CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 ottobre 2017, n. 24369
Licenziamento verbale – Reintegra nel posto di lavoro – Difetto del requisito numerico – Non rileva
Fatti di causa
Con sentenza del 12 giugno 2015, la Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lucera, mentre, non diversamente dal primo giudice, in accoglimento della domanda proposta da V.C. nei confronti di CO.E.DI.CA S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli il 31.10.2007 verbalmente e senza alcuna giustificazione, ne ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro, si pronunciava diversamente in relazione alle conseguenze economiche del licenziamento illegittimo, condannando, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in via subordinata dal C. in sede di gravame la Società al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data dell’offerta della prestazione individuata in quella della proposta di conciliazione antecedente a quella del deposito del ricorso considerata dal Tribunale.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto inammissibile la censura formulata dalla Società in sede di gravame relativa all’erronea applicazione da parte del Tribunale del regime di tutela reale per difetto del requisito numerico avendo, di contro, il Tribunale fatto riferimento alla diversa ratio decidendi data dall’applicazione dei principi civilistici in materia di inefficacia dell’atto (licenziamento intimato oralmente) posto in essere dalla Società datrice ed individuabile nella proposta di conciliazione comunicata alla Società il 28.4.2008 l’offerta della prestazione lavorativa da considerarsi secondo l’ordinaria disciplina civilistica nella specie applicabile presupposto indefettibile della pretesa risarcitoria.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi. Il C. ha depositato procura speciale per lo svolgimento delle difese in sede di udienza di trattazione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, la Società ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., l’omessa pronunzia sul motivo di gravame relativo all’inapplicabilità della tutela reale.
Il secondo motivo è teso a denunciare la non conformità a diritto della pronunzia in ordine alle conseguenze economiche dell’illegittimo licenziamento, per non aver dichiarato inammissibile per indeterminatezza la domanda riconvenzionale proposta dal lavoratore in via principale, per essersi la Corte territoriale pronunciata in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, per non aver la Corte territoriale sancito l’inammissibilità per novità della domanda riconvenzionale proposta dal lavoratore in via subordinata.
I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano palesemente infondati, atteso che l’inammissibilità della censura mossa in sede di gravame dalla Società, odierna ricorrente, circa l’erroneità del regime sanzionatorio applicato dal primo giudice è stata correttamente pronunciata dalla Corte territoriale sul presupposto dell’omessa considerazione da parte della medesima Società, allora appellante, del vizio formale che inficiava il licenziamento, intimato solo oralmente, tale da implicare l’applicazione dell’ordinaria sanzione civilistica della nullità, mentre la riforma della statuizione relativa alla data di decorrenza del risarcimento spettante costituisce mera conseguenza dell’applicazione di quel regime, in ragione della circostanza, tempestivamente acquisita in atti, della ravvisabilità della necessaria messa in mora già nell’atto di invito alla Società datrice al tentativo obbligatorio di conciliazione.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dello Stato ai sensi dell’art. 133 del d.P.R. 115/2002 per essere stato il C. ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge, a favore dello Stato.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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