CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 gennaio 2018, n. 1339
Imposte indirette – IVA – Imposta di registro – Decreto ingiuntivo – Istanza di rimborso – Garanzia – Polizze fideiussorie
Fatti di causa
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso presentata da Z.I.P.R.G.I. (per brevità Z.I.) a seguito della registrazione, con applicazione dell’imposta proporzionale, e non fissa, del decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo, concesso dal Tribunale di Milano per il recupero di quanto corrisposto all’Amministrazione finanziaria, beneficiaria delle polizze fideiussorie emesse nell’interesse di F. s.a.s. di V.E. & C., a garanzia della restituzione totale o parziale delle somme versate alla contribuente a titolo di eccedenza d’imposta (iva), per gli anni 1996 e 1997, ex art. 38 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, escusse dalla Agenzia delle Entrate di Spoleto.
La CTR della Lombardia, con sentenza n. 58/14/12, depositata il 22/5/2012, rigettava il gravame erariale e confermava la decisione di primo grado, favorevole alla contribuente, rilevando che “l’ingiunzione di pagamento ottenuta nei confronti del debitore principale per il recupero delle somme corrisposte all’Amministrazione ha il medesimo <<petitum>> e la medesima <<causa petendi>> dell’ingiunzione di pagamento ottenuta dall’Amministrazione (creditore garantito) per escutere la garanzia rilasciata a suo favore nei confronti della Compagnia (garante) obbligata solidalmente ex artt. 1292 e ss.gg. con l’obbligato principale ad adempiere la medesima prestazione dovuta al creditore beneficiario (pagamento delle eccedenze d’imposta IVA indebitamente rimborsate), conseguendone che il pagamento al creditore beneficiario della garanzia determina una sostituzione nel lato attivo del rapporto obbligatorio surrogando la Z.I. Company – ex artt. 1203 c.c. n. 3 e 1949 c.c. nonché per disposizione contrattuale – nella posizione di diritto vantata dal creditore con conseguente esperibilità da parte della prima di tutti i diritti e le azioni spettanti al secondo, … in ragione del fatto che la Compagnia appellata ha la qualità di soggetto iva ed ha fornito la prestazione nell’esercizio dell’impresa, considerato, altresì, che l’adempimento richiesto – come fondatamente osservato dal primo giudice – trova diretta causa in negozio (fideiussorio) che rientra nel campo di applicazione dell’iva, implicando, potenzialmente, l’insorgenza dell’obbligo di pagare l’imposta”.
Per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle Entrate propone un articolato motivo di ricorso, cui resiste l’intimata società con controricorso;
Motivi della decisione
La ricorrente deduce con il mezzo d’impugnazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione dell’art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, Parte Prima, D.P.R. n. 131 del 1986 (T.U. sul Registro), in relazione all’art. 37 stesso T.U., nonché falsa applicazione della relativa nota II, e dell’art. 40, D.P.R. n. 131 del 1986, giacché la CTR, nel ritenere applicabile la tassazione in misura fissa, anziché proporzionale, non ha considerato la specifica disciplina prevista per gli atti giudiziari, segnatamente, l’art. 8 della Tariffa, Prima Parte, lett. b), T.U. citato, che prevede l’applicazione della imposta proporzionale (nella misura del 3%) per i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi, recanti condanna al pagamento di somme o valori, ed altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura, salvo che gli stessi atti prevedano il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette ad IVA, ai sensi dell ‘art. 40, T.U. citato, solo in tal caso essendo soggetti all’imposta non in misura proporzionale, ma fissa, in virtù dell’alternatività iva-registro.
La questione posta dall’Agenzia delle Entrate va risolta sulla base del disposto dell’art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegato A del D.P.R. n. 131 del 1986, che sottopone a tassazione gli atti dell’autorità giudiziaria in materia civile, compresi i decreti ingiuntivi, distinguendo, tra gli altri, i provvedimenti indicati alla lettera b), recanti “condanna al pagamento di somme o valori o altre prestazioni, o alla consegna di beni di qualsiasi natura”, e della nota II apposta in calce all’art. 8 in esame, la quale prevede che gli atti di cui al comma 1, lett. b), “non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico”.
