CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giugno 2017, n. 15383
Inps – Contributi agricoli unificati – Indebito versamento – Esenzione
Fatti di causa
Con ricorso al Tribunale di Foggia, L.P., dopo aver esposto di essere proprietario di terreni classificati montani ai sensi della L. 25/7/1952, n. 991, in quanto ricadenti nel comprensorio di bonifica montana del Gargano delimitato con D.P.R. 27/3/1956, n. 632, chiedeva che fosse emesso un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Inps avente ad oggetto le somme da lui indebitamente versate a titolo di contributi, per gli anni 1993-2003, giusta sentenza della Corte Costituzionale n. 370/1985, che aveva dichiarato l’illegittimità degli artt. 8 L. 25/7/1952, n. 991, e 7 D.L. 23/12/1977, n. 942, convertito in L. 27/2/1978, n. 41, nella parte in cui non prevedevano l’esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri.
Il decreto ingiuntivo era opposto dall’INPS e il Tribunale, accogliendo l’opposizione, lo revocava. Contro la sentenza il P. proponeva appello e la Corte d’appello di Bari, con sentenza pubblicata il 19/7/2010, lo rigettava.
A fondamento del decisum, la Corte territoriale riteneva che il ricorrente non avesse offerto la prova della inclusione dei territori di sua proprietà tra i comuni montani, così classificati dalla commissione censuaría centrale.
Contro la sentenza, il P. propone ricorso per cassazione articolando tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Inps.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione della L. n. 991/1952, artt. 1 e 14 (comma 1°, e 15°) in relazione alla L. n. 142/1990 (artt. 28 e 29), della L. n. 1102/1971 (art. 3); con lo stesso motivo deduce il vizio di motivazione. In sintesi assume l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’esenzione totale dal pagamento degli oneri previdenziali e dei contributi agricoli unificati spetta ai soli datori di lavoro aventi sede nei comuni inseriti nell’elenco della Commissione Censuaria Centrale, e non anche a quelli aventi sede in terreni inclusi, anche in parte, nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Montana.
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione di un complesso normativo (L. n. 97/1994, art. 18, come modificato dalla L. n. 513/1995, L. n. 142/1990, artt. 28 e 29, L.R. Puglia n. 4 del 14/5/1975, nonché alla L. n. 1102/1971), nonché ancora il vizio di motivazione. Il ricorrente assume che la Regione Puglia aveva approvato lo statuto della comunità montana del Gargano, di cui fa parte il Comune di Manfredonia, nel cui territorio è compresa la frazione Montagna, dove sono ubicati i suoi terreni. La sentenza aveva disapplicato l’art. 18 della L. n. 97 del 1994, come successivamente modificato ed in relazione alle norme indicate, che consentiva alle imprese e ai datori di lavoro aventi sede nei comuni montani di assumere manodopera agricola senza oneri previdenziali e contributivi.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione delle direttive CEE n. 268/1975, n. 273/1975 e 167/1984, anche in relazione all’art. 28 L. 142/1990, come modificato dall’art. 7 e 29 L. n. 265/1999, nonché all’art. 18 L. 97/1994. Censura la sentenza nella parte in cui non ha tenuto conto delle direttive della Comunità Economica Europea che includono nei territori montani i fogli di mappa nn. 5, 9, 10, 14 e 26 del catasto rustico del Comune di Manfredonia, in cui sono compresi i suoi territori. Il mezzo in esame è proposto anche ai sensi del n. 5 dell’art. 360, comma 1°, cod.proc.civ.
4. I tre motivi, che si affrontano congiuntamente, sono infondati.
4.1. È opportuno premettere che il beneficio dell’esenzione contributiva di cui si tratta nella presente controversia si riferisce ai contributi che l’imprenditore agricolo è tenuto a versare per i propri lavoratori dipendenti, sicché esso si differenzia dai contributi previdenziali dovuti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, situazione disciplinata da una diversa normativa (su tale distinzione, vedi, per tutte: Cass. 24 ottobre 2000, n. 13981; v. pure, Cass. 22/8/2013, n. 19420).
