CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 ottobre 2017, n. 24454
lndennità di buonuscita – Voci retributive – Contrattazione collettiva
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze con sentenza n. 156/2011 ha respinto l’appello proposto dall’INPDAP avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, che aveva accolto la domanda proposta da L.A., E.G. ed E.C., già dipendenti dell’Università degli studi di Firenze, Area tecnico-scientifica categoria EP, tesa ad ottenere il computo della retribuzione di posizione e dell’indennità di esclusività nelle competenze di fine rapporto corrisposte dall’INPDAP.
La Corte territoriale ha ritenuto di includere le suddette voci retributive nella base di computo dell’indennità di buonuscita in considerazione della possibilità riconosciuta alla contrattazione collettiva di modificare la disciplina legale di riferimento in applicazione del disposto dell’art. 2 comma 9 della legge n. 335/1995.
Avverso tale sentenza, l’Inps – in qualità di successore ex lege n. 214/2011 dell’Inpdap – ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. Resistono L.A., E.G. ed E.C. con controricorso illustrato da memoria.
Ragioni della decisione
1. L’Istituto ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 38 D.P.R. n. 1032 del 1973 nonché dell’art. 2 comma nove della legge n. 335 del 1995 censura, con un motivo, la sentenza impugnata per avere violato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3673 del 1997, secondo cui in tema di indennità di buonuscita dei pubblici dipendenti – attesa la inderogabilità della normativa previdenziale – l’autonomia individuale o collettiva non può introdurre specifiche modificazioni; inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 3 comma nove della legge n. 335/1995 e dal successivo d.p.c.m. del 20 dicembre 1999 in G.U. 15 maggio 2000 n. 111, le regole previste dalla legge n. 297 del 1982 in materia di trattamento di fine rapporto non possono trovare applicazione se non per coloro i quali hanno iniziato il proprio rapporto di lavoro successivamente al gennaio 2000.
2. Il motivo è fondato. Con riferimento alla inclusione, nella base di computo dell’indennità di buonuscita, dell’indennità di posizione, questa Corte di cassazione, invero, ha avuto modo di precisare in diverse occasioni (vd. Cass. 27836/2009, 709/2012; 24673/2016) che:
2.1 – il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, che è la disposizione fondamentale che regola l’indennità di buonuscita dei dipendenti statali, individua la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita e vi include in primo luogo lo stipendio, nonché specifiche indennità ed assegni previste da varie norme di legge (comma 1), prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale (comma 2);
2.2 – nel settore dell’impiego pubblico il riferimento allo “stipendio” evidenzia che nel calcolo è computabile solo la retribuzione base, o paga tabellare (oltre che presumibilmente il trattamento riferito all’anzianità acquisita, onde l’uso del termine “complessivo) ad esclusione però di ogni altra indennità o emolumento ed infatti nel suddetto art. 38 si annoverano “distintamente” nella medesima base contributiva lo “stipendio” e le altre indennità indicate tassativamente (indennità di funzione, assegno perequativo ecc), che quindi mai potrebbero considerarsi già comprese nella locuzione “stipendio” (vd. Consiglio di Stato n. 121 del 3 aprile 1985 e nn. 1121 e 1120 del 24 luglio 1998);
2.3 – il regime della indennità di buonuscita sopra illustrato non è mutato a seguito della privatizzazione del pubblico impiego,in quanto dalla L. n. 335 del 1995, art. 2 e dalla successiva conferma derivante dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3, ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 2), si deduce che solo per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996 è previsto che i trattamenti di fine servizio siano regolati secondo le disposizioni del codice civile, con conseguente superamento della struttura previdenziale dei trattamenti contemplati dalla disciplina pubblicistica; per contro, in relazione ai lavoratori già in servizio al 31.12.1995 (fra i quali vanno ricompresi gli ex dipendenti per cui è causa) è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto;
2.4 – attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l’indennità di buonuscita (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007), deve escludersi che l’autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e dato il non equivoco tenore del surricordato D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale; quindi, in particolare, la contrattazione collettiva non può interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell’indennità di buonuscita;
2.5 – in ogni caso, la stessa contrattazione collettiva include “la retribuzione di posizione” per cui è causa nel trattamento economico accessorio (art. 47 CNL del 21.5.96) e nessuna disposizione, né di quel contratto, né di quelli successivi include la retribuzione di posizione ai fini del calcolo della indennità di buonuscita;
2.6 – la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce comunque ad un trattamento molto più favorevole rispetto a quello relativo al TFR spettante ai i dipendenti privati, giacché i destinatari del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 citato, hanno il vantaggio di moltiplicare “l’ultimo stipendio” per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema del TFR, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno.
3. Nel caso di specie, dunque, correttamente è stato escluso dall’Inpdap, dalla base di computo della indennità di buonuscita, l’importo dell’indennità di posizione.
4. Quanto, poi, alla inclusione dell’indennità di esclusività nel computo dell’indennità di buonuscita, ribadito quanto sin qui esposto in ordine alla tassatività del contenuto dell’art. 38 del d.p.r. 1032/1973, deve darsi atto che la sentenza impugnata non ha approfondito in alcun modo, già in termini storici e fattuali, se ed in che termini le ex dipendenti abbiano percepito nell’ultimo anno di servizio, persistendo il servizio presso struttura universitaria in convenzione sanitaria, l’indennità in questione, di tal ché essa possa in ipotesi entrare a far parte della base di computo dell’indennità di buonuscita, secondo le esclusive previsioni dell’art. 38 del d.p.r. 1032/1973.
5. In particolare, deve ricordarsi che per la giurisprudenza amministrativa (vd. C.d.S. n. 442/2004) l’indennità prevista dall’art. 31 del DPR 20 dicembre 1979, n. 761 (c.d. indennità D.M.) – inizialmente considerata “non utile ai fini previdenziali e assistenziali”, non essendo compresa tra gli assegni e indennità tassativamente indicati all’art. 38 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1032 e dunque non computabile ai fini dell’indennità di buonuscita- in seguito alla decisione della Corte Costituzionale 24 giugno 1981 n. 126, è stata considerata una componente del complessivo trattamento economico spettante al personale universitario quando svolga attività assistenziale sanitaria e, come tale, utile ai fini assistenziali e previdenziali, in applicazione dell’art. 38 Cost.
6. Questa Corte ha pure precisato che l’indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie, riconosciuta dall’art. 1 della I. n. 200 del 1974 per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo. Cass. SS.UU. n. 9279/2016).
7. Per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo, poi, il d.lgs. 502/92, ha previsto uno specifico trattamento economico aggiuntivo per la definizione del quale rinviava ai contratti collettivi di lavoro. A tal fine i CCNL dell’8 giugno 2000 hanno istituito un particolare emolumento denominato “indennità di esclusività”, che rappresenta un istituto di certo peculiare nell’ambito dell’impiego pubblico e viene definito come “elemento distinto della retribuzione”. Essa, è erogata per 13 mensilità ed è articolata in fasce che vengono conseguite a seguito del raggiungimento di una certa esperienza professionale e previa valutazione positiva.
8. Peraltro, l’indennità di esclusività si differenzia, quanto a natura ed effetti derivanti dalle previsioni contrattuali collettive successive, rispetto all’indennità di posizione e ciò si apprezza già in seno al d.lgs. 517/1999 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università). In particolare, (vd. C.d.S. n. 516/2011) può affermarsi che : a) la previsione della indennità di esclusività è contemplata in autonoma disposizione normativa rispetto a quella (art. 6 d.lgs. 517/1999) nell’ambito della quale soltanto opera la regola dell’ alternatività tra nuovi trattamenti aggiuntivi dovuti al personale universitario docente e pregresso meccanismo perequativo; b) l’art. 6 ultimo comma del d.lgs. 517/1999 reca l’abrogazione delle disposizioni (tra cui l’art. 102 del DPR n. 382/80) che prevedevano la equiparazione sul piano retributivo tra personale docente e personale del servizio sanitario nazionale; c) l’art. 8 del d.lgs. n. 517/99, sia pur con riferimento alle Università non statali che gestiscono direttamente policlinici universitari, prevede espressamente che l’art. 5 (nel cui ambito precettivo si rinviene il disposto in ordine alla indennità di esclusività) trovi inderogabile applicazione, senza che sia possibile che in sede di protocollo d’intesa tra Regione ed Università possa disapplicarsi la disposizione in ordine appunto alla erogazione della predetta indennità di esclusività.
9. E’, quindi, necessario ricostruire in fatto la concreta attribuzione di tale indennità di esclusività a ciascuna delle contro ricorrenti alla luce delle descritte vicende normative e contrattuali collettive al fine di valutare il fondamento del relativo capo di domanda.
10.In definitiva, il ricorso va accolto con la cassazione della sentenza impugnata e, quanto alla pretesa delle ex dipendenti relativa alla inclusione nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita dell’indennità di posizione può, senza bisogno di ulteriori accertamenti, ai sensi dell’art. 384 cod.proc.civ., essere disposto il rigetto.
11. Quanto al capo di domanda relativo alla inclusione nella base di calcolo della buonuscita dell’ indennità di esclusività deve disporsi il rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione affinché proceda agli accertamenti di cui ai superiori punti 4), 5) 6) e 7.
12. Il giudice del rinvio regolamenterà le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per la prosecuzione del giudizio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
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