Il D.P.R. n. 131 del 1986, all’art. 40, prevede che gli atti sottoposti, anche teoricamente, perché di fatto esentati, all’iva, non debbono scontare quella proporzionale di registro, e ciò al fine di evitare che siano assoggettate a quest’ultima imposta operazioni già colpite dall’altra imposta, ed in tal senso va letta la previsione della nota II dell’art. 8, comma 1, lett. b) della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, sopra riportata, ed il principio dell’alternatività iva – registro.
Nella fattispecie in esame si assume che il decreto monitorio soggetto a registrazione è stato emesso per il pagamento di quanto dovuto da F. s.a.s. di V.E. & C., a seguito di escussione della garanzia prestata, in favore dell’Agenzia delle Entrate di Spoleto, dalla odierna intimata, non avendo la società garantita provveduto a restituire a Z.I. quanto dalla stessa corrisposto all’Amministrazione finanziaria, beneficiaria delle polizze, sicché la CTR avrebbe dovuto valutare se la somma in questione fosse o meno soggetta ad iva, ed invece, facendo propria la tesi sostenuta della contribuente, ha ritenuto applicabile al decreto ingiuntivo la tassa fissa di registro, in quanto il rapporto di garanzia, e dunque l’operazione sottostante alla vicenda giudiziaria, è assoggettabile al regime di alternatività iva-registro. Tuttavia, se la ratio del principio di alternatività tra iva ed imposta di registro, fissato dall’art. 40, D.P.R. n. 131 del 1986, è quella di evitare che siano assoggettate all’imposta proporzionale di registro somme già assoggettate ad iva e, dunque, di evitare la duplice imposizione, appare evidente l’errore in cui è incorso il Giudice di appello allorquando ha ritenuto applicabile all’atto giudiziario (il decreto monitorio) di condanna alla restituzione di somme, comprensive di interessi, escluso dal campo di applicazione dell’iva, il regime impositivo proprio delle prestazioni oggetto della polizza fideiussoria, essendo unico tributo dovuto l’imposta proporzionale di registro, che inerisce più che alla ricchezza trasferita, direttamente all’atto giudiziario, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre, trattandosi, pacificamente, di tributo che ha natura d’imposta d’atto (Cass. n. 14649/2005).
A siffatta conclusione la Corte è pervenuta attraverso un percorso argomentativo – che questo Collegio intende fare proprio condividendolo – secondo il quale “il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, che sia stato escusso dall’Agenzia delle Entrate per l’inadempimento di un’obbligazione d’imposta da parte del debitore principale, è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante, a seguito del pagamento, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto” (Cass. n. 20262/2015, n. 25702/2015).
Nell’affermare il principio la Corte si è consapevolmente discostata dal precedente orientamento (Cass. n. 14000/2014, n. 16192/2014) secondo il quale “in tema di imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente per il recupero di somme assoggettate ad IVA è soggetto, ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, all’applicazione dell’imposta in misura fissa, atteso che la surrogazione del fideiussore al creditore principale comporta una peculiare forma di successione nel credito e la novazione dal lato soggettivo ma non incide sull’identità oggettiva dell’obbligazione, che conserva la sua natura ai fini tributari”, per cui la condanna al pagamento in favore del fideiussore non può che considerarsi avere ad oggetto obbligazioni di natura (anche fiscalmente) identica a quella afferente le obbligazioni garantite» e, pertanto, che «… correttamente il giudice del merito ha ritenuto si debba fare applicazione … dell’art. 8 …, per la parte in cui esclude dall’obbligo di registrazione (e perciò dal pagamento della tassa in ragione proporzionale) gli atti dell’autorità giudiziaria concernenti pagamenti di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto (quale è pacificamente l’obbligazione principale del rapporto … dedotto in giudizio)»”.
