CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 novembre 2017, n. 27289
Tributi – Imposta di registro – Istanza di rimborso – Espropriazione di terreni – Linea ferroviaria
Fatti di causa
Il Consorzio IRICAV Uno, quale general contractor di Treno Alta Velocità TAV Spa, procedeva ad acquisire in cessione volontaria sostitutiva di espropriazione i terreni necessari per realizzare la linea ferroviaria ad alta velocità Roma-Napoli e presentava, quindi, istanza di rimborso dell’imposta di registro applicata dall’ufficio finanziario sui prezzi di trasferimento. L’istanza, peraltro, era respinta dall’Amministrazione finanziaria.
Il Consorzio impugnava, quindi, il rifiuto di rimborso, invocando l’esenzione fiscale prevista per le acquisizioni coattive dello Stato e, in subordine, la riduzione dell’imponibile alla sola indennità-base della cessione volontaria.
L’impugnazione era respinta dalla CTP di Roma e la decisione era confermata in appello.
Il Consorzio ricorre per cassazione con cinque motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il contribuente deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 8, d.P.R. n. 131 del 1986, ritenendo, da un lato, applicabile l’esenzione ivi prevista anche agli atti di cessione volontaria compiuti in sede espropriativa perché con funzione autoritativa e, dall’altro, propugna una interpretazione evolutiva della nozione di Amministrazione pubblica, non limitata al solo Stato, inteso quale Stato-persona, ma estesa anche alle società in mano pubblica.
1.1. Il secondo motivo denuncia nuovamente violazione e falsa applicazione della medesima norma e vizio di motivazione, per aver la CTR motivato con rinvio ad un unico precedente.
1.2. il terzo motivo solleva questione di legittimità della stessa norma per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.
2. I primi tre motivi, da esaminare unitariamente perché tra loro logicamente connessi, sono infondati.
2.1. La Corte, invero, con riguardo a vicenda in tutto similare e relativa alla richiesta applicazione dell’esenzione a TAV Spa, ha già osservato che l’art. 57, comma 8, d.P.R. n. 131 del 1986 esonera dall’imposta di registro unicamente «lo Stato» e che un’estensione interpretativa del beneficio oltre il perimetro soggettivo dello Stato- persona è preclusa dalla natura eccezionale delle norme di esenzione fiscale (Cass. 16 gennaio 2009, n. 938, Rv. 606446). Orbene, non v’è ragione per discostarsi da questo precedente specifico, in ¡specie in un contesto esegetico univocamente orientato, a differenza di quanto prospettato dal ricorrente, a ribadire l’identità privatistica delle società di capitali a partecipazione pubblica (per le società in house, Sez. U, 1° dicembre 2016, n. 24591, Rv. 641767; Sez. U, 27 marzo 2017, n. 7759, Rv. 643551; Sez. U, 14 settembre 2017, n. 21299; per le società ferroviarie, Sez. U, 15 maggio 2017, n. 11983, Rv. 644250; irrilevante, invece, l’invocata Cass. 9 agosto 2017, n. 19817, che non si è occupato in alcun modo di tale profilo).
La natura eccezionale della norma di esenzione fiscale dello Stato- persona osta, dunque, all’estensione del beneficio in favore di soggetti solo indirettamente riconducibili all’amministrazione statale, pena l’ampliamento indefinito della platea dei soggetti esonerati, come dimostra proprio il caso di specie, non essendo TAV Spa neppure una società direttamente partecipata dallo Stato, bensì una società partecipata da altra società partecipata dallo Stato (Ferrovie dello Stato Spa).
Neppure è pertinente, dunque, il riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia, 5 ottobre 2017, C-567/15, il cui ambito, d’altra parte, è strettamente ancorato alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
L’opzione legislativa di delimitare il beneficio fiscale allo Stato- persona ha, del resto, carattere eminentemente discrezionale e si giustifica proprio in funzione del contemperamento tra la promozione delle acquisizioni pubbliche e la salvaguardia del flusso tributario, sicché l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata dall’odierno ricorrente si palesa manifestamente infondata.
2.2. Resta in disparte, infine, la questione dell’ambito oggettivo dell’esenzione di cui all’art. 57, comma 8, d.P.R. n. 131 del 1986 (che imporrebbe di verificare se la cessione volontaria del bene espropriando rientri o meno fra gli «atti di espropriazione per pubblica utilità o di trasferimento coattivo» cui si riferisce la norma di favore), atteso il carattere assorbente dell’estraneità della società privata in mano pubblica rispetto all’ambito soggettivo del beneficio, che resta circoscritto allo Stato-persona.
3. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 57, comma 8, e 44, comma 2, d.P.R. n. 131 del 1986 e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. e carenza assoluta di motivazione, doglianza reiterata con il quinto motivo ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione delle stesse norme nonché illegittimità costituzionale, il Consorzio si duole, in sostanza che il giudice d’appello non abbia deciso sul motivo di gravame attinente l’imponibile, da limitare al prezzo di cessione epurato dalle indennità, a pena, diversamente, di irragionevolezza delle disposizioni per il risultato deteriore che ne deriverebbe rispetto alla definizione negoziale delle procedure espropriative.
3.1. i motivi, da esaminare unitariamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili.
3.2. Le doglianze, muovendo dalla locuzione «prezzo» contenuta nell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 131 del 1986 («in caso di trasferimento volontario all’espropriante nell’ambito della procedura espropriativa la base imponibile è costituita dal prezzo»), evocano la giurisprudenza di legittimità che identifica il «prezzo» nella sola quota corrispettiva del percepito, espunte le indennità aggiuntive (Cass. 11 febbraio 2000, n. 1513, Rv. 533724; Cass. 22 febbraio 2008, n. 4538, Rv. 602172).
Il ricorso, in aperta violazione del principio di autosufficienza, non specifica, tuttavia, se e in che misura i cessionari abbiano ricevuto indennità aggiuntive non corrispettive, sicché, pur anche a ritenere conclamata l’omissione di pronuncia del giudice d’appello sulla questione dell’imponibile, non emerge la decisività del vizio omissivo, che è viceversa onere del ricorrente illustrare a fini di cassazione (Cass. 2 agosto 2016, n. 16102, Rv. 641581).
3.3. L’inammissibilità dei motivi, poi, determina l’irrilevanza della sollevata questione di legittimità ad essi pertinente.
4. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese regolate, come in dispositivo, per soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
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