CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 aprile 2017, n. 9836
Tributi – Avviso di accertamento – Termine dilatorio ex art. 12, co. 7, L. n. 212 del 2000 – Emissione anticipata dell’atto – Assenza di “particolare” ragione di urgenza – Nullità
Fatti di causa
La Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr) ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo che l’avviso di accertamento da questa notificato alla società contribuente, benché emesso dopo 41 giorni dalla data dell’accesso presso la sede della società, era valido, in quanto l’Amministrazione finanziaria aveva indicato nel provvedimento le ragioni di urgenza che ne avevano determinato la adozione, ravvisate nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento. Secondo la sentenza la sanzione di invalidità dell’atto si configura solo quanto l’atto, emesso prima del decorso del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 12, comma 7 della l. 212 del 2000, non rechi la motivazione sull’eventuale urgenza che ne aveva determinato l’adozione.
Nel merito la Ctr ritenne non fondato quanto dedotto dalla contribuente per giustificare lo scostamento dei redditi dichiarati dallo studio di settore, scostamento che era all’origine rideterminazione operata con l’avviso di accertamento.
Contro la sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui reagisce con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.
Ragioni della decisione
Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, L. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cpc.
Il secondo motivo deduce omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, anche sotto il profilo di omesso esame di fatti decisivi (art. 360, comma primo, n. 5 cpc).
È fondato il primo motivo. Secondo il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza del 29 luglio 2013, n. 18184, perché l’avviso di accertamento emesso prima del decorso del termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 sia valido non è certamente sufficiente che l’atto rechi la motivazione sul perché l’Amministrazione finanziaria abbia emesso il provvedimento prima del decorso del termine, ma occorre che l’adozione del provvedimento ante tempus sia realmente giustificata da “particolare” ragione di urgenza. Se questa ragione ricorre la tempestiva adozione del provvedimento è legittima anche se essa non sia enunciata nel provvedimento.
Nella specie la ragione di urgenza indicata nel provvedimento è identificata nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento.
Secondo l’orientamento attuale della giurisprudenza di legittimità, sancito dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, la emissione dell’avviso prima del decorso del termine di sessanta giorni dal termine degli accertamenti ne comporta la invalidità, a meno che la deroga non sia giustificata da “particolare” ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento.
“Particolare” vuol dire che la ragione deve essere riferita specificamente al contribuente e al rapporto tributario in questione. In ordine ai requisiti richiesti per la configurabilità della deroga, la elaborazione giurisprudenziale successiva ha esattamente chiarito che il requisito dell’urgenza, al fine di preservare l’avviso intempestivo dalla sanzione di nullità, deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell’accertamento delle pretese fiscali (Cass. n. 22786/2015). La giurisprudenza della Corte è ferma nel ritenere <<che le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento (tra varie, vedi Cass. 12 agosto 2015, n. 16707; 7 agosto 2015, n. 16602; 15 luglio 2015, n. 14803; 28 marzo 2014, n. 7315; 5 febbraio 2014, n. 2592; 3 febbraio 2014, n. 2279; 3 febbraio 2014, n. 2281; 29 gennaio 2014, n. 1869), giacché è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale>>. «Altrimenti, si è rimarcato, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso; fermo restando, hanno rimarcato le sezioni unite, che spetta all’ufficio l’onere di provare in giudizio la sussistenza della situazione urgente. Qualora l’amministrazione deduca, quale circostanza di «particolare e motivata urgenza», il fatto di non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni allegando giustappunto l’imminente scadenza del termini previsti per l’azione di accertamento, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento dell’obbligo, traducendosi nella deduzione che l’imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere l’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte all’ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza» (Cass. 16 marzo 2016, n. 5149).
Ciò posto, emerge chiaramente come la Ctr sia incorsa nella specie in un duplice errore di diritto: in primo luogo, per avere ritenuto legittima l’adozione del provvedimento prima del decorso del termine sulla base del rilievo che esso recava la indicazione del motivo della sua emissione ante tempus, mentre è stato chiarito che la legittimità di tale modo di procedere non è legata al fatto formale, ma dipende dal positivo riscontro di una “particolare” ragione a tal fine idonea, secondo gli insegnamenti delle Sezioni unite; in secondo luogo per non avere rilevato che la ragione di urgenza in concreto indicata nel provvedimento, e cioè «l’imminente scadenza dei termini per l’accertamento», era stata addotta in modo formale, laddove l’Ufficio aveva l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non fosse dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che avevano impedito il tempestivo e ordinato svolgersi delle attività di controllo (Cass. n. 18119/2016).
Si giustifica quindi la cassazione della sentenza in relazione al primo motivo, restando assorbito il secondo; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con l’annullamento dell’avviso impugnato.
Avuto riguardo alla evoluzione giurisprudenziale della materia, si ravvisa la sussistenza dei presupposti per compensar le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la nullità dell’avviso di accertamento notificato alla società; dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.
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