CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 gennaio 2018, n. 752
Funzioni dirigenziali – Differenze retributive – Inps
Fatti di causa
1. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva respinto il ricorso, ha accolto la domanda proposta da S. B. nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ed ha condannato l’ente al pagamento della complessiva somma di € 121.473,84 a titolo di differenze retributive maturate per l’ininterrotto svolgimento di funzioni dirigenziali dal 1° luglio 1998 al gennaio 2002 e dal 1° luglio al 31 dicembre 2003.
2. La Corte territoriale ha evidenziato che sino al gennaio 2002 l’appellante, ispettore generale, era stato assegnato, a seguito del collocamento a riposo della dirigente A. G., alla direzione dell’Ufficio Fondi Speciali Previdenza Marinara, Trasporti e Volo che costituiva un ufficio di valenza dirigenziale sulla base della organizzazione che l’Istituto si era dato sino all’ adozione delle delibere n. 799 e 1127 del 1998, con le quali era stato approvato un nuovo assetto organizzativo. Dette delibere, peraltro, avevano carattere meramente programmatico e richiedevano per la loro attuazione ulteriori adempimenti, sicché la modifica organizzativa era divenuta operativa solo a partire dal gennaio 2002.
3. Il giudice di appello ha poi rilevato che pacificamente erano state svolte mansioni dirigenziali dal luglio al dicembre 2003, perché in detto arco temporale S. B. aveva sostituito la dirigente dell’Area Trattamenti Fondi Speciali, assente per maternità e la sostituzione aveva comportato anche l’assunzione della responsabilità dirigenziale.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi, ai quali S. B. ha resistito con tempestivo controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc.civ..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo l’Istituto denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 414 nn.4 e 5 e 415 cod. proc. civ. e rileva che aveva errato la Corte territoriale nell’affermare che doveva ritenersi pacifica la natura dirigenziale delle mansioni svolte dal B.. La circostanza, in realtà, era stata espressamente contestata nel corso del giudizio di primo grado in quanto l’amministrazione oltre ad invocare ¡I nuovo assetto organizzativo dell’ente in relazione al periodo luglio 1998/gennaio 2002, aveva anche dedotto che da nessun ordine di servizio o atto dell’istituto si poteva desumere l’assunzione della responsabilità dell’Area Trattamenti Fondi Speciali nell’arco temporale compreso fra il Io luglio e il 31 dicembre 2003. Richiama la motivazione della sentenza del Tribunale, che aveva rigettato la domanda, perché la documentazione prodotta non era sufficiente a dimostrare lo svolgimento di mansioni dirigenziali né lo erano le circostanze dedotte nei capitoli di prova, inammissibili perché generici e valutativi. Aggiunge che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare le mansioni svolte in concreto e valutarle alla luce dell’ordinamento dei servizi adottato dapprima con la deliberazione n. 770/1989 e successivamente con la delibera n. 799/1998, considerando, inoltre, che agli ispettori generali possono essere conferiti incarichi di preposizione a unità operative nonché funzioni vicarie e di reggenza dei medesimi uffici.
1.2. La seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita alla sentenza impugnata la violazione di plurime disposizioni contenute nei decreti legislativi nn. 29/1993, 80/1998, 165/2001 in relazione al nuovo assetto della dirigenza voluto dal legislatore dopo la contrattualizzazione dell’impiego pubblico. Il ricorrente richiama giurisprudenza di questa Corte per sostenere che, contrariamente a quanto asserito dal giudice di appello, le determinazioni organizzative adottate dall’Inps nel luglio 1998 avevano valenza immediata e pertanto, quanto alla individuazione degli uffici dirigenziali, significativamente ridotti rispetto al passato, occorreva fare riferimento al nuovo modello.
2. I motivi, che per la loro stretta connessione logico-giuridica possono essere unitariamente esaminati, sono fondati.
Premesso che si è formato giudicato sul capo della decisione che ha escluso la giurisdizione del giudice ordinario per il periodo antecedente al Io luglio 1998, va rilevato che il ricorso, nella parte in cui contesta l’asserito svolgimento di mansioni dirigenziali sino al gennaio 2002, prospetta tematiche giuridiche già affrontate e risolte da questa Corte con plurime pronunce, alle quali il Collegio intende dare continuità (cfr. ex plurimis: Cass. 11 settembre 2007, n. 19025; Cass. 9 settembre 2008, n. 22890; Cass. 23 luglio 2010, n. 17367; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4757; Cass., ord. 712/2012; Cass. 29 settembre 2014 n. 20466; Cass. 14 luglio 2015 n. 14719; Cass. 28 agosto 2015 n. 17290; Cass. 9 settembre 2015 n. 17841; Cass. 20 novembre 2015 n. 23794; Cass. 25 novembre 2015 n. 24062; Cass. 24 gennaio 2017 n. 1757; Cass. 2 febbraio 2017 n. 2820; Cass. 23 maggio 2017 n. 12898).