Le argomentazioni svolte dal Giudice di appello, riconducibili a detto – superato – indirizzo giurisprudenziale, in estrema sintesi si risolvono nell’affermazione per cui la condanna al pagamento in favore del fideiussore, insita nel decreto ingiuntivo, non può che considerarsi avere ad oggetto obbligazioni di natura, anche fiscalmente, identica a quella afferente le obbligazioni garantite e, pertanto, che si debba fare applicazione della nota II dell’art. 8 citato, nella parte in cui esclude dall’obbligo di registrazione, e perciò dal pagamento della tassa in ragione proporzionale, gli atti dell’autorità giudiziaria concernenti pagamenti di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, quale è pacificamente l’obbligazione principale del rapporto fideiussorio dedotto in giudizio.
Si deve partire, invece, dalla constatazione che la polizza fideiussoria stipulata, ai sensi dell’art. 38 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, per garantire, in favore dell’Amministrazione finanziaria, la restituzione delle somme da questa indebitamente versate ai contribuenti in sede di procedura di rimborso anticipato dell’iva, costituisce un contratto autonomo di garanzia, la cui durata è normalmente collegata con i tempi di accertamento dell’imposta (Cass. n. 7884/2017, n. 19609/2015, n. 26965/2014), e che sulla scorta della dall’autonomia e scindibilità dei rapporti che nascono dalla fideiussione rilasciata dal terzo (nella specie Z.I.), in favore dell’Amministrazione finanziaria, a garanzia delle obbligazioni del debitore fiscale (nella specie F. s.a.s. di V.E. & C.), e nonostante l’unitarietà della operazione trilaterale di garanzia, va tenuto distinto il rapporto tra creditore e debitore principale, da quello tra creditore e garante adempiente e da quello ulteriore tra garante e debitore.
Quanto a tale ultimo rapporto, la Corte ha ritenuto che per effetto dell’escussione della garanzia da parte del creditore “… l’affermata unitarietà ed inscindibilità dell’operazione è esclusa dal fatto che il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in favore del terzo creditore”, considerato che il contratto di fideiussione stipulato tra fideiussore e debitore ha ad oggetto l’impegno del primo di prestare la garanzia nei confronti del creditore, a fronte, di norma, di una commissione, che ne costituisce il corrispettivo, mentre il pagamento da parte del garante escusso “segna l’esecuzione della polizza fideiussoria e, quindi, l’esaurimento della prestazione di garanzia”.
Ne discende che quando il garante chiede l’emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale ciò che ha versato al creditore “non fa affatto valere il credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore, in seno al rapporto che a lui lo lega, ossia, come si esprime l’art. 8 L. 212 del 2000, <<il costo della fideiussione>>, ma si limita ad esercitare i diritti già spettanti al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito. (…) Per conseguenza, il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto” (Cass. n. 20262/2015 citata).
Ed allora, se oggetto della pretesa azionata giudizialmente non riguarda né corrispettivo per la prestazione resa, né prestazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, non v’è spazio per il principio di alter natività, e trova applicazione l’art. 8, comma 1, lett. b), della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, che, come già detto, assoggetta gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi (assoggettati all’imposta di registro ex art. 37 del medesimo decreto), «recanti condanna al pagamento di somme o valori …», all’imposta di registro con aliquota proporzionale del 3%.
Non essendosi il Giudice di appello attenuto a tali principi, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va accolto, e la sentenza impugnata cassata, senza rinvio, ex art. 384 c.p.c., comma 2, non necessitando la decisione della causa di ulteriori accertamenti, con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
Le spese dell’intero giudizio, atteso il progressivo consolidarsi della sopra richiamata giurisprudenza, sono compensate tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e decidendo la causa nel merito rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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