CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 novembre 2017, n. 27445

Divieto di cumulo tra pensione di anzianità e reddito da lavoro – Indebito pensionistico – Abolizione del divieto – Diritto alla sanatoria ex art. 44, co. 3, L. n. 289/2002 – Inizio del recupero alla data di entrata in vigore della norma – Pregressa violazione del divieto contestata dall’Inps – Inapplicabilità della procedura di sanatoria – Attivazione spontanea del pensionato per denunciare la pregressa situazione di incumulabilità – Eccezione

Fatti di causa

La Corte d’appello di Milano con sentenza n. 1060/2010 accoglieva l’appello proposto da L. C. nei confronti della sentenza di primo grado che aveva rigettato la sua domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla sanatoria dell’indebito pensionistico che residuava alla data del 31.3.2003, ai sensi dell’articolo 44, 3° comma, legge 289/2002.

A fondamento della sentenza la Corte riteneva che la sanatoria prevista dalla norma fosse applicabile anche per coloro, come il ricorrente, nei cui confronti l’Inps avesse già iniziato il recupero dell’indebito al momento dell’entrata in vigore della norma. Non poteva essere invece seguita la diversa tesi successivamente sostenuta dall’Inps, dopo un parere del Ministero, in base alla quale la norma doveva interpretarsi come limitata a quei soggetti “in situazione di concreto e attuale violazione delle norme sul divieto di cumulo, non ancora incorsi in sanzioni alla data del 31/12/2002”; infatti, come in origine opinato dallo stesso Inps, nessun dato testuale, logico o sistematico imponeva di diversificare all’interno della norma la platea dei destinatari prevista del comma 2 da quelli del comma 3 dell’art. 44 cit.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS con un motivo, C. ha resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

1. – Con l’unico motivo di ricorso l’Inps lamenta la violazione dell’articolo 44 della I. 27 dicembre 2002, n. 289 in relazione agli articoli 11 e 15 delle preleggi ed all’articolo 360 n.3 del c.p.c. non potendo la sanatoria essere applicata nei confronti del C. in quanto nei suoi confronti l’Inps al momento di entrata in vigore della norma aveva già operato la trattenuta della quota incumulabile di pensione ed iniziato il recupero delle quote versate in precedenza.

2. Il ricorso è infondato. Deve essere premesso che come risulta in fatto dalla sentenza impugnata il sig. C. L. è titolare di pensione di vecchiaia dal gennaio 1996. E nel 1997 aveva iniziato un’attività autonoma con iscrizione alla gestione separata. Negli anni successivi non aveva presentato le dichiarazioni annuali dei redditi all’Inps e ciò fino all’aprile 2001 quando aveva comunicato all’istituto la sua situazione. In conseguenza, stante il regime di incumulabilità tra redditi da lavoro autonomo e pensione, l’Inps gli aveva ridotto la pensione eliminando la quota incumulabile; aveva inoltre iniziato il recupero dell’indebito maturato dal 1 gennaio 1997 al 30 aprile 2001 attraverso trattenute mensili. Entrata in vigore la legge 289/2002, che prevedeva il diverso regime di cumulabilità anche per la pensione di anzianità, C. aveva chiesto l’accesso al regime del cumulo dall’ 1/1/2003 come previsto dall’articolo 44 comma 2 e la sanatoria per penalità e trattenute relative al periodo fino al 31/3/2003 come previsto dall’articolo 44, comma 3.

3. La questione oggetto del presente giudizio è dunque limitata all’applicabilità della sanatoria per il periodo dall’1/1/2003 al 31/3/2003 per i pensionati che al 1° gennaio 2003, epoca dell’entrata in vigore della legge 289 del 2002, avessero in corso una procedura di recupero in conseguenza di autodenuncia.

4. – La norma in questione – intitolata abolizione del divieto di cumulo tra pensioni di anzianità e redditi da lavoro – prevede al 1° e al 2° comma il regime del cumulo tra pensione e redditi da lavoro a partire dal 1 gennaio 2003 (per gli iscritti alle forme di previdenza a carico dell’AGO e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative); il 3° comma prevede la sanatoria per il passato, in forza del pagamento di un importo ridotto (per il periodo dal 1 gennaio fino al 31 marzo 2003) rispetto a quanto dovuto in base alla diversa normativa anticumulo, effettuato dai titolari di reddito da pensione ” che hanno prodotto redditi sottoposti al divieto parziale o totale di cumulo e che non hanno ottemperato agli adempimenti previsti dalla normativa di volta in volta vigente”; il 5 comma ribadisce la normativa anticumulo con applicazione delle trattenute dovute e delle relative sanzioni nei confronti di quanti non abbaino regolarizzato la propria posizione.

5. – L’Inps sostiene che la legge abbracci nel proprio ambito di operatività soltanto coloro i quali si trovino in una situazione di attuale violazione della disciplina che comporti un concreto inadempimento agli obblighi normativi, mentre escluda dal proprio ambito di operatività coloro che alla data di entrata in vigore della normativa fossero stati sanzionati ed avessero in corso procedure di recupero delle somme indebite, ancorché a seguito di autodenuncia.