In particolare è stato osservato che:
a) in base al d.lgs. n. 80 del 1998, art. 17 poi trasfuso nel d.lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, gli enti pubblici non economici nazionali devono adeguare i propri ordinamenti a quelli stabiliti nel decreto legislativo, adottando appositi regolamenti di organizzazione, obbligo al quale l’INPS ha adempiuto con la deliberazione n. 799 del 1998;
b) nell’art. 16 sono state ridisegnate le funzioni dirigenziali, e, diversamente da altre disposizioni di carattere organizzativo, per l’efficacia di quelle attinenti alla dirigenza non è stato previsto alcun differimento sino all’integrale realizzazione del nuovo modello organizzativo;
c) dal rilievo secondo cui il differimento costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitate senza quel modello, non può trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il modello precedente mantenessero il loro carattere dirigenziale;
d) una simile conclusione da un lato non considera che una siffatta classificazione avrebbe in definitiva comportato la reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con le norme recate dal d.lgs. n. 80 del 1998 (poi consolidate con il d.lgs. n. 165 del 2001) e, dall’altro lato, non tiene conto dei profili valutativi (e peraltro indirettamente regolativi) delle norme di cui alla citata delibera;
e) le suddette fonti normative, nonché il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore 1998/2001 – sottoscritto nel febbraio 1999 ma riguardante, per volontà delle parti (art. 2, comma 1, del C.C.N.L. stesso), il periodo dal 1° gennaio 1998, portano a concludere che le medesime mansioni che nel precedente regime pubblicistico venivano considerate dirigenziali possono essere diversamente qualificate nel regime privatistico del pubblico impiego, in considerazione del diverso contenuto e rilievo che ad esse è stato attribuito in tale ultimo regime.
2.1. A detti principi di diritto non si è attenuta la Corte territoriale che ha accolto la domanda proposta da S. B. sull’erroneo presupposto del differimento al gennaio 2002 degli effetti della modifica organizzativa attuata con le delibere n. 799 e 1127 del 1998.
3. Quanto al periodo 1° luglio/31 dicembre 2003, in relazione al quale l’Istituto ha egualmente contestato l’asserito svolgimento delle mansioni dirigenziali ( di ciò dà atto la sentenza gravata nella quale si evidenzia che l’INPS «dubita della natura dirigenziale delle mansioni in concreto svolte»), va detto che, in assenza di un atto formale di preposizione all’ufficio momentaneamente sprovvisto di titolare, affinché si possa configurare esercizio di fatto delle mansioni dirigenziali è necessario che le stesse vengano svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni (Cass. 11.6.2009 n. 13597; Cass. 12.4.2006 n. 8529; Cass. 27.4.2007 n. 10027).
L’accertamento deve essere condotto nel rispetto del cosiddetto procedimento trifasico, la cui omissione integra violazione di legge ( Cass. 12.5.2006 n. 11037), e, quindi, il giudice del merito è tenuto: ad accertare le attività svolte in concreto; ad individuare la professionalità caratterizzante le qualifiche rilevanti (quella posseduta e quella della quale si domanda il riconoscimento o, nell’impiego pubblico contrattualizzato, il corrispondente trattamento retributivo); a porre a raffronto i risultati delle due indagini.
Nel caso di specie la Corte territoriale, dopo avere affermato che l’ufficio diretto dalla Santoro, assente per maternità, aveva sicuramente valenza dirigenziale, ha valorizzato la sola sottoscrizione dei prospetti relativi alla distribuzione del lavoro straordinario, omettendo di individuare quali fossero le competenze riservate al dirigente ( in relazione alle quali rileva l’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001) e quali quelle attribuite all’ispettore generale che, per espressa volontà del legislatore recepita e fatta propria dalle parti collettive (L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 15, richiamato dal d.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3, in cui è confluito il d.lgs. n. 29 del 1993, art. 25, e art. 13 del CCNL per il comparto enti pubblici non economici 1998/2001) svolge «funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza delegati dal dirigente».
In altri termini il giudice del merito non ha svolto l’accertamento nel rispetto delle fasi di cui sopra si è detto sicché il giudizio espresso in merito alla piena assunzione della responsabilità dirigenziale non risulta ancorato a parametri oggettivi di riferimento, non avendo la Corte territoriale previamente individuato quali fossero i compiti riservati al dirigente titolare.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati e provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie entrambi i motivi di ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.
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