CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 gennaio 2018, n. 1117
Tributi – Dichiarazione dei redditi – Emendabilità – Opzione relativa al riporto delle perdite – Modifica dell’opzione esercitata mediante presentazione di istanza di rimborso – Esclusione
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 10.5.2010, la S.I.A. spa – svolgente attività di trasporto pubblico locale nella città di Brescia e comuni limitrofi, esponeva che, pur avendo negli anni 2003 e 2004 realizzato perdite fiscali, anche in virtù della non imponibilità ai fini Irpeg dei contributi regionali erogati per ripianare i disavanzi di gestione, aveva scelto di non utilizzarle nell’anno 2005 (Unico 2006) per compensare il reddito di tale esercizio, in virtù di un orientamento dell’amministrazione che, con la risoluzione 126/E del 2005, aveva negato la riportabilità delle perdite fiscali nei limiti dei contributi regionali non imponibili ottenuti dalle società di trasporto pubblico locale; conseguentemente, tali perdite erano state semplicemente indicate come non utilizzabili nell’Unico 2006 (relativo all’esercizio 2005) nel rigo RS, e non erano state esposte nel rigo delle perdite utilizzabili nell’esercizio, nel quadro RN.
Tuttavia, la società presentava nel febbraio 2007 istanza di rimborso, che veniva respinta, ed impugnava il rigetto della stessa davanti alla CTP di Brescia, evidenziando anche che, nel frattempo, il legislatore, con l’art. 1, comma 310, legge 24.12.2007, n. 244, aveva definitivamente chiarito che la limitazione al riporto delle perdite di cui all’art. 84 TUIR non era applicabile in relazione ai contributi in questione. La CTP accoglieva il ricorso.
Su appello dell’ufficio, la CTR della Lombardia, in riforma della CTP, accoglieva lo stesso riconoscendo la legittimità del rigetto della domanda di rimborso, affermando che l’istanza di rimborso equivaleva, in sostanza, ad una modifica della dichiarazione al di fuori dei termini di legge per le dichiarazioni integrative.
Contro tale sentenza ricorre in cassazione la SIA sulla base di tre motivi.
L’ufficio non si è costituito.
Il contribuente ha, poi, depositato memoria datata 16.10.2017.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8-bis, dpr 322 del 1998 e 38, comma 1, dpr 602 del 1973 ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cpc sostenendo la erroneità della tesi della CTR secondo cui solo attraverso la dichiarazione integrativa il contribuente poteva modificare la dichiarazione originaria, atteso che tale interpretazione svuota di contenuto la norma dell’art. 38 dpr 602 del 1973 sul rimborso.
Con il secondo motivo di ricorso deduce insufficienza della motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) cpc circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, per insufficiente individuazione dei motivi in fatto e diritto dai quali discenderebbe l’inapplicabilità dell’art. 38 dpr 602 del 1973.
Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli art. 84, comma 1, dpr 917 del 1986 e 38, comma 1, dpr 602 del 1973 ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cpc per avere la CTR affermato che l’unica modalità che il contribuente aveva per riportare le perdite era avvalersi di tale facoltà nel primo anno successivo in utile, mentre la norma del TUIR vigente all’epoca consente l’utilizzo delle perdite entro i cinque anni, ed in ogni caso il contribuente si è attivato per il riporto della perdita attraverso l’istanza di rimborso.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per lo stretto rapporto tra essi, sono infondati.
È vero che la giurisprudenza in termini di emenda della dichiarazione, sia tramite dichiarazione integrativa che domanda di rimborso, è ormai giunta alla conclusione secondo cui la dichiarazione può essere modificata anche oltre i termini per la presentazione di quella integrativa e, addirittura, la questione di merito sottostante alla dichiarazione errata può essere discussa in sede contenziosa a prescindere dalla presentazione entro i termini di dichiarazione integrativa o di domanda di rimborso (Sez. Un. n. 13378 del 2016).
Tuttavia, nel caso di specie, il riferimento a questa giurisprudenza, compiuto anche dal ricorrente nella memoria del 16.10.2017, non coglie nel segno, per la ragione che tale orientamento si riferisce a quelle parti della dichiarazione che costituiscono mera dichiarazione di scienza.
La stessa giurisprudenza cui fa riferimento il ricorrente fin dall’atto introduttivo di questo giudizio (tra le altre, Sez. V, n. 13484 del 2007, sez. V, n. 16023 del 2009) che nella memoria (tra le altre Sez. V, n. 16982 del 2015, sez. V, n. 4049 del 2015) si riferisce, infatti, a casi di errori nella dichiarazione relativi a pure manifestazioni di scienza (avere esposto un reddito d’impresa derivante dalla commercializzazione di prodotti, nonostante che, per la loro qualifica soggettiva, i contribuenti fossero tenuti solo a denunciare un reddito forfetario; non avere inserito per errore materiale nella dichiarazione dei redditi l’ammontare delle ritenute di acconto operate su degli interessi accreditati da un istituto di credito; avere, per mero errore materiale, imputato una plusvalenza ad un anno di imposta anziché ad un altro).
Nel caso di specie, al contrario, siamo in presenza di una di quelle parti della dichiarazione che costituiscono manifestazione di volontà, perché espressioni di una opzione compiuta consapevolmente e volontariamente dal contribuente.
In questi casi, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “le dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, anche omissivo, sia esso di fatto o di diritto, in cui sia incorso il dichiarante nella sua redazione, è sempre emendabile e ritrattabile – salvi i limiti temporali derivanti dall’esaurimento determinato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze – per quanto concerne i dati in essa indicati riferibili ad esternazioni di scienza e di giudizio (quali, a titolo di esempio, gli errori di calcolo o di liquidazione degli importi dei componenti positivi e negativi di reddito; la inesatta qualificazione giuridica dei componenti di reddito o la errata individuazione delle voci del modello di dichiarazione da compilare nelle quali collocare le singole poste), mentre esulano da tale disciplina gli altri errori commessi nella dichiarazione fiscale e relativi alla indicazione di dati riferibili, invece, ad espressione di manifestazioni di volontà negoziale (quale è, come nel caso di specie, l’esercizio della facoltà di opzione – riservata al contribuente dall’art. 102 TUIR nel testo vigente ratione temporis – di utilizzare le perdite di esercizio verificatesi negli anni pregressi portandole in diminuzione del reddito prodotto nell’anno oggetto della dichiarazione, ovvero di non utilizzare dette perdite riportandole in diminuzione dal reddito nei periodi di imposta successivi) (Sez. V, n. 7294 del 2012).
In simili ipotesi, afferma ancora questa Corte, il contribuente che intenda contestare l’atto impositivo, notificatogli dall’amministrazione finanziaria per far valere l’errore commesso, è onerato – secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui all’art. 1427 cod. civ. e ss., applicabile ex art. 1324 cod. civ. agli atti unilaterali inter vivos a contenuto patrimoniale, in quanto compatibile – di fornire la prova della rilevanza dell’errore, con riguardo ad entrambi i requisiti della sua essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria. Con la conseguenza che, laddove il contribuente non fornisca detta prova, indispensabile affinché il vizio della volontà possa incidere, invalidandola, sulla dichiarazione negoziale, quel generale principio di emendabilità non vale ad inficiare la pretesa tributaria legittimamente azionata (conf. Cass. n. 6977 del 2015). (Sez. V, n. 3286 del 2016).
Il principio, quindi, è quello per cui, laddove il contribuente in dichiarazione abbia manifestato una volontà, esercitando una opzione, non può, poi, a posteriori, modificare la stessa, neppure attraverso una istanza di rimborso. In questo senso, sebbene in riferimento ad una fattispecie diversa da quella del presente ricorso, Sez. V, ord. n. 19215 del 2017, secondo cui, a differenza delle dichiarazioni di scienza suscettibili di essere corrette in caso di errore, le manifestazioni di volontà espresse in dichiarazione sono irretrattabili, e non possono essere modificate neppure ricorrendo alla procedura di rimborso ex art. 38 dpr 602 del 1973, salvo nel caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell’art. 1428 c.c.
Quest’ultima ipotesi non ricorre nella specie, in cui, a fronte della scelta dal contribuente di non riportare le perdite nell’annualità in questione, non si può ritenere di essere di fronte ad un errore riconoscibile da parte dell’Amministrazione, potendo la modalità adottata dal contribuente essere una delle possibili opzioni di compilazione della dichiarazione, che non era idonea a destare alcun sospetto di errore nell’ufficio.
La sentenza impugnata ha, nella sostanza, espresso principi in linea con quanto sopra, laddove, affermando che è il contribuente che deve effettuare una scelta, ha – sebbene implicitamente e con espressioni non del tutto tecniche – espresso il concetto per cui, nelle parti di dichiarazione corrispondenti a manifestazioni di volontà, l’opzione esercitata non è poi modificabile con istanza di rimborso (la sentenza lascia spazio all’emenda con dichiarazione integrativa, ma l’affermazione è irrilevante nell’economia del caso, dove la stessa non è stata presentata). Si tratta di affermazione che, in linea di diritto, corrisponde a quanto sopra esposto e in cui la motivazione non può considerarsi insufficiente perchè il concetto che emerge dalla stessa è chiaro, per quanto espresso sinteticamente.
Il fatto, poi, che la CTR abbia affermato che le perdite potevano essere riportate solo nel primo anno successivo alla dichiarazione, non è rilevante nel complesso della causa, sia perchè la questione è superata dall’affermazione della irretrattabilità dell’opzione, sia perchè l’oggetto della controversia non verte sul termine temporale del riporto delle perdite, ma sulla possibilità e modalità con cui emendare tale parte di dichiarazione.
Il ricorso deve, quindi, essere respinto.
Non essendo l’Ufficio costituto in giudizio, non vi è soccombenza sulle spese che possono, pertanto, essere compensate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa le spese del presente giudizio.
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