CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 gennaio 2018, n. 1036
Cartella esattoriale – Contributi previdenziali e somme aggiuntive – Eccezione di prescrizione – Inammissibilità – Violazione del principio di specificità del ricorso
Rilevato
che il Tribunale di Trapani rigettò l’opposizione proposta dalla società V. s.r.l. avverso la cartella di pagamento con la quale la M.S. s.p.a., su richiesta dell’Inps, le aveva intimato il pagamento della somma di € 169.448,70 a titolo di contributi e somme aggiuntive relativamente al periodo gennaio 1989 – gennaio 1995;
che impugnata tale decisione da parte della società V. s.r.l., la Corte d’appello di Palermo (sentenza del 23.5.2011) ha rigettato il gravame ed ha confermatala statuizione del primo giudice;
che la Corte di merito, dopo aver escluso che il credito contributivo si fosse prescritto, ha rilevato che la censura sollevata a tal riguardo dall’appellante era inammissibile e che era, altresì, infondato il motivo di gravame incentrato sulla dedotta insussistenza della pretesa contributiva;
che per la cassazione della sentenza ricorre la società V. s.r.l. in liquidazione con un solo motivo;
che per l’Inps vi è procura in atti ai propri difensori rilasciata dal Direttore Centrale dell’Istituto, anche nella veste di mandatario della società di cartolarizzazione dei crediti S.C.C.I. s.p.a.; che rimane solo intimata la società SE.RI.T Sicilia s.p.a.;
Considerato
che con un solo motivo la difesa della società in liquidazione V. s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., contestando la pronunzia di inammissibilità dell’eccezione di prescrizione e obiettando che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la censura riflettente tale causa estintiva del credito opposto era stata formulata in modo specifico, così come in maniera altrettanto circostanziata erano state esplicitate le censure avverso le ragioni logico-giuridiche poste dal primo giudice a base della decisione di rigetto dell’opposizione alla cartella esattoriale;
che la ricorrente rileva, altresì, che la Corte d’appello non avrebbe dovuto considerare nuova l’eccezione riflettente le denunziate carenze del verbale ispettivo, a suo dire caratterizzato solo dalle personali deduzioni degli ispettori, posto che tale eccezione era consistita semplicemente in un’argomentazione difensiva, in quanto tale sottratta alle preclusioni del rito del lavoro; che nel giudizio d’appello era stato, comunque, dedotto in modo critico che l’Inps non aveva prodotto alcun documento relativamente all’ispezione compiuta e che il primo giudice male aveva fatto a non ascoltare il legale rappresentante della società, né i soggetti che avevano curato la contabilità; che le suddette doglianze, attraverso le quali è stato articolato l’unico motivo del presente ricorso, sono infondate;
che, invero, la inammissibilità del motivo di censura riflettente la prescrizione è stata rilevata dalla Corte di merito proprio con riferimento all’accertata causa di interruzione della prescrizione, a fronte della quale il motivo d’appello è stato ritenuto non specifico per mancata confutazione delle argomentazioni adottate dal primo giudice a sostegno della durata decennale e non quinquennale della prescrizione, in conseguenza della rilevata interruzione risalente al 21 novembre 1995;
che, invece, come osservato dalla Corte di merito, l’appellante si era limitata ad affermare semplicemente che il primo giudice era incorso in errore nel ritenere che la prescrizione fosse decennale, senza formulare, tuttavia, specifici motivi di impugnazione a tal riguardo;
che è egualmente infondata la doglianza attraverso la quale la ricorrente contesta la parte della decisione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto che era inammissibile, in quanto nuovo, il motivo secondo cui nel verbale ispettivo mancava l’allegazione degli elementi essenziali, cioè degli atti e dei documenti che avrebbero dovuto comprovare le deduzioni degli ispettori; che, in realtà, la ragione di tale censura, basata sull’asserito valore di mera argomentazione difensiva della contestazione mossa alla pronuncia di inammissibilità del suddetto motivo d’appello, come tale sottratta al regime delle preclusioni di rito, non ha pregio;
che, in effetti, con tale contestazione la ricorrente mirava a far ritenere deficitaria la verbalizzazione concernente le rilevate omissioni contributive e, pertanto, essendo una tale obiezione destinata a produrre un effetto estintivo della pretesa creditizia della controparte, non poteva non essere considerata come una vera e propria eccezione in senso tecnico, la cui proposizione avrebbe dovuto essere svolta nei termini di rito, come esattamente rilevato dalla Corte di merito;
che, inoltre, la Corte d’appello non si è limitata a rilevare la tardività del suddetto motivo, ma ne ha anche constatato l’infondatezza nel momento in cui ha evidenziato che nel verbale ispettivo erano stati dettagliatamente indicati tutti i documenti aziendali visionati dagli ispettori (libro paga, registro presenze, libro matricola, modelli 770, documentazione di collocamento e A.N.F.) dal cui esame erano scaturite le riscontrate violazioni; che, in particolare, la Corte territoriale ha osservato che il Tribunale aveva rigettato l’opposizione dopo aver constatato che dalla prodotta visura camerale era emerso che l’oggetto sociale della V. s.r.l. era costituito dal commercio all’ingrosso ed al minuto di prodotti ortofrutticoli ed alimentari, mentre la società non aveva fornito la prova che l’attività consistesse nella coltivazione e produzione di beni ortofrutticoli; che il funzionario di vigilanza G.C. aveva confermato che nell’azienda non si svolgeva attività di produzione, ma solo quella di commercializzazione del prodotto, per cui le ragioni di infondatezza dell’opposizione erano state compiutamente esposte; che a fronte di tale argomentata motivazione in punto di fatto la ricorrente si limita, invece, a contrapporre la sua tesi difensiva incentrata sul semplice assunto di parte di aver ben esplicitato le ragioni di contestazione della decisione di rigetto, con la conseguenza che l’impugnata sentenza non rimane scalfita dalla genericità di un tale rilievo;
che, infine, risulta anche smentita la circostanza della lamentata carenza documentale, posto che la Corte di merito ha puntualmente richiamato gli atti ed i documenti sulla base dei quali era stata riconosciuta la fondatezza del preteso credito contributivo; che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo in favore dell’Inps, vanno poste carico della ricorrente in base al principio della soccombenza;
che alcuna statuizione va, invece, emessa nei confronti della SE.RI.T Sicilia s.p.a. che è rimasta solo intimata;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del presente giudizio nella misura di € 1000,00 per compensi professionali e di € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15 % ed accessori di legge. Nulla le spese nei confronti della SE.RI.T Sicilia s.p.a..
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