CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 novembre 2016, n. 23223
Canone di concessione per gli impianti pubblicitari adibiti ad affissioni dirette – Giurisdizione tributaria per il canone di concessione
Svolgimento del processo
La C.C.J.P. spa impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Foggia tre inviti al pagamento, ad essa notificati dall’A. spa – concessionaria del Comune di Foggia del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione di tutte le entrate, tributarie e patrimoniali, dell’ente — a titolo di “canone di concessione per gli impianti pubblicitari adibiti ad affissioni dirette”, relativamente agli anni 2008, 2009 e 2010.
La Commissione adita accolse la domanda, annullando gli atti impugnati e dichiarando l’illegittimità e la non debenza del canone di concessione da parte della contribuente.
La Commissione tributaria regionale della Puglia, disattendendo l’appello dalla spa A., con sentenza del 23 dicembre 2013 preliminarmente ha dichiarato la giurisdizione del giudice tributario, e nel merito ha confermato non essere dovuto il detto tributo.
Il giudice d’appello ha, in particolare, ritenuto la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario sulla base della natura del “canone” in questione, rilevando, sulla base delle relative delibere della Giunta, che esso colpisce soltanto l’attività pubblicitaria in sé e non è rapportato all’occupazione del suolo di proprietà comunale sul quale esistono gli impianti, ma esclusivamente alla superficie espositiva degli impianti stessi.
Ne consegue, ha osservato, che non è legittimo pretendere un ulteriore canone in aggiunta a quanto già versato per imposta sulla pubblicità e per Tosap. Ha inoltre precisato che sia sulla questione di giurisdizione, sia sul merito vi erano già state pronunce, passate in giudicato, della stessa CTR, nonché del Tribunale di Foggia e di questa stessa Corte.
Nei confronti della sentenza ha proposto ricorso per cassazione la A. spa con due motivi attinenti alla giurisdizione, cui resiste con controricorso la C.C.J.P. spa, entrambi – il ricorso ed il controricorso – illustrati con memorie.
Motivi della decisione
Il Collegio preliminarmente osserva, con riguardo alla mancata estensione del contraddittorio al Comune di Foggia, chiamato nel giudizio di appello, in materia di tributi locali, “qualora il Comune, in applicazione dell’art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, che regola la potestà regolamentare generale delle Province e dei Comuni in materia di entrate, anche tributarie, affidi il servizio di accertamento e riscossione della tassa, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nelle norme suddette, il potere di accertamento del tributo spetta non già al Comune, ma al soggetto concessionario, ai quali è pertanto attribuita anche la legittimazione processuale per le relative controversie” (ex multis, Cass. n. 1138 del 2008).
Con il primo motivo, la ricorrente denunciando, fra l’altro, la violazione dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, contesta la giurisdizione del giudice tributario, sostenendo che la controversia concerne non il canone per l’installazione di mezzi pubblicitari (c.d. CIMP) di cui all’art. 62 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (avente natura tributaria), bensì il canone di concessione, di natura ricognitoria – ossia “un corrispettivo dovuto dal privato a titolo di riconoscimento del diritto di proprietà dell’Amministrazione concedente sulla porzione di area pubblica” -, richiesto dal Comune di Foggia per l’installazione sul proprio territorio di impianti pubblicitari; con il secondo motivo denuncia “l’erroneità della sentenza per asserita formazione del giudicato esterno”.
La controricorrente ha invocato l’autorità di giudicato esterno nel presente giudizio di varie pronunce, sia del giudice ordinario che del giudice tributario.
Premesso che l’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, la deduzione è fondata.
Assume decisivo rilievo, in particolare, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia n. 241/07/14 del 4 febbraio 2014 (che la controricorrente ha depositato unitamente alla memoria ex art. 378 cod. proc. civ.), passata in giudicato, come risulta dalla relativa attestazione.
Tale pronuncia, infatti, concerne ingiunzioni di pagamento, emesse dall’A. spa nei confronti della C.C.J.P. spa, del “canone di concessione per impianti adibiti alle affissioni dirette” in relazione agli anni 2008, 2009 e 2010; la Commissione, adita in riassunzione a seguito di declaratoria di difetto di giurisdizione del Tribunale di Foggia, ha accolto – previa, peraltro, espressa conferma della propria giurisdizione – il ricorso della contribuente ed annullato le ingiunzioni impugnate.
La sentenza, pertanto, possiede tutti i requisiti (identità delle parti, identità del rapporto d’imposta anche quanto agli anni di riferimento, decisione sul merito della pretesa) idonei ad attribuirle, nel presente giudizio, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, autorità di giudicato esterno sulla giurisdizione, la quale, pertanto, non può più essere oggetto di contestazione (cfr. Cass., sez. un., nn. 29531 del 2008, 18499 del 2009, 21065 del 2011, 22745 del 2014, nonché Cass., sez. un., n. 20623 del 2015, relativa a fattispecie analoga alla presente).
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Va, invece, respinta la richiesta della controricorrente di condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ., anche in considerazione del fatto che la decisione si fonda sull’esistenza di un giudicato esterno formatosi in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
Sussistono, infine, i presupposti per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquidate in € 5.000 per compensi, oltre alle spese generali liquidate nella misura forfetaria del 15% e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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