CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 maggio 2017, n. 11987
Professionista – Illeciti disciplinari – Sanzione – Radiazione – Sospensione del procedimento disciplinare – Presupposti
Ritenuto in fatto
Nei confronti dell’avvocato L. M. il COA di Verona iniziava procedimento disciplinare per numerosi illeciti; all’esito riteneva provati alcuni illeciti (appropriazione di somme appartenenti a persona della quale il professionista era amministratore di sostegno; mancato adempimento del mandato di svolgere alcune procedure giudiziarie e falsa affermazione dell’avvenuto svolgimento delle medesime attività) e irrogava la sanzione della radiazione.
L’avvocato M. proponeva ricorso al CNF, che lo accoglieva, irrogando la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per tre anni.
Il COA di Verona ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso l’avvocato M. il quale ha, altresì, proposto ricorso incidentale affidato a cinque motivi, chiedendo, inoltre, la sospensione della esecuzione della decisione impugnata, cui ha replicato con deduzioni il CNF.
Con ordinanza n. 2615 del 2017, adottata all’esito della discussione all’adunanza camerale del 10 gennaio 2017, è stata disposta la sospensione della sanzione disciplinare di cui alla impugnata sentenza del CNF.
La trattazione del ricorso nel merito è quindi stata fissata per l’udienza del 4 aprile 2017.
Considerato in diritto
Con il primo motivo del ricorso principale il COA denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il CNF modificato la sanzione in assenza di censure specifiche sul punto volte ad ottenere il trattamento più favorevole derivante dalla entrata in vigore del nuovo codice deontologico.
Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta la errata applicazione dell’art. 30 del codice deontologico alla luce dell’art. 2 c.p., pur se il procedimento disciplinare ha ad oggetto l’applicazione di sanzioni di natura amministrativa.
Venendo all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo l’Avv. M. sostiene che il Consiglio dell’Ordine di Verona, ricevuta la propria domanda di cancellazione dall’albo in data 5 dicembre 2014 – prima quindi dell’apertura del dibattimento – avrebbe dovuto prendere atto della richiesta, non procedendo oltre, palesandosi incostituzionale una disciplina che prevede l’impossibilità di procedere alla cancellazione mentre occorrerebbe sospendere il procedimento disciplinare, “da riassumersi in caso di richiesta di nuova iscrizione”.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce “improcedibilità ed incompetenza con riferimento ai capi di incolpazione dei procedimenti n. 20/2014 e 21/2014”.
Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia “incompetenza dell’Ordine professionale a giudicare e sanzionare le condotte rilevate nei confronti di L. M. quale Amministratore di Sostegno”.
Deduce che il Consiglio dell’Ordine non avrebbe dovuto/potuto procedere sino a definitiva pronuncia del Giudice Penale, giudice naturale a cui è soggetta la persona imputata della violazione ex art. 314 c.p.
Con il quarto motivo il ricorrente incidentale denuncia “errata valutazione del fatto ed errata applicazione della legge rispetto al procedimento n. 22/2014”.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia “errata applicazione della norma contestata e carenza assoluta e contraddittorietà della motivazione”.
E’ pregiudiziale l’esame del terzo motivo di ricorso incidentale. Esso è fondato.
Invero, come già rilevato nella citata ordinanza n. 2615 del 2017, in tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, per effetto della modifica dell’art. 653 c.p.p. disposta dall’art. 1 della legge 27 marzo 2001, n. 97, qualora l’addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, si impone la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
Tale sospensione si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale, senza che la ripresa di quello disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sia soggetta a termine di decadenza (Cass., Sez. un., n. 11409 del 2014; Cass., Sez.un., n. 16169 del 2011). In sostanza, allorquando sia avvenuta la contestazione di un reato e il destinatario abbia acquisito la qualità di imputato, «il Consiglio Nazionale Forense deve necessariamente verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento disciplinare, procedendo ad una delibazione in ordine alla effettiva identità esistente tra le condotte contestate in sede penale e quelle oggetto del procedimento sottoposto alla sua cognizione» (Cass., Sez.un., n. 5991 del 2012). L’elemento che appare qualificante ai fini della valutazione di pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare è dato dunque dall’avvenuta contestazione, in sede penale, di un fatto reato sovrapponibile a quello oggetto di accertamento in sede disciplinare. Non quindi il concreto esercizio dell’azione penale, ma la contestazione di un reato e tanto è sufficiente per ritenere operante la sospensione necessaria del procedimento disciplinare in attesa della definizione del procedimento penale.
Ne consegue che, quando risulti la pendenza di un procedimento penale, come pacificamente emerge nella specie dalle deduzioni in replica dello stesso Ordine professionale – là dove ha ritenuto la necessità della formalizzazione di una istanza di sospensione da parte del professionista onde poter provvedere (v. pag. 10) – il Consiglio Nazionale Forense deve necessariamente verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento disciplinare, procedendo ad una delibazione in ordine alla effettiva identità esistente tra le condotte contestate in sede penale e quelle oggetto del procedimento sottoposto alla sua cognizione (Cass., Sez. un., n. 5991 del 2012; Cass., Sez. un., n. 15206 del 2016).
In conclusione, il motivo di ricorso incidentale concernente la mancata sospensione del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale va accolto, essendosi il CNF discostato dall’indicato principio.
L’accoglimento del ricorso incidentale per questo preliminare profilo comporta l’assorbimento delle altre censure e del ricorso principale.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio Nazionale Forense per un nuovo esame e l’adozione dei provvedimenti conseguenti, alla luce dell’indicato principio di diritto.
Il medesimo giudice del rinvio provvederà a regolare anche le spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti motivi ed il ricorso principale;
cassa la decisione impugnata e rinvia al Consiglio Nazionale Forense di Verona in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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