4.2. La questione posta con il presente ricorso è stata già oggetto di precedenti decisioni di questa Corte, la quale ha avuto modo di affermare che la qualifica del territorio come montano, quale elemento costitutivo del diritto, suppone necessariamente il parere della commissione censuaria che non può essere sostituito dalle disposizioni delle leggi regionali (Cass. 13/07/2000, n. 9298).
Ancor più chiaramente si è espressa Cass. 6/6/2001, n. 7650 (che richiama Cass. 17/5/1993 n. 5581; 18/3/1992 n. 3378), secondo cui la legge considera montani i terreni compresi nell’apposito elenco predisposto dalla Commissione censuaria centrale, contro il cui accertamento non è ammissibile alcun sindacato da parte del giudice ordinario.
E anche Cass. 18/7/2002, n. 10471, ha ribadito che, ai fini della individuazione e della classificazione dei territori montani, oggetto dell’esenzione dal versamento dei contributi agricoli unificati, deve farsi riferimento, ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 3, comma 1, alle disposizioni contenute nella L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 1 che, da un lato, qualificano i territori montani in base al duplice criterio dell’altimetria (specificato ora nella sua portata da Corte cost. n. 370 del 1985) e del reddito imponibile medio per ettaro (comma 1) e, dall’altro, attribuiscono alle commissioni censuarie centrali l’individuazione e determinazione dei terreni predetti, con facoltà di includere nel relativo elenco, oltre ai comuni, anche porzioni di comune che non siano limitrofi a quelli già indicati e che, pur non riconducibili alla previsione del primo comma, presentino pari condizioni economico – agrarie (commi 2 e 3); ne consegue che l’ulteriore previsione di cui alla L. n. 1102 del 1971, art. 3, comma 3 che affida alla legislazione regionale il compito di ripartire i territori montani, così individuati e qualificati, in zone omogenee, in base a criteri di unità territoriale economica e sociale, non comporta l’attribuzione alle Regioni di alcun potere di definizione e classificazione (salvo il caso della L.R. del Trentino Alto Adige 8 febbraio 1956, n. 4, art. 2), essendo la competenza regionale limitata alle suddette operazioni di raggruppamento (in tal senso da ultimo, Cass. 10/4/2013, n. 8764; v. pure Cass. 30/05/1997, n. 4793).
Il riferimento contenuto da leggi regionali, ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 3, comma 3, a determinati comuni deve infatti ritenersi irrilevante sia perché i singoli comuni possono essere inclusi nelle comunità montane anche in riferimento ad una sola parte del loro territorio, sia perché della normativa regionale va preferita l’interpretazione compatibile con il rispetto dei principi posti dalla legge nazionale, soprattutto nelle materie attinenti alle assicurazioni obbligatorie, nelle quali le regioni, anche a statuto speciale, sono prive di potere legislativo, atteso il carattere nazionale del sistema previdenziale (Cass. 10/4/2013, n. 8764, cit.).
Anche l’assunto del ricorrente, secondo cui l’abrogazione ad opera dell’art. 29, comma 7°, L. 8/6/1990, n. 142, dell’art. 1 della L. n. 991/1952, avrebbe comportato l’abrogazione della Commissione censuaria centrale, è frutto di una conclusione errata, dal momento che le commissioni censuarie sono disciplinate dal d.p.r. 26/10/1972, n. 650, il quale prevede composizione e compiti di tale organismo, e tali norme (artt. 16, 24 e 32) sono rimaste vigenti fino a tutto il 27/1/2015, ossia fino all’entrata in vigore del D.lgs. 17/12/2014, n. 198, che ha ridisciplinato la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle commissioni censuarie.
7. Alla luce di queste considerazioni l’assunto del ricorrente secondo cui sussisterebbe il suo diritto agli sgravi contributi in forza dell’intervento della Corte costituzionale n. 370/1985 e, quindi, della vis espansiva che essa avrebbe impresso all’art. 8 I. N. 991/1952 con l’eliminazione del vincolo altimetrico, e sulla base dell’unico presupposto di fatto che i terreni di sua proprietà ricadono nel perimetro del comprensorio di bonifica montana del Gargano, appare infondato.
8. In definitiva il ricorso va rigettato; il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso delle spese generali e agli altri accessori di legge.
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