CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 febbraio 2018, n. 3801
Tributi – TARSU – Aree scoperte destinate a parcheggio ed al transito di autoveicoli – Esenzione
Fatti di causa
La società N.S. S.r.l., concessionaria del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione delle imposte dal Comune di Nettuno, notificava, in data 6.4.2004, alla società M.N.C.N. S.p.A. un avviso di accertamento TARSU, relativo all’anno di imposta 2004. La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP di Roma, sulla base del rilievo che le aree e le superfici sottoposte ad accertamento dovevano ritenersi escluse dalla TARSU in quanto non produttive di rifiuti per essere destinate a parcheggio ed al transito di autoveicoli, chiedendo dichiararsi, altresì, la nullità dell’avviso per difetto di motivazione. La CTP rigettava il ricorso. La sentenza veniva impugnata innanzi alla CTR del Lazio, che accoglieva l’appello della società contribuente, in ragione del difetto di motivazione dell’atto impugnato, affermando che, trattandosi di aree scoperte non utilizzate per l’attività commerciale, la pretesa fiscale era infondata. Ricorre per la cassazione della sentenza il Comune di Nettuno, svolgendo due motivi. La società M.N.C.N. S.p.A. si è costituita con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990, dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 71 del d.lgs. n. 507 del 1993, atteso che la CTR avrebbe erroneamente accolto l’appello proposto dalla società M.N.C.N. S.p.A., ritenendo l’avviso impugnato non adeguatamente motivato. Parte ricorrente deduce che le conclusioni rassegnate dalla CTR sono fondate sulla indebita confusione tra la motivazione dell’atto impositivo e la prova della pretesa azionata.
1.1. Il motivo è inammissibilmente formulato, per violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione.
In base al principio di autosufficienza, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto, che si assumono erroneamente o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass. n. 16147 del 2017; Cass. n. 9536 del 2013), essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì un atto amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento.
In sostanza, le censure riferite da parte ricorrente alla motivazione della sentenza impugnata, non possono essere idoneamente verificate in termini di fondatezza, in difetto degli elementi fattuali specifici che si assume di aver offerto al giudice del merito, la cui motivazione non può essere correlata (in punto di sufficienza) alla modalità di rappresentazione che le parti del processo hanno ritenuto di adottare in proposito degli elementi istruttori.
La parte ricorrente non si è attenuta a siffatto onere, per quanto la pronuncia di secondo grado espressamente abbia centrato il proprio convincimento sul difetto del requisito motivazionale del provvedimento impositivo, pur intendendosi dimostrare, in questa sede, che la predetta motivazione doveva considerarsi sufficiente ad integrare il requisito della adeguata conoscenza della contestazione da parte del contribuente.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica violazione e falsa applicazione dell’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, dell’art. 7, comma 4, lett.g) del Regolamento comunale TARSU, atteso che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto esente dal pagamento della TARSU le aree scoperte nella disponibilità della M.N.C.N. S.p.A. e da questa adibite a parcheggio o quali pertinenze di attività commerciali.
2.1.Il motivo è inammissibile.
Invero, una volta ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione concernente la prima delle due distinte “rationes decidendi” sulla quali è fondata la pronuncia di secondo grado, le restanti censure sono esse stesse inammissibili, atteso che la pronuncia medesima sarebbe comunque idoneamente supportata dalla prima soltanto delle due “rationes”. La costante giurisprudenza di questo giudice di legittimità ritiene che, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 2108 del 2012; Cass. S.U. n. 7931 del 2013).
3. Sulla base dei rilievi espressi, il ricorso va rigettato e la parte soccombente va condannata al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater d.P.R. n. 115 del 2002 (inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012) applicabile “ratione temporis” (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.600,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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