CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 settembre 2017, n. 21448
Accertamento – Immobili – Variazione classamento catastale – Contenzioso tributario
Esposizione dei fatti di causa
1. M.B. e G.C.E. impugnavano gli avvisi di accertamento con cui era stata notificata l’avvenuta variazione del classamento catastale relativamente a due unità immobiliari site in Milano. La commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva i ricorsi. L’agenzia del territorio proponeva distinti appelli e la commissione tributaria regionale della Lombardia, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva sul rilievo che l’eccezione di difetto di motivazione del provvedimento impugnato sotto il profilo della mancanza di spiegazione circa il meccanismo che giustificava le determinazioni assunte non era stata sollevata dai contribuenti nel ricorso in primo grado e che, in ogni caso, l’atto impugnato era sufficientemente motivato risultando in modo chiaro i presupposti che avevano determinato l’adozione dei provvedimenti di classamento.
2. Avverso la sentenza della CTR propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidato ad un motivo illustrato con memoria. L’agenzia delle entrate, quale successore dell’agenzia del territorio, si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 11 del decreto-legge 14 maggio 1988 numero 70, all’articolo 7 della legge 27 luglio 2000 numero 212, all’articolo 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004 numero 311. Sostengono che nell’atto impositivo manca l’indicazione del provvedimento con cui era stata effettuata la revisione dei parametri relativi alla microzona, che la motivazione dell’avviso di accertamento era meramente apparente, risolvendosi in un insieme di espressioni generiche adattabili a qualsivoglia situazione di fatto di diritto, e che mancava l’indicazione della microzona o degli edifici utilizzati come termini di raffronto.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la corte che il motivo proposto e inammissibile per due ragioni. In primis esso è privo del requisito dell’autosufficienza sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., avendo i ricorrenti censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione dell’avviso di accertamento senza riportarne il contenuto in modo da evidenziare gli elementi oggetto di contestazione. Ciò facendo i ricorrenti non hanno consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che il predetto avviso non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013). In secondo luogo il ricorso è inammissibile per essersi i ricorrenti doluti della mancata indicazione nell’atto impositivo del provvedimento relativo alla revisione dei parametri relativi alla microzona e della mancata indicazione della microzona o degli edifici utilizzati come termini di raffronto, senza aver dedotto di aver formulato tale specifica censura nei precedenti giudizi di merito. Ed, invero, i ricorrenti alle pagine 4 e 5 del ricorso hanno riportato uno stralcio dei ricorsi introduttivi afferente il dedotto vizio di motivazione ove non si rinvengono tali specifiche doglianze sicché è dato desumere che esse siano state formulate per la prima volta in questo giudizio di legittimità.
2. Il ricorso va, perciò, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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