CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 febbraio 2018, n. 3973
Contratto di appalto – Mancanza di struttura organizzativa e di attrezzature – Violazione del divieto di intermediazione di manodopera – Sussiste
Ritenuto
che la s.r.l. M. p.i. A. proponeva opposizione a cartella esattoriale con cui l’INPS le aveva chiesto i contributi assicurativi per l’impiego di quattro dipendenti della E. s.r.l. ritenendo, a seguito di ispezione, che esso fosse avvenuto in violazione del divieto di intermediazione;
che accolta l’opposizione e proposto appello dall’INPS, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 22.10.11, ha accolto l’impugnazione e rigettato l’opposizione, rilevando che, pur avendo stipulato un contratto di appalto con la controparte, E. s.r.l. era priva di struttura organizzativa e di attrezzature e si limitava a fornire ai committenti mere prestazioni di manodopera;
che propone ricorso M. p.i. A. s.r.l. con due motivi: 1) carenza di motivazione, rilevando che il giudice aveva tenuto conto solo delle risultanze ispettive senza tener conto delle prove testimoniali offerte dall’opponente, che erano in diretto contrasto con le prime; 2) esistenza dell’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c., essendo stati i contributi relativi ai dipendenti assolti dal fittizio imprenditore; che l’Inps ha depositato procura in calce alla copia notificata del ricorso; che il P.G. ha concluso in data 13 novembre 2017 per l’accoglimento del ricorso relativo alla violazione di legge;
Considerato
Che il primo motivo di ricorso è infondato posto che la Corte territoriale ha ritenuto provato il rapporto di mera fornitura di manodopera sulla base di tutte le emergenze istruttorie, costituite non solo dal processo verbale di accertamento dell’Inps del 9-2-2004, nonché dalle testimonianze acquisite nel giudizio di primo grado e da quanto dichiarato dallo stesso legale rappresentante della società; che la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto preteso non deve ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato del relativo onere, senza poter utilizzare altri elementi probatori acquisiti al processo, alla luce del principio di acquisizione, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell’altro (Cass. 19/01/2010, n. 739);
che le ragioni del convincimento emergono dall’intero contesto motivazionale, avendo la sentenza impugnata posto a raffronto le dichiarazioni del legale rappresentante con le dichiarazioni del proprio figlio oltre che con le deposizioni rese da altri soggetti (v. teste Modicano) ed avendo la Corte indicato le ragioni della inattendibilità delle dichiarazioni rese da costoro a proposito del fatto che il materiale di lavoro fosse fornito da E. laddove dai documenti acquisiti risultava che tale società non possedesse beni strumentali non avendo adottato neanche il libro dei beni ammortizzabili;
che questa Corte di legittimità ha più volte affermato che spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 10 giugno 2014, n. 13054; Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499; Cass., 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 15 aprile 2004 n. 7201; Cass. 7 agosto 2003 n. 11933); che il secondo motivo di ricorso è fondato alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che si è venuto consolidando ed in base al quale (Cass. 4.1.2016 n. 20, 17516/2015, 23844/2011, 8451/2010)” In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una obbligazione concorrente del datore di lavoro apparente per i contributi dovuti agli enti previdenziali, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180, comma 1, c.c., ovvero dallo stesso datore di lavoro fittizio, senza che assuma rilievo la consapevolezza dell’altruità del debito, atteso che, in caso di indebito soggettivo, anche il pagamento effettuato per errore è qualificabile, in forza del coordinamento tra gli artt. 1180 e 2036 c.c., come pagamento di debito altrui, con efficacia estintiva dell’ obbligazione in presenza delle condizioni di cui all’art. 2036, comma 3, c.c.”;
che al surriferito orientamento questo Corte intende aderire sicché il secondo motivo di ricorso deve essere accolto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione affinché accerti, alla luce del principio sopra enunciato, l’effettivo regolare versamento della contribuzione dovuta relativamente ai lavoratori oggetto del verbale ispettivo Inps del 23 luglio 2004, sotteso alla cartella esattoriale oggetto di opposizione;
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
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