CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 maggio 2017, n. 12266
Tributi – IVA, IRPEF E IRAP – Ritenute alla fonte – Comunicazione di irregolarità
Fatti di causa
C.I. ricorre con quattro motivi per l’annullamento della sentenza della C.T.R. della Campania, n. 66/07/09 dep. il 3 marzo 2009, su ricorso avverso cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 600/73 (per Iva, Irpef e Irap e ritenute alla fonte anno 2002).
La C.T.R., in riforma della sentenza della C.T.P. di Benevento, ha ritenuto la cartella impugnata conforme alle previsioni di legge; obbligatoria la comunicazione di irregolarità circa gli errori rilevati in sede di controllo, che nella fattispecie è stata inviata (con racc. il 9.5.2005); insussistenti i vizi di motivazione, presentandosi la cartella dettagliata ed analitica. Ha ridotto ad un terzo la sanzione (per mancata risposta ai chiarimenti richiesti), in considerazione della carenza di prova sull’invio e la ricezione della comunicazione preventiva.
L’Agenzia delle entrate si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo dei ricorso si deduce contraddittoria motivazione circa i rapporti fra la ritenuta carenza di prova della comunicazione di irregolarità e la affermata legittimità dell’accertamento, pur avendo la C.T.R. statuito che “qualora tale comunicazione fosse mancata, ritiene questo Collegio che l’atto conseguenziale sarebbe viziato da nullità”.
Conclude il motivo chiedendo che la Corte dica “se, in presenza di evidenti contraddizioni e di affermazioni contrastanti fra loro e in violazione palese dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., la sentenza della C.T.R. di Napoli va considerata viziata e quindi annullata”.
2. Il motivo è inammissibile, essendo concluso da un momento di sintesi (ex art. 366 bis c.p.c.), obbligatorio in relazione alla suindicata data di deposito della sentenza, che non risponde alla prescrizioni richieste, in quanto generico e non riferito alla fattispecie. Nel caso di cui al n. 5 dell’articolo 360, primo comma, c.p.c., infatti, l’illustrazione di ciascun motivo “si deve concludere a pena di inammissibilità con l’enucleazione della chiara indicazione del “fatto controverso”, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità, che risponde all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui è pervenuto il provvedimento impugnato” (ex multis, S.U. nn. 14385/2007; 22640/2007, 3519/2008, 11535/2008, S.U., n. 26020/2008; Cass. n. 30650/2011).
3. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 36 bis d.P.R. 600/73, art. 54 bis d.P.R. 633/72, I. 241/90, art. 6 I. 212/2000, in combinato disposto), per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto legittima la cartella esattoriale in presenza di omessa e mai provata comunicazione di irregolarità, di avviso bonario, di adeguata istruttoria procedimentale.
4. Il motivo è infondato.
È principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che in tema di riscossione delle imposte, in caso di liquidazione a seguito di controllo delle dichiarazioni secondo procedure automatizzate, occorre l’instaurazione del contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo soltanto quando emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, presupposto nella specie nemmeno dedotto dallo stesso ricorrente (cfr. Cass. 15740 del 2016; n. 13759 del 2016).
5. Col terzo motivo si deduce violazione dell’obbligo di motivazione (in violazione degli artt. 6, 7, 17, I. 212/2000), riferita alla richiesta di pagamento e alla insufficiente motivazione sulle ragioni addotte dal contribuente. Conclude il motivo chiedendo che la Corte dica: “se la mancata motivazione sulle ragioni della richiesta di pagamento e, ancora, la errata ed insufficiente motivazione del mancato accoglimento delle ragioni ed argomentazioni addotte dal contribuente nelle controdeduzioni contro l’appello dell’Ufficio configurino o meno vizio di legittimità della sentenza impugnata e della imposizione fiscale in essa confermato”.
Il motivo è inammissibile, in quanto il quesito che lo conclude non risponde alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., essendo del tutto generico. Peraltro è inammissibile anche perché carente di autosufficienza in relazione al richiamo ad atti di causa di cui manca l’esposizione del relativo contenuto.
6. Col quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. 546/92 con riferimento al richiamo da parte dell’Ufficio solo in sede di appello della informazione ricevuta dall’anagrafe tributaria, in quanto motivo nuovo.
Il motivo è infondato, in quanto nel processo tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, di cui all’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (da ultimo Cass. n. 11223 del 31/05/2016). Nel caso di specie il semplice riferimento alle informazioni desumibili dalle risultanze dell’anagrafe tributaria non costituisce motivo nuovo nel senso dianzi individuato, trattandosi di mera difesa, volta a supportare i motivi di appello.
7. Conclusivamente il ricorso, in parte inammissibile in parte infondato, va rigettato.
8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in €. 1.200,00 oltre spese prenotate a debito.
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