6. – Questa Corte di cassazione – giudicando in un caso in cui l’INPS alla data di entrata in vigore della sanatoria aveva già contestato ad un titolare di pensione di anzianità la riscossione di ratei di pensione non cumulabili con la retribuzione – è pervenuta con la sentenza n. 10174 del 30/04/2013, alla conclusione secondo cui: ” In tema di divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensioni di anzianità, la disciplina di emersione prevista dall’art. 44, terzo comma, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, non si applica agli illeciti già accertati e contestati dall’I.N.P.S., prima dell’entrata in vigore della predetta disposizione, sia perché il legislatore del 2002 non ha introdotto una generale sanatoria di tutti i comportamenti elusivi, sia perché mancherebbe, in radice, la spontanea iniziativa del pensionato che ha posto l’ente previdenziale al corrente della propria situazione di inadempimento e richiede, pertanto, di giovarsi delle norme agevolative”.

7. La stessa sentenza operando una ampia ed approfondita ricostruzione della normativa sul cumulo in questione (prima interdittiva e poi permissiva), sulla portata del regime sanzionatorio previsto dalla normativa anticumulo e sulla ratio di quello di sanatoria in discussione, ha negato dunque – anche alla luce del comma 5 che ribadisce la vigenza “delle trattenute dovute e delle relative sanzioni nei confronti di quanti non hanno regolarizzato la propria posizione” – che potessero agevolarsi della sanatoria, oltre a coloro che fossero rimasti silenti circa la denuncia della propria condizione di percettore di pensione e di retribuzione, coloro che in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. n. 288, avessero già in corso il recupero delle sanzioni, delle penalità e delle trattenute, non avendo appunto il Legislatore inteso introdurre una generale sanatoria dei comportamenti elusivi fino al marzo 2003.

8. Nel pervenire a tali corrette conclusioni la sentenza valorizza il dato fondamentale che si coglie nella legge dell’iniziativa dell’interessato rispetto a chi abbia subito la contestazione da parte dell’INPS in quanto la legge pone “al centro della peculiare regolamentazione l’iniziativa dell’inadempiente che, spontaneamente, faccia emergere la condotta omissiva giovandosi di un trattamento di favore, con la forza deterrente, come già detto, del trattamento deteriore che riprende vigore, per gli inadempienti, dal primo aprile 2003.”

9. La stessa sentenza rileva inoltre che tale soluzione interpretativa appaia, oltre che rispondente ai dati testuali e logici, come “la più conforme al canone di ragionevolezza che richiede che non siano trattati nello stesso modo coloro che si siano prodigati denunciando la propria irregolarità e coloro che, rimasti inadempienti chiedano, solo perché tale condizione sia stata già accertata e sanzionata dall’INPS, il medesimo regime agevolativo e, nondimeno, tra condotte inadempienti accertate dopo il primo aprile 2003 e quelle già accertate prima dell’entrata in vigore delle nuove regole sul cumulo, entrambe connotate dalla condotta silente del pensionato-lavoratore riguardo alla propria condizione”.

10. In realtà, posto che la norma è naturalmente rivolta al passato connotato dal divieto di cumulo, e non esclude sul piano letterale le condotte che l’INPS abbia già accertato e sanzionato, ad avviso di questo Collegio, e sulla scia dello stesso precedente fin qui richiamato, diventa dirimente a tal fine il fatto che l’accertamento del cumulo sanzionato, ancorché già operato al momento di entrata in vigore della legge, sia avvenuto o meno in seguito alla spontanea iniziativa del pensionato che ha posto l’Ente previdenziale al corrente della propria situazione.

Pertanto, ferma l’inapplicabilità della procedura di sanatoria nei casi in cui la pregressa situazione di violazione della normativa sul divieto di cumulo fosse stata contestata solo dall’INPS (Cass. sent. cit.), deve affermarsi che rientrino all’interno della sanatoria prevista dalla legge (col pagamento della somma ridotta prevista dal comma 3, fino al 31 marzo 2003) anche i casi in cui il pensionato prima della entrata in vigore della stessa normativa si sia attivato spontaneamente per denunciare la pregressa situazione di incumulabilità ed avesse in corso una procedura di recupero dell’indebito pensionistico; non essendovi alcun elemento né testuale, né logico per differenziare la situazione di chi si autodenuncia dopo la legge, da chi lo avesse fatto prima; ed essendo anzi sommamente iniquo trattare in modo peggiore chi prima della legge avesse denunciato la propria situazione in modo spontaneo, da chi fosse invece rimasto totalmente silente fino alla stessa normativa agevolativa alla cui entrata in vigore sia emerso nella prospettiva di beneficiare della sanatoria.

11. Le conclusioni assunte nella sentenza impugnata appaiono dunque rispondenti al diritto e si sottraggono alle censure sollevate col ricorso che deve essere dunque rigettato. Le spese del presente giudizio devono essere compensate attesa la peculiarità della questione controversa ed il fatto che il ricorso sia stato presentato prima che si fosse pronunciato l’indirizzo giurisprudenziale a cui questa sentenza intende dare continuità e sviluppo nei termini sopra formulati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e dispone la compensazione della spese processuali.