CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 novembre 2017, n. 27018
Tributi – Disciplina del transfer pricing – Posizione di controllo rilevante – Condizioni di fatto – Capacità di esercitare un’influenza dominante sull’impresa
Ritenuto in fatto
La CTP di Bergamo respingeva, salvo che per alcune spese, oggetto di duplicazione, il ricorso proposto da I. Spa, avverso gli avvisi di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap, per gli anni 2005-2007, con cui venivano ripresi a tassazione l’omessa dichiarazione di ricavi a seguito di cessione di beni infragruppo, oltre alla contabilizzazione di costi non di competenza, non inerenti e non deducibili e, al contrario, l’omessa contabilizzazione di interessi attivi.
La CTR della Lombardia, in parziale riforma, riduceva l’ammontare dei maggiori ricavi e delle spese deducibili.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione con due motivi, cui resiste la I. Spa con controricorso, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso principale. Propone, inoltre, ricorso incidentale sulla base di tredici motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il contribuente deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. L’Agenzia delle Entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., apparente motivazione per aver la CTR ridotto la pretesa tributaria del 40%, senza indicare le ragioni della misura della riduzione, doglianza che ripropone, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, quale vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
2. Con il ricorso incidentale, la I. Spa con un primo gruppo di censure lamenta, sotto diversi profili, l’applicazione della disciplina del transfer pricing. In particolare:
2.1. Con il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 110, comma 7, d.P.R. n. 917 del 1986, applicato in assenza del presupposto soggettivo del “controllo” esercitato sulla società italiana da società non residenti.
2.2. Con il secondo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 132 c.p.c.e 111 Cost. essendo la motivazione apparente e fittizia.
2.3. Con il terzo censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per omessa, insufficiente, apparente motivazione in ordine al controllo societario e alla formazione della volontà dell’ente attraverso la maggioranza assembleare.
2.4. Con il quarto censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per aver la CTR prima asserito l’inapplicabilità dell’art. 2359 c.c. e, poi, averne richiamato e utilizzato il concetto di influenza dominante.
2.5. Con il quinto denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comma 7, tuir e 2359 c.c., per aver incluso nel concetto di controllo societario a fini tributari la nozione di influenza dominante.
3. Con il sesto denuncia, in via subordinata ai precedenti motivi, l’omessa e insufficiente motivazione per aver ridotto solo nel 40% la misura dei prezzi determinata in applicazione della disciplina del transfer pricing.
4. Con un secondo gruppo di censure lamenta, sotto vari profili, vizi della decisione quanto ai costi non di competenza o non inerenti.
4.1. Con il settimo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 110, comma 8, tuir, non essendosi accompagnato il recupero dei costi non di competenza per il 2006 alla rettifica in riduzione dei periodi di competenza (2005 e 2007).
4.2. Con l’ottavo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 109, comma 5, tuir, per aver escluso l’inerenza di costi sostenuti nell’interesse dell’intero gruppo.
4.3. Con il nono denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 110, comma 7, tuir, applicato anche alle operazioni di finanziamento effettuate a titolo gratuito.
4.4. Con il decimo censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per omessa, insufficiente, apparente motivazione la qualificazione delle spese per fiere e congressi, censura che ripropone, con l’undicesimo motivo, per violazione dell’art. 108, comma 2, tuir.
4.5. Con il dodicesimo censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per omessa, insufficiente, apparente motivazione la qualificazione delle spese di vitto e alloggio relative alla partecipazione a convegni, censura che ripropone, con il tredicesimo motivo, per violazione dell’art. 108, comma 2, tuir.
5. Va esaminato prioritariamente il ricorso incidentale, le cui doglianze hanno carattere pregiudiziale rispetto a quelle dedotte con il ricorso principale.
6. I primi cinque motivi, da esaminare unitariamente involgendo tutti quanti le condizioni per la configurabilità del requisito soggettivo del transfer pricing, sono infondati.
6.1. L’art. 110, comma 7, tuir, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale” – la cui definizione è fornita dall’art. 9 tuir – “dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento del reddito;
Il requisito soggettivo per l’applicazione di tale regime si identifica nella circostanza che tra i due soggetti – la società estera e l’impresa residente – deve esistere un rapporto di controllo, diretto od indiretto, di cui, tuttavia, non viene fornita una definizione.
La disciplina civilistica delle società, invero, fornisce una nozione di controllo all’art. 2359 c.c., disposizione a cui, peraltro, l’art. 110 non fa alcun rinvio, omissione tanto più significativa attesa, da un lato, l’esistenza, invece, di esplicite specifiche indicazioni in tal senso in altre norme del tuir (v. ad es. gli artt. 175, 177, 178 del t.u.i.r. relativi, rispettivamente, ai conferimenti di aziende o partecipazioni di controllo, scambi di partecipazioni, fusioni) e, dall’altro, la presenza di autonome e mirate definizioni per singoli istituti (v. ad es. art. 73, ultimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972).
La norma, del resto, non riguarda solo i rapporti tra società (come invece l’art. 2359 c.c.) poiché l’impresa (su cui è esercitato il controllo) può anche essere individuale, sorgendo lo stato di controllo in relazione alla natura e al carattere dei rapporti economici, anche al di là dei vincoli contrattuali od azionari, tanto più che la disposizione si riferisce al controllo “diretto od indiretto” senza specifiche connotazioni e, dunque, sia esso di diritto che di fatto.
Ai fini tributari, del resto, assume rilievo non tanto la nozione civilistica ma il fenomeno economico, in base al quale un determinato soggetto ha una posizione condizionante su altro soggetto, sicché “non può non tenersi conto nell’interpretazione della norma dell’esigenza di assegnare alla stessa un tasso di elasticità che la renda capace di attagliarsi alle varie ipotesi in cui, indipendentemente dalla ricorrenza dei rigidi requisiti civilistici, possa apprezzarsi l’influenza di un’impresa sulle decisioni imprenditoriali di un’altra” (v. Cass. n. 8130 del 22/04/2016 in motivazione).
Correttamente, dunque, la CTR ha apprezzato in autonomia la nozione di società controllante (o controllata) prevista dalla norma tributaria.
Tale soluzione è coerente anche con quanto previsto con le Linee Guida sul transfer pricing dell’OCSE del 1995 (ma anche a quelle precedenti e successive), a cui si ispira la disciplina nazionale, non vincolante ma rilevante sul piano interpretativo (l’art. 9 del Modello OCSE, in particolare prende proprio in considerazione – e ne deriva conseguenze sul piano della tassazione degli utili – il caso in cui la relazione sia tra due imprese (associate) e il vincolo derivi da condizioni accettate o imposte diverse da quelle che sarebbero state convenute da imprese indipendenti).
Né deve trarre in inganno che la CTR abbia impiegato la locuzione “influenza dominante”, già presente nel testo previgente di cui all’art. 75, quarto comma, d.P.R. n. 597 del 1973, trattandosi di formula comunque idonea a descrivere il contenuto del controllo, diretto o indiretto, sancito dall’art. 76, comma 5, (ora 110) tuir.
6.2. La CTR ha adeguatamente motivato il convincimento espresso circa la ricorrenza, nella specie, di una situazione di controllo alla luce del fatto il presidente ed amministratore del Gruppo K., “cui appartiene la K. M. KG acquirente delle attrezzature mediche” … “possiede … una quota non maggioritaria ma lievemente minoritaria, pari al 45% delle quote della società I., tuttavia egli dispone di una influenza dominante nella assemblea ordinaria in quanto la quota azionaria di cui è titolare supera la somma delle quote di cui dispongono i tre socie italiani (15% V. L., 20% V. A., 5% Z. C.)” e che inoltre “egli è in grado di esercitare comunque una influenza dominante sulla società I. grazie al ruolo “strategico” di responsabile “Sales e marketing”, che ricopre all’interno” della società stessa.
Trattasi di accertamento in fatto congruamente argomentato sotto il profilo logico come tale non sindacabile in questa sede.
7. Il sesto motivo va esaminato unitamente alle doglianze avanzate dall’Agenzia delle entrate, ponendosi la medesima questione sia pure in una prospettiva antitetica.
7.1. E infondata, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilita del n ricorso sollevata dal ricorrente incidentale, non ricorrendo il dedotto vizio di pedissequa integrale riproduzione del contenuto degli atti processuali, ma solo la sintesi dei fatti di causa, corredati degli elementi utili ai fini del requisito dell’autosufficienza.
7.2. I motivi sono fondati per quanto di ragione.
La CTR, difatti, ha indicato nella preminente importanza del mercato tedesco (il 16,5% delle intere esportazioni della società) nonché nelle particolarità del mercato sanitario tedesco gli elementi suscettibili di incidere sul quantum della pretesa fiscale, la cui determinazione, peraltro, è stata fissata “in una riduzione nella misura del 40% dei prezzi praticati nei restanti mercati europei”, senza, tuttavia, chiarire in alcun modo in base a quali elementi o criteri sia stata individuata tale percentuale.
8. Passando alle ulteriori doglianze del ricorso incidentale, il settimo motivo è infondato, ostandovi il principio di autonomia dei periodi d’imposta ex art. 76 tuir; il contribuente, in ogni caso, può esercitare il diritto alla restituzione del maggior importo versato nell’anno di competenza (e nel quale avrebbe dovuto correttamente imputare i costi) formulando istanza di rimborso ex art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (o, in via residuale, ex art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992).
Non è pertinente, poi, il riferimento al comma 8 dell’art. 110 tuir, che riguarda “La rettifica da parte dell’ufficio delle valutazioni fatte dal contribuente” e non l’imputazione dei costi per competenza.
9. L’ottavo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente incidentale riprodotto la documentazione relativa agli asseriti costi per spese affrontate a favore di altre società del gruppo, la cui deducibilità, in ogni caso, può competere pro quota (v. Cass. n. 18930 del 16/09/2011).
10. Il nono motivo è infondato.
10.1. Sulla questione, invero, la Corte ha maturato differenti, e contrarie, soluzioni.
Un primo orientamento (Cass. n. 27087 del 19/12/2014 e Cass. n. 15005 del 17/7/2015) ha incentrato le proprie conclusioni su una lettura “lucrativa” dell’art. 110, comma 7, tuir, ritenendo la norma introduttiva di una limitazione della libertà negoziale delle parti, come tale da interpretare restrittivamente e, dunque, riferita alle sole operazione da cui “derivano” componenti di reddito, ossia a quelle a titolo oneroso. I finanziamenti infruttiferi, pertanto, restano sottratti alla disciplina del transfer pricing.
Un diverso orientamento (Cass. n. 7493 del 15/4/2016 e Cass. n. 13387 del 30/6/2016) ha, invece, evidenziato che la normativa in esame non integra una disciplina antielusiva in senso proprio ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing (spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sé considerato: la ratio della normativa, quindi, va rinvenuta nel principio di libera concorrenza, sicché la valutazione in base al valore normale investe la sostanza economica dell’operazione, che va confrontata con analoghe operazioni realizzate in circostanze comparabili in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti e prescinde dalla capacità originaria di produrre reddito e da qualsiasi obbligo negoziale.
Ne deriva, correlativamente, che la qualificazione di infruttuosità del finanziamento, eventualmente operata dalle parti, è ininfluente in quanto in sé inidonea ad escludere l’applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.
10.2. A tale seconda impostazione il collegio, anche in una prospettiva di superamento del contrasto, ritiene di aderire.
Ha rilievo preminente, infatti, l’individuazione della effettiva ratio dell’istituto, che va colta nel principio di libera concorrenza, enunciato nell’art. 9 del Modello di Convenzione OCSE, la cui considerazione non può che essere unitaria a prescindere dalla natura dell’operazione, sicché restano inclusi nella disciplina in esame anche i finanziamenti infruttiferi internazionali tra imprese controllate/controllanti in funzione dell’esigenza di oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali.
A sostegno di tale conclusione, del resto, militano una pluralità di ragioni:
– l’art. 110, comma 7, tuir ha carattere di norma speciale rispetto alle previsioni afferenti la determinazione del reddito da capitale: l’elemento specializzante è costituito dalla circostanza che uno dei due soggetti (appartenenti al medesimo gruppo societario) coinvolti nell’operazione di finanziamento ha sede fuori dal territorio dello Stato; ne deriva l’inapplicabilità dell’art. 45, comma 2, tuir, e l’inopponibilità ai fini fiscali delle eventuali clausole di infruttuosità;
– è irrilevante la connotazione del carattere limitativo della libertà negoziale attribuita alla disciplina del transfer pricing, la ratio della disciplina mira a sostituire il valore soggettivo dell’operazione con quello oggettivo e normalizzato, sicché investe ogni atto gestorio potenzialmente idoneo ad indurre un incremento o decremento dell’imponibile a prescindere dall’assetto giuridico dei rapporti tra le parti, siano essi onerosi o gratuiti;
– non sussiste alcuna esigenza di una interpretazione restrittiva: la locuzione “componenti del reddito derivanti da operazioni” si riferisce non solo a quelli attuali ma anche a quelli che ne sono generati anche solo in via potenziale;
– le attuali linee guida OCSE, pur non riproponendo le specifiche indicazioni già presenti nella versione del 1979 (che affermava la regola generale che all’erogazione di un finanziamento dovesse sempre seguire l’applicazione di interessi laddove, nelle medesime circostanze, questi sarebbero stati pattuiti da soggetti terzi indipendenti), sono univoche nel chiarire (Capitolo VII delle linee guida del 2010, par. 7.14 e 7.15 in ordine all’individuazione e remunerazione dei finanziamenti come servizi infragruppo, nonché 7.19, 7.29 e 7.31 con riguardo alla determinazione del pagamento), che la remunerazione di un finanziamento infragruppo deve avvenire, di norma, attraverso la corresponsione di un tasso di interesse corrispondente a quello che sarebbe stato previsto tra imprese indipendenti in circostanze comparabili.
Un tale assetto, inoltre, appare compatibile anche con i principi dell’ordinamento unionale in relazione all’esigenza di tutela della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra Stati membri (v. Corte di Giustizia, sentenza 21 gennaio 2010, Société de Gestión Industrie/le SA, in C-311/08, in relazione ai benefici gratuiti (“straordinario e senza contropartita”) concessi da una società residente ad una società stabilita in un altro Stato membro).
Non va infine trascurato che, come già sottolineato nelle sentenze nn. 7493 e 13387 del 2016, è “irragionevole … che l’Amministrazione possa esercitare il potere di rettifica in caso di corrispettivi… anche irrisori mentre ciò le sia precluso nell’ipotesi di contratti a titolo gratuito”.
10.3. Conclusivamente va affermato il seguente principio di diritto:
“la ratio della disciplina di cui all’art. 110, comma 7, tuir, va individuata nel principio di libera concorrenza, esclusa ogni qualificazione della stessa come norma antielusiva, sicché la valutazione del valore normale postula l’esame della sostanza economica delle operazioni poste in essere, in una prospettiva di comparazione con analoghe operazioni effettuate tra imprese indipendenti e in libera concorrenza; sono soggetti alla medesima disciplina i finanziamenti infruttiferi internazionali tra imprese controllate/controllanti attesa l’esigenza, in funzione dell’unitaria ratio dell’istituto, di oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali, senza che ne siano alterati gli equilibri civilistici tra i contraenti”.
11. I motivi dieci e undici (spese per fiere e congressi), nonché dodici e tredici (spese per vitto e alloggio in relazione alla partecipazione a convegni), si riferiscono tutti alla qualificazione delle spese (rappresentanza o pubblicità) recuperate dal Fisco, e il cui esame può pertanto effettuarsi congiuntamente, sono infondati.
11.1. Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, da cui non vi ragione di discostarsi, ai sensi dell’art. 108 del d.P.R. n. 917 del 1986, “il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obbiettivi perseguiti, atteso che costituiscono spese di rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre sono spese di pubblicità o propaganda quelle aventi come scopo preminente quello di pubblicizzare prodotti, marchi e servizi dell’impresa con una diretta finalità promozionale e di incremento delle vendite” (Cass. n. 3087 del 2016, rv. 639043; v. anche Cass. n. 9715 del 2015, rv. 635487 in ordine a spese di vitto e alloggio per convegni organizzati con i propri clienti).
La CTR ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi con articolata e logica motivazione, riferita alle singole voci ed ipotesi, come tale non sindacabile.
12. In accoglimento del ricorso principale e del sesto motivo di quello incidentale, disattesi tutti gli altri motivi, la sentenza va pertanto cassata con rinvio alla CTR competente, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso principale e del sesto motivo di quello incidentale, inammissibile l’ottavo e rigettati gli altri, cassa la sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
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