CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 ottobre 2017, n. 24455
Trattamento di cassa integrazione straordinaria – Corresponsione – Periodo successivo a quello di occupazione con contratto di lavoro a termine – Comunicazione preventiva e neppure contestuale – Comunicazione tempestiva della circostanza – Non sussiste
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 183/2011, ha respinto l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale era stata accolta la domanda di M.B., collocata in cassa integrazione straordinaria dal 17 febbraio 2005 per un anno, tesa ad ottenere la condanna dell’Inps alla corresponsione del trattamento di cassa integrazione straordinaria per i giorni compresi tra il 17 febbraio 2005 ed il 17 gennaio 2006, antecedenti e successivi al periodo di occupazione con contratto di lavoro a termine venuto in essere con la F. s.p.a, avendo l’INPS ritenuto tardiva la comunicazione all’Istituto del contratto in questione ai sensi del D.L. n. 86 del 1988, ex art. 8, comma 5. La Corte d’appello di Milano ha ritenuto che il D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5, non potesse interpretarsi nel senso di imporre al lavoratore, a pena di decadenza del trattamento di integrazione salariale, una comunicazione preventiva e neppure contestuale dell’inizio di altra attività lavorativa, dovendosi dare rilievo allo stato soggettivo della lavoratrice ed essendo sufficiente, come per la disciplina in materia di indennità di mobilità, una comunicazione tempestiva della circostanza, come avvenuto nella specie.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’INPS, affidato ad unico motivo illustrato da memoria. Resiste M.B. con controricorso.
Motivi della decisione
1. L’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 8, comma 5, convertito in L. 20 maggio 1988, n. 160 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonostante il chiaro tenore letterale della norma secondo cui il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Inoltre, è previsto che il lavoratore decade dal diritto ai trattamento di integrazione salariale nel caso non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’I.N.P.S. dello svolgimento della predetta attività.
2. La Corte di merito ha ritenuto di poter interpretare tale disciplina alla luce di un principio di concreta esigibilità secondo canoni di normale diligenza, traendo in concreto erroneo conforto analogico da quella vigente in materia di indennità di mobilità, che prevede, al fine di evitare la decadenza dal trattamento di mobilità, solo una comunicazione tempestiva (nel testo, poi abrogato, di cui al D.L. n. 510 del 1996, art. 4, comma 38, convertito in L. n. 608 del 1996, stabilito in cinque giorni) e dunque non preventiva e tanto meno contestuale.
3. Il ricorso è fondato, non essendo la sentenza impugnata in linea con il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 3690/01, 5019/04, 11679/05, 173/06, 14196/10; 26520/13 e da ultimo n. 10379/2015).
In tali pronunce si è affermato che la decadenza dal trattamento di integrazione salariale prevista dal D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 8, comma 5, convertito in L. 20 maggio 1988, n. 160, risulta espressamente comminata per l’omissione, da parte dei lavoratori beneficiari del trattamento, della comunicazione preventiva, rispetto allo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, allo scopo di consentire all’INPS la verifica circa la compatibilità dell’attività da svolgere con il perdurare del rapporto di lavoro presupposto dell’integrazione salariale.
3. Si è anche chiarito (Cass. n. 5019/04) che l’art. 8, in questione impone al beneficiario del trattamento di c.i.g. di dare all’INPS la preventiva comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa, ancorché compatibile con detto trattamento, quale quella temporanea o saltuaria, a pena di decadenza del lavoratore dal diritto a detto trattamento, e che in difetto di lacune da colmare, non è applicabile in via analogica a detta fattispecie la meno rigorosa regola dettata dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 9, comma 1, lett. d), poi modificata dal D.L. n. 510 del 1996, convertito in L. n. 608 del 1996, per il diverso istituto della indennità di mobilità, che richiede una comunicazione tempestiva, cioè effettuata in tempi ragionevoli, ma non necessariamente precedente l’assunzione al lavoro.
4. Questa Corte ha anche affermato che la comunicazione preventiva risulta coerente con la “ratio legis” della disposizione, volta ad assicurare la massima efficacia ai controlli dell’INPS ai fine di ridurre l’area del lavoro nero e garantire l’effettiva destinazione, a sostegno dei disoccupati, delle risorse disponibili. Una diversa opzione interpretativa, che limiti la decadenza dall’integrazione solo al periodo successivo all’inizio dell’attività lavorativa da parte del cassintegrato, comporterebbe la soppressione della sanzione prevista dalla norma e finirebbe, ingiustamente, per equiparare i cassaintegrati che svolgono un lavoro retribuito senza informarne l’INPS e quelli che, invece, correttamente assolvono l’obbligo di comunicazione (Cass. n. 26520/13).
5. I dubbi di costituzionalità in materia sono già stati esclusi dalla C. Cost., sentenze n. 195/95 e n. 190/96. Può qui aggiungersi che, pur potendosi ammettere che un contratto di lavoro possa venire ad esistenza contemporaneamente all’inizio della prestazione lavorativa, posto che l’esecuzione della prestazione lavorativa deve essere considerata come estrinsecazione di un rapporto di lavoro e manifestazione legittima di consenso idoneo a costituire un valido contratto (Cass. n. 1370/74, Cass. n. 807/73) e pur considerato che l’esecuzione di una prestazione lavorativa possa anche non essere preceduto da trattative, con la conseguenza di impedire al lavoratore una comunicazione preventiva, esponendolo alla decadenza dal trattamento di integrazione salariale, deve replicarsi che è rimessa alla libera valutazione del lavoratore decidere se dare immediata esecuzione all’attività lavorativa oppure procedere alla comunicazione preventiva all’INPS, valutando che la comunicazione deve essere solo precedente l’inizio dell’attività lavorativa senza altre specificazioni temporali.
6. – Non sussistendo infine dubbi di legittimità costituzionale della disciplina di cui al D.L. n. 86 del 1988, citato art. 8, comma 5, rispetto al differente caso dell’indennità di mobilità, non risultando violato alcun principio di ragionevolezza e di uguaglianza, essendo quest’ultima corrisposta a soggetti il cui rapporto di lavoro, a differenza del cassaintegrato, è ormai cessato, il ricorso deve accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della originaria domanda della lavoratrice.
Le alterne vicende della lite consigliano la compensazione delle spese della fase di merito, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo, nel merito, rigetta la domanda proposta da M.B..
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2000 per compensi oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% spese accessorie.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 giugno 2020, n. 11621 - In tema di benefici fiscali per l'acquisto della "prima casa", la circostanza che l'acquirente non abbia potuto trasferire la residenza nell'immobile per il mancato rilascio da parte del…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 25025 depositata il 22 agosto 2023 - Il pagamento della Cassa integrazione in deroga (CIGD) spetta, qualora il lavoratore non sia rioccupato alla cessazione del periodo alle dipendenze del datore di lavoro, al Fondo…
- Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, sentenza n. 2882 depositata il 27 marzo 2024 - L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti”): in tal caso, infatti, “il termine per…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 marzo 2022, n. 7981 - La decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto;…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1699 depositata il 19 gennaio 2023 - La notificazione della sentenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 285 e 326, primo comma, cod. proc. civ., deve contenere nella relativa “relata” l’indicazione onomastica…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 ottobre 2022, n. 31146 - Legittimo il licenziamento disciplinare per il mancato obbligo di comunicazione preventiva a carico del lavoratore, il quale sussiste anche se la nuova occupazione dia luogo ad un reddito…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…