CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 novembre 2016, n. 23499
Tributi indiretti – Iva – Imposta di registro, ipotecaria e catastale – Cessione terreno – Istanza di rimborso
Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione
1. Con atto del 30 ottobre 2006 la società C.S. S.r.l. vendeva alla società P. Srl un lotto di terreno edificabile con sovrastante fabbricato in corso di costruzione. La cessione del terreno veniva assoggettata ad Iva ed all’imposta di registro a tassa fissa mentre erano corrisposte nella misura proporzionale le imposte ipotecaria e catastale. L’acquirente, avvedutosi dell’errore in cui era incorsa, inoltrava all’agenzia delle entrate istanza di rimborso della somma di euro 319.664,00 corrisposta indebitamente per le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale anziché fissa.
Avverso il silenzio rifiuto dell’agenzia delle entrate la società P. S.r.l. ricorreva alla commissione tributaria provinciale di Bologna, la quale accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna lo accoglieva sul rilievo che il fabbricato era strumentale all’attività della società e, dunque, andava esente da Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1, numero 8 ter, del d.p.r. 633/72, con la conseguenza che erano dovute le imposte ipocatastali in misura proporzionale, ai sensi dell’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990 numero 347.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società C.S. S.r.l., la quale ha incorporato la società P. l’Srl, formulando due motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’articolo 370, comma 1, cod. proc. civ..
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 17, 1 e 10 del decreto legislativo 347/1990, 1 bis della tariffa allegata al decreto legislativo 347/1990, 10, comma 1 numero 8 ter, del d.p.r. 633/72. Sostiene la ricorrente che ha errato la CTR nel ritenere che l’immobile – il quale risultava essere in costruzione al momento dell’acquisto del terreno ed era stato ultimato due anni dopo la stipula del contratto – fosse strumentale all’attività imprenditoriale e, come tale, andando esente da Iva, dovesse scontare le imposte ipocatastali in misura proporzionale. Si trattava, invece, di bene non esente da Iva di talché, per il principio dell’alternatività, dovevano essere applicate l’imposta di registro e le imposte ipocatastali in misura fissa.
4. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., evidenziando la contraddittorietà in cui è incorsa la CTR nell’affermare che il contribuente non aveva posto in essere alcuna azione radicale tale da alterare le caratteristiche tecniche dell’immobile e che, anzi, si era prodigato per portare a termine la costruzione per poterla utilizzare nell’esercizio dell’impresa. Invero tale affermazione provava la natura non strumentale dell’immobile al momento dell’acquisto.
5. Osserva la Corte che entrambi i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica.
Dalla sentenza impugnata si evince che al momento del contratto di acquisto stipulato il 30 ottobre 2006 l’immobile era in corso di costruzione e che era stato ultimato nell’aprile del 2008, epoca dalla quale vi era stata la possibilità dell’utilizzo del bene strumentale nella gestione corrente dell’impresa. Secondo la contribuente, trattandosi di immobile in corso di costruzione, esso non può rientrare nella previsione di cui all’articolo 10, comma 1, numero 8 ter, del d.p.r. 633/1972, che prevede l’esenzione da Iva per le cessioni di fabbricati strumentali, posto che la norma stessa prevede che si debba trattare di fabbricato non suscettibile di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni sicché la circostanza che l’immobile non sia ultimato escluderebbe di poterne affermare la strumentalità all’esercizio dell’impresa.
Ora, l’agenzia delle entrate, con la circolare n. 12/E del 1 marzo 2007, ha affermato che «occorre tener conto che l’art. 10, nn. 8-bis) e 8-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972, nell’individuare il regime IVA applicabile alla cessione di fabbricati, non tratta specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”. Ciò diversamente da quanto espressamente previsto in altri ambiti normativi (come, ad esempio, il n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 e il n. 127-undecies) della Tabella A, parte III, allegata al medesimo d.P.R.). Ciò induce a ritenere che la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo (come individuata nel paragrafo che precede) sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’art. 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA». Espressioni analoghe si rinvengono nella circolare n. 12/E del 12.3.2010. Ciò che viene posto in rilievo, ai fini di affermare che l’atto di cessione è sottoposto ad Iva, è che il bene non sia ancora uscito dal circuito produttivo sicché nel caso in cui l’immobile, non ancora completato, pervenga al consumatore finale, il quale provveda all’ultimazione dei lavori a mezzo di contratto di appalto, ci si trova in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, comma 8 ter, d.p.r. 633/1972 e l’atto va assoggettato ad imposta di registro. Tale interpretazione della norma appare conforme al dato testuale, considerato che l’art. 10, comma 8 ter, citato, esclude dall’esenzione le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici entro cinque anni dalla data della ultimazione della costruzione, ravvisandosi in ciò la ratio della norma che consiste nell’intento di favorire le imprese costruttrice le quali, esse si, possono giovarsi della sottoposizione ad Iva in quanto partecipano del ciclo produttivo.
Diversamente opinando, ovvero qualora si ritenesse che qualsiasi cessione di bene strumentale non ultimato andasse esente da Iva, anche nel caso in cui l’acquirente fosse il consumatore finale, si legittimerebbero operazioni elusive che non si giustificano alla luce di quella che deve intendersi essere la ratio della norma, volta ad assoggettare ad Iva le cessioni di beni strumentali non ultimati che avvengono nell’ambito del circuito produttivo e non sono poste in essere a favore del consumatore finale.
Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio ad altra sezione dell’Emilia-Romagna, che, adeguandosi ai principi esposti, verificherà se, per effetto della cessione di cui si tratta, il bene sia uscito o meno dal circuito produttivo e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna.
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