CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 luglio 2017, n. 18026
Rapporto di lavoro – Mansioni di autista – Riconoscimento del lavoro straordinario – Differenze retributive
Fatti di causa
Con ricorso al Tribunale di Savona del 7.7.2006 A.V., premesso di avere lavorato alle dipendenze di A.R. dal 18.6 al 21.8.1988 nonché dal 7.12.1989 al 30.11.1993, con mansioni di autista di autocarri ed autotreni, agiva per il pagamento delle differenze di retribuzione maturate a titolo di lavoro straordinario o supplementare, lavoro festivo, retribