se più sfavorevole, la cui incidenza non è preclusa rispetto a coloro che non abbiano ancora maturato i requisiti per l’attribuzione di un diritto previsti dalle precedenti disposizioni collettive. (Cass. 19303/2015; 10614/2011; 5882/2010).
7. La Corte territoriale, nel caso di specie, ha proceduto alla ricognizione dei contenuti della contrattazione collettiva aziendale in materia di previdenza complementare successiva alla cessione d’azienda. Così, aderendo alla tesi di M.P.S., ha riconosciuto come definitivo l’accordo integrativo (definito “Ipotesi di accordo”), intercorso con le organizzazioni sindacali in data 21 aprile 1994, ma lo ha ritenuto transitorio e quindi non applicabile alla fattispecie in esame giacché il pensionamento del S. era avvenuto nel maggio 2004 e, quindi, trovava applicazione il successivo accordo intercorso tra M.P.S. e le OO.SS. del 24 luglio 1997, adottato alla luce delle novità introdotte in materia dal d.lgs.124/1993.
8. L’operazione interpretativa ha condotto la Corte territoriale ad attribuire valore risolutivo della questione alla volontà delle parti stipulanti, relativa al personale della Banca per il quale sia previsto da provvedimenti aziendali il permanere di specifiche guarentigie connesse a peculiarità del sistema previdenziale di provenienza, di < stabilire una formula che garantisca ai partecipanti al Fondo di avere comunque un trattamento complessivo non inferiore all’importo garantito nei singoli casi dai provvedimenti suddetti e maggiorato dell’indice ISTAT nel frattempo maturato>.
9. Infatti, dal tenore letterale complessivo sia dell’accordo del 21 aprile 1994 che di quello del 24 luglio 1997, secondo la sentenza impugnata, si trae chiaramente il riconoscimento del diritto del S. a mantenere le modalità di calcolo del trattamento pensionistico complementare proprie dell’accordo vigente presso Credito Commerciale al momento del trasferimento.
10. La motivazione, dunque, nella sostanza poggia sulla consapevolezza dell’operatività del principio dell’immediata sostituzione della contrattazione collettiva applicata dal cessionario a quella applicata presso l’impresa cedente, come previsto dal terzo comma dell’art. 2112 cod.civ. nella formulazione applicabile ratione temporis.
Proprio all’interno di tale ambito normativo, la sentenza impugnata ha collocato la propria interpretazione dell’accordo del 21 aprile 1994, assegnando allo stesso un testuale carattere transitorio che lo rende inapplicabile alla fattispecie in esame e, quindi, solo in parte idoneo a costituire un accordo integrativo immediatamente sostitutivo dell’accordo del 24.7.1990 vigente presso Credito Commerciale al momento della cessione. Tale punto non risulta adeguatamente e specificamente attinto dal motivo di ricorso sotto il profilo del vizio motivazionale, posto che la ricorrente non indica quale sia il punto essenziale e decisivo per la decisione della controversia che sarebbe stato omesso o trascurato e si limita ad indicare una insussistente contraddizione tra tale contenuto e l’affermazione- del tutto generica- posta in apertura nel testo dell’accordo del 21 aprile 1994 relativa alla estensione al personale proveniente da Credito Commerciale della normativa contrattuale applicata presso M.P.S. .
11. Contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, dunque, la sentenza impugnata non attribuisce ultrattività all’accordo stipulato presso il Credito Commerciale il 24 aprile 1990, certamente superato all’atto della cessione alla contrattazione aziendale adottata da M.P.S., ma sulla piena applicazione dell’accordo sindacale del 24 luglio 1997, disciplinante il sistema di previdenza complementare per i dipendenti di M.P.S., a cui S. aveva aderito partecipando al relativo Fondo dal 18.11.1997.
12. In definitiva, il ricorso va respinto ed il ricorso incidentale condizionato resta assorbito da tale pronuncia. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3000,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.
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