CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 marzo 2017, n. 6762
Professionisti medici – Enpam – Contributo previdenziale – Regime di collaborazione
Svolgimento del processo
Con la sentenza n. 2105 del 2011, la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che, accogliendo la domanda di accertamento proposta da B. Srl e da altre litisconsorti, aveva dichiarato non dovuto il contributo previdenziale richiesto dalla Fondazione Enpam ex art. 1 comma 39 della L. n. 243 del 2004 nella misura del 2% del fatturato annuo societario e dichiarato che detta percentuale doveva essere commisurata “ai compensi liquidati a favore dei professionisti medici per le prestazioni effettivamente rese in regime di collaborazione libero professionale con le società di capitali titolari delle strutture e dei rapporti di accreditamento con il servizio sanitario nazionale”.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Fondazione Enpam, affidato ad un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso B. Srl ed altre litisconsorti. Sono rimaste intimate: C.C. s.r.l., L.A.P. s.r.l., Laboratorio analisi sassarese s.r.l., P. s.r.l., R.A.C.M. s.r.l..
All’esito dell’ udienza pubblica del 24.3.2016, è stato disposto il rinnovo della notifica del ricorso a: C. s.r.l., L.A.C.C. s.r.l., L.G. s.r.l., P.M.C. s.r.l., Y. s.r.l., C.C.D. di A.L. s.r.l., disponendo che alla notifica provvedesse la parte ricorrente entro 30 gg. dalla comunicazione dell’ordinanza. Si è quindi costituita con controricorso la sola C.C.D. di A.L. s.r.l.. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Deve preliminarmente rilevarsi che la parte ricorrente non ha provveduto alla ripresa del procedimento notificatorio nei confronti di C. s.r.l. in liquidazione, dopo che ha avuto contezza dell’esito negativo della (nuova) notifica del 20.5.2016, pur avendo provveduto sin dal 7.6.2016 a depositare il certificato storico di residenza del liquidatore sig. G.B. (da cui ne risulta il decesso in data 10.5.2014).
All’ udienza del 29.11.2016 il Collegio ha preso atto della mancata notifica, in assenza di alcuna richiesta o giustificazione della parte ricorrente. Risulta pertanto violato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 14594 del 15/07/2016, secondo il quale in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
Il ricorso nei confronti di C. s.r.l. dev’essere quindi dichiarato inammissibile.
2. Deve sempre in via preliminare darsi atto che con il controricorso C.C.D. di A.L. s.r.l. ha depositato la sentenza del Tribunale di Roma n. 14368 del 24/10/2008, unitamente all’attestazione della Cancelleria di non interposta impugnazione ex art. 124 disp. att. c.p.c.
Con detta sentenza la domanda proposta nei confronti della società dalla Fondazione ENPAM, relativa all’obbligo contributivo previsto dall’art. 1, comma 39, legge n. 243/2004, è stata respinta. In particolare, il Tribunale ha argomentato che C. s.r.l. è società che non si avvale di medici ma solo di un biologo, di un infermiere professionale e un perito chimico, sicché, mancando il presupposto dell’obbligazione contributiva, ovvero le prestazioni professionali rese da medici o odontoiatri, la domanda attorea nei confronti della suddetta società non poteva trovare accoglimento.
3. Nel proprio controricorso, alcune delle società controricorrenti hanno inoltre richiamato le sentenze intervenute nel corso di diversi giudizi di merito intercorsi tra le stesse e la Fondazione Enpam, con cui si è stabilita la modalità di calcolo del contributo previdenziale richiesto dalla Fondazione ai sensi dell’art. 1, comma 39, della legge n. 243/2004, nella misura del 2%.
Le sentenze, tutte corredate dall’attestazione della Cancelleria di non interposta impugnazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., sono state prodotte in questo giudizio con la memoria ex art. 378 c.p.c. e sono:
– per la Società B. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, n. 14368 del 25/09/2008;
– per la Società C.A.S.O. s.r.l.: sentenza della Corte d’ Appello di Roma, Sez. Lav., n. 9913 del 3/12/2013;
– per la Società C.D.A.F. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n. 15842 del 24/09/2007 (non definitiva) e sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav., n. 13439 del 22/09/2009 (definitiva);
– per la Società C.M.F. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n. 16535 del 28/09/2009 (non definitiva) e sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.18933 del 25/11/2008 (definitiva) ;
– per la Società C.L. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008 ;
– per la Società L.A.L. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.3600 del 29/02/2008 (non definitiva) e sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lav., n.8682 del 21/05/2009 (definitiva) ;
– per la Società M.C. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.1116 del 27/01/2009 ;
– per la Società R.R.M. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008;
– per la Società S.C.R. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.3619 del 29/02/2008 (non definitiva) e sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lav, n.19245 del 10/12/2009;
– per la Società V.C. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008;
– per la Società L.A.C.D. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.13017 del 03/07/2007 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav., n. 7399 del 26/05/2009 (definitiva);
– per la Società C.F. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav. n.3610 del 29/02/2008 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav. n.886 del 28/01/2010 (definitiva) ;
– per la Società L.A.M. L.A.M.M. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav n.16071 del 25/09/2007 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav., n. 14770 del 14/10/2008 (definitiva);
– per la Società S. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008 ;
– per la Società C.M.P. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008 ;
– per la Società C.A.M. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.16535 del 28/09/2009 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav., n.18933 del 25/11/2008 (definitiva);
– per la Società S.C.G.C.M. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n.3605 del 29/02/2008 (non definitiva) e sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lav., n.9231 del 28/05/2009 (definitiva) ;
– per la Società C.A.S.F.E.L. S.R.C.P. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav. n. 3608 del 29/02/2008 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav., n.9230 del 28/05/2009 (definitiva) ;
– per la Società I.C.F.O.R. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lav. n. 1857 del 31/01/2008 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav., n.8507 del 13/05/2009 (definitiva) ;
– per la Società S.P. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro n.6372 dell’08/04/2008 ;
– per la Società S.M.T. s.r.l.: sentenza del Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, n.5161 del 15/05/2008 ;
– per la Società G.L.S.B. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav. n.16086 del 25/09/2007 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav. n. 14770 del 14/10/2008 (definitiva);
– per la Società S.R.D. s.r.l.: sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lavoro, n.10606 dell’11/06/2009;
– per la Società S.C.C.: sentenza del Trib. di Roma Sez. Lav. n.16069 del 25/09/2007 (non definitiva) e sentenza del Trib. di Roma, Sez. Lav, n.14770 del 14/10/2008 (definitiva).
4. Risulta in tal modo acclarata nei confronti delle parti indicate nei superiori punti 2) e 3) l’esistenza di un giudicato esterno, costituito da sentenze rese tra le medesime parti del presente giudizio ed aventi ad oggetto il riconoscimento del medesimo diritto per il quale esso pende.
4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13916 del 16/6/2006 hanno affermato che il giudicato esterno, al pari del giudicato interno, risponde alla finalità rappresentata dall’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e dalla stabilità delle decisioni, finalità cui è sotteso un interesse pubblico. Hanno aggiunto che I’ esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio e che il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione.
4.2. Nel caso in esame, la questione relativa alle modalità di calcolo del contributo previdenziale previsto dall’art. 1, comma 39, I. cit. (e, per C. s.r.l., la radicale non debenza del contributo) è stata già decisa con sentenze passate in giudicato: in applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite, non è dunque consentito alla parte, che sul punto è rimasta soccombente e che non ha ritenuto di proporre impugnazione, rimetterla in discussione nel diverso giudizio che ne occupa, al fine di ottenere una diversa modalità di calcolo del contributo.
4.3. Si è qui infatti in presenza di una prestazione periodica, con la conseguenza che la statuizione, ormai coperta dal giudicato, sulle modalità di calcolo del contributo, rimane valida anche per le successive azioni, alla luce del principio ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, nei rapporti giuridici di durata e nelle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale, ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass., 23 luglio 2015, n. 15493; Cass. S.U., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., 16 agosto 2004, n. 15931; Cass., S.U. 7 luglio 1999, n. 383; Cass. 11 novembre 2003 n. 16959).
4.4. Non rileva quindi che nelle sentenze passate in giudicato siano indicati gli anni di riferimento della pretesa impositiva e gli importi per essi dovuti. La parziale diversità di petitum non conduce infatti all’ irrilevanza dell’accertamento nel presente giudizio, in forza di una corretta interpretazione dell’art. 2909 cod.civ.: il giudicato sostanziale – che, in quanto riflesso di quello formale (art. 324 cod. proc. civ.), fa, stato ad ogni effetto fra le parti relativamente all’accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso – si forma infatti su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che costituiscono le premesse necessarie ed il fondamento logico giuridico della pronuncia. L’autorità del giudicato, dunque, si esplica non solo nell’ambito della controversia e delle ragioni fatte valere dalle parti (cosiddetto giudicato esplicito), ma necessariamente anche agli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la decisione, formandone il presupposto, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico giuridico della pronuncia (Cass., Sez. Un., 14 giugno 1995, n. 6689; e, con riferimento alla medesima questione qui in rassegna, v. tra le altre Cass. n. 11984 del 2016, 11591 del 2016, 11515 del 2016).
4.5. Né rileva se il giudicato, precedentemente intervenuto, sia stato o meno fatto valere nel corso del giudizio d’appello, in quanto la questione in esso affrontata è ancora aperta in questa sede, e quindi questa Corte non può esimersi dal valutarne la sussistenza, preclusiva del difforme accertamento oggi richiesto dalla Fondazione Enpam ricorrente.
4.6. Si impone pertanto in relazione a tali posizioni la cassazione senza rinvio della decisione impugnata ex art. 382 III comma c.p.c., considerato che il giudizio d’appello non poteva essere proseguito per effetto dell’intervenuto giudicato esterno, secondo la soluzione già adottata da Cass. 21 maggio 2014 n. 11219 in fattispecie di giudicato preclusivo sopravvenuto alla sentenza d’appello, e da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1284 del 22/01/2007 in un’ipotesi in cui il giudice d’appello non aveva rilevato il giudicato interno formatosi su una questione che aveva formato oggetto di decisione da parte del giudice di primo grado.
5. Il comportamento processuale delle parti sopra individuate, che ha determinato la proliferazione del contenzioso sulla medesima questione, determina l’integrale compensazione fra le stesse delle spese processuali.
6. In relazione alle restanti parti, occorre esaminare il motivo di ricorso, con il quale la Fondazione Enpam contesta la soluzione adottata dalla Corte territoriale sostenendo che essa sarebbe frutto di errata interpretazione e falsa applicazione: dell’art. 1 comma 39 della L. n. 243 del 2004, dell’art. 15 nonies, comma 4, D.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal D.lgs. n. 229 del 1999; degli articoli 8 quinquies e 8 sexies del D.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal D.lgs. numero 229 del 1999, nonché illogicità manifesta.
L’ampio e articolato motivo di gravame è essenzialmente incentrato sulla ritenuta violazione dell’art. 1, comma 39, della legge 23 agosto 2004, n. 243, il quale, nel prevedere che le società operanti in regime di accreditamento col servizio sanitario nazionale sono tenute a versare all’ENPAM un contributo pari al 2% del fatturato annuo, ha inteso disporre che il contributo dev’ essere calcolato sulla base del fatturato prodotto dalla società attraverso l’attività dei medici e degli odontoiatri operanti presso di loro in regime libero-professionale, e non invece sulla base dei compensi corrisposti ai menzionati professionisti.
7. Il ricorso è fondato, dovendosi dare continuità all’orientamento già espresso da questa Corte in numerosi arresti, tutti resi all’esito dell’udienza del 24.3.2016 (v. tra gli altri Cass. n. 11254, 11626, 11590, 11523, 11522, 11521, 11516 del 2016), nei quali è stata partitamente esaminata la disciplina normativa in rassegna, fugando anche i dubbi di legittimità costituzionale che erano stati manifestati dalle società con riferimento all’interpretazione avversata in relazione agli artt. agli artt. 2, 3, 38, 53, ed 81 della Costituzione.
7.1. In considerazione della pressoché totale sovrapponibilità delle argomentazioni delle parti con quelle espresse in quei giudizi, ci si può qui limitare a richiamare quanto già affermato nei richiamati arresti, dandosi per acquisite le argomentazioni poste a sostegno del principio di diritto che è stato così espresso e che viene qui ribadito: «Il contributo del 2% previsto dall’articolo 1, comma 39, legge 23 agosto 2004, n. 243, dovuto dalle società di capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente prestazioni specialistiche rese per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o odontoiatri operanti con le società in forma di collaborazione autonoma libero-professionale con l’abbattimento forfettario di legge per costo dei materiali spese generali ex d.p.r. 23 marzo 1988, nn. 119 e 120, con esclusione del fatturato attinente a prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri».
8. In definitiva, in relazione alle parti per le quali non è intervenuto il giudicato, il ricorso dev’ essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, devono essere rigettati gli originari ricorsi con i quali le società chiedevano dichiararsi non dovuto il pagamento del contributo del 2% previsto dall’art. 1 comma 39 della L. n. 243 del 2004, per le prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale, e chiedevano dichiararsi che la corretta applicazione della normativa in questione richiede che la percentuale da versare a titolo di contributo previdenziale vada commisurata ai compensi liquidati in favore dei professionisti medici per le prestazioni effettivamente rese in regime di collaborazione libero-professionale con le società di capitali titolari della struttura e del rapporto di accreditamento con il Servizio Sanitario nazionale.
9. La novità interpretativa e la complessità delle questioni trattate, giustifica la compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di C. s.r.l..
Nei confronti delle società in indicate ai punti 2 e 3 della parte motiva, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio.
Nei confronti delle restanti società, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rigetta la domanda proposta con il ricorso introduttivo. Compensa tra tutte le parti le spese dell’intero processo.