CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 maggio 2017, n. 12559
Lavoro – Dipendenti regionali – Superiore inquadramento – Concorso interno – Procedure di mobilità
Svolgimento del processo
La Corte di appello di L’Aquila, confermando la sentenza n. 165 del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda dei ricorrenti, dipendenti della Regione Abruzzo, volta all’accertamento del diritto all’attribuzione della categoria D, posizione economica DI, profilo professionale di Funzionario amministrativo per scorrimento nella graduatoria (pubblicata sul B.U.R.A. speciale concorsi n. 82 del 3.8.2005) all’esito del concorso interno.
La Corte territoriale, rilevato che i posti rivendicati sono stati ricoperti mediante trasferimento di altri dipendenti della pubblica amministrazione a seguito di mobilità interna, ha ritenuto corretto il comportamento della Regione che – in ossequio all’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 – ha dato prevalenza a tale modalità di copertura delle vacanze di organico, fra l’altro priva di ulteriori esborsi di spesa.
Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori affidandosi ad un articolato motivo. La Regione ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della sentenza
Con l’unico motivo di ricorso i lavoratori denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 2 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, anche in relazione agli artt. 33 della legge regionale n. 77 del 1999 e 36 della legge regionale n. 6 del 2005 ed al bando di concorso (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte territoriale, trascurato che – essendo stata avviata la mobilità a seguito dell’indizione del concorso interno – la Regione aveva l’obbligo di attingere le ulteriore vacanze dalla graduatoria del concorso in ossequio alle previsioni di vigenza triennale della suddetta graduatoria contenute sia nel bando della selezione sia nelle leggi regionali. La Corte territoriale ha, inoltre, richiamato il criterio di priorità delle procedure di mobilità rispetto alle procedure di selezione interna, di cui all’art. 30, comma 2bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, senza avvedersi che la disposizione (che inerisce al momento precedente l’indizione della selezione interna) è stata inserita nell’ordinamento in data successiva alla pubblicazione del bando di concorso (del 14.7.2004). Diversamente, la legge regionale del 1999 (e quelle successive n. 6 del 2005 e n. 49 del 2010) prediligono lo strumento dello scorrimento in graduatoria per la copertura di posti vacanti, al fine del contenimento della spesa.
Il ricorso non merita accoglimento.
La Regione Abruzzo ha indetto, con bando pubblicato sul B.U.R.A. speciale concorsi n. 69 del 14.7.2004, una selezione interna (per titoli ed esami) per la copertura di 3 posti di categoria D, profilo professionale di Funzionario amministrativo; all’esito della procedura (la graduatoria è stata pubblicata il 3.8.2005), la Regione ha provveduto all’assunzione dei 3 vincitori. Successivamente, con delibere che si diluiscono nel tempo (la prima del 28.8.2005 e l’ultima del 15.11.2007), la Regione ha proceduto ad immettere nei propri ruoli 9 dipendenti transitati con mobilità volontaria intercompartimentale, inquadrati (nell’amministrazione di provenienza) nella categoria D.
Il testo originario dell’art. 30 del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165 recitava: “Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse
Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza.
I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dal comma 1.”
L’art. 5, comma 1 -quater, del decreto legge 31.1.2005, n. 7 convertito, con modificazioni, dalla legge 31.3.2005, n. 43) ha aggiunto alcuni commi all’art. 30 citato. In particolare, il comma 2 bis recitava: “”2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza”.
Successivamente (con l’art. 16, comma 1, della legge 28.11.2005, n. 246) sono state apportate ulteriori modifiche alla disposizione. Invero, “Al fine di rafforzare i servizi alle Imprese da parte delle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo ai servizi di informazione e di semplificazione, nel rispetto del contenimento dei costi”, le parole: “passaggio diretto” sono state sostituite da : “cessione del contratto di lavoro” (al comma 1 dell’art. 30 del d.lgs. n. 165); al comma 2, è stato aggiunto, in fine, il seguente periodo: ”In ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”; dopo il comma 2-quater, è stato aggiunto il seguente: “2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilita ‘ si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione”.
Questo era il quadro normativo vigente all’epoca in cui la Regione si è determinata a ricoprire tramite mobilità intercompartimentale i posti vacanti nella categoria D.
La legislazione successiva intervenuta a modificare ed integrare l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 ha perseguito sempre con maggiore determinazione la finalità di favorire le procedure di mobilità volontaria tra amministrazioni pubbliche (centrali e periferiche) al fine di riequilibrare, nella sua globalità, la distribuzione del personale pubblico tra i diversi uffici nonché sul territorio (art. 49, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2009, in relazione al quale la Corte Costituzionale, con sentenza n. 324/2010, ha dichiarato infondata la questione di illegittimità costituzionale promossa in riferimento all’art. 117, quarto comma, Cost., appartenendo – la materia – all’ordinamento civile e non ad ambiti materiali di competenza regionale).
Con riguardo alla legislazione regionale, la testuale voluntas legis, se è certamente quella di preferire l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, “derivanti da pubblici concorsi”, ove ancora vigenti, rispetto all’indizione delle procedure di concorsi pubblici (art. 33 della legge regionale n. 77 del 1999 e art. 36 della legge n. 6 del 2005), è anche quella di anteporre, finanche all’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, l’esperimento delle procedure di mobilità, come è inequivocamente indicato dalla locuzione “previo esperimento delle procedure di mobilità” contenuto nell’art. 5 della legge regionale n. 49 del 2010.
La mobilità intercompartimentale – come il legislatore ha espressamente previsto (cfr., ad. esempio, l’art. 1, commi 47-49 della legge n. 311/2004 in materia di mobilità dei segretari comunali) – deve ritenersi estranea ai blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione in quanto all’esito della sua realizzazione non vi è un vero e proprio aggravio di spesa per la pubblica amministrazione globalmente considerata, posto che – pur variata l’amministrazione di appartenenza – il numero complessivo dei soggetti impiegati rimane lo stesso, trattandosi di strumento di gestione funzionale all’organizzazione complessiva della pubblica amministrazione.
Ne resta confermato un quadro normativo di assoluto favore per il passaggio di personale tra amministrazioni rispetto all’assunzione di nuovo personale, che non può non riverberarsi anche sul rapporto tra ricerca di personale mediante mobilità volontaria e scorrimento delle graduatorie; anche in quest’ultimo caso, infatti, pur trattandosi di procedure già espletate, rileva comunque la provvista “aggiuntiva” di nuove risorse umane, al contrario dell’altra modalità in cui la copertura dei posti si consegue attraverso un’ottimale redistribuzione di personale pubblico già in servizio.
E’ stato affermato da questa Corte, seppur con riguardo ai profili di riparto della giurisdizione, che le procedure riguardanti soggetti già dipendenti di pubbliche amministrazioni ove dirette a realizzare la novazione del rapporto con inquadramento qualitativamente diverso dal precedente realizzano delle vere e proprie assunzioni mentre il passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, disciplinato attualmente dal d.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 30, integra una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto (SS.UU. nn. 5077/2015, 26420/2006). Anche la Corte Costituzionale ha rilevato come la mobilità volontaria integra una fattispecie di cessione del contratto e gli oneri di pubblicità delle carenze di organico al fine di agevolare la copertura tramite passaggio diretto di personale da altre amministrazioni rispondono semplicemente alla necessità di rispettare l’art. 97 Cost. e, precisamente, i principi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione (sentenza n. 324/2010).
L’esposto excursus normativo e giurisprudenziale dimostra che il trasferimento di un dipendente da un’amministrazione ad un’altra tramite mobilità intercompartimentale concreta una fattispecie diversa dalla progressione verticale da una categoria ad un’altra, la prima una cessione di contratto e l’altra un reclutamento di personale, e che il legislatore – in ossequio a principi di buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., al fine di realizzare economie di spesa – favorisce il passaggio diretto di personale pubblico, a parità di inquadramento, tra le diverse amministrazioni.
Nel caso di specie, la esigenza di copertura di posti vacanti si è manifestata a distanza temporale notevole (agosto 2005-novembre 2007) rispetto all’indizione del concorso (luglio 2004), sicché è affatto incompatibile né irragionevole ex se, posta la reiterata proroga di vigenza delle graduatoria e nella stessa ottica del risparmio di spesa, la (rinnovata) ricerca di personale all’interno del comparto pubblico che, nelle more, ben può essersi reso reperibile.
L’Amministrazione, inoltre, ha coperto posti “ulteriori” rispetto a quelli di cui al concorso, laddove l’avviso di mobilità precedente l’indizione, ove effettuato, non avrebbe potuto che riguardare solo i tre posti effettivamente e “originariamente” messi a concorso.
In conclusione, la scelta tra copertura di posti vacanti tramite mobilità del personale ovvero scorrimento di graduatoria efficace poteva ritenersi rimessa, sino alla novella legislativa del novembre 2005 (legge n. 246/2005 innanzi riportata), al potere discrezionale della pubblica amministrazione; successivamente, la previsione di una espressa nullità della determinazione che decida il reclutamento di nuovo personale (nella cui accezione, secondo giurisprudenza consolidata, va incluso la progressione verticale dei dipendenti in categoria superiore) senza provvedere, prioritariamente, ad avviare la mobilità di personale proveniente da altra amministrazione configura un obbligo per l’amministrazione procedente.
Non sussisteva, pertanto, né sussiste un diritto soggettivo dei ricorrenti alla copertura di posti vacanti tramite scorrimento in graduatoria in via prioritaria rispetto al trasferimento di personale mediante mobilità intercompartimentale.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza, oltre spese prenotate a debito (in considerazione della difesa erariale).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio, liquidate in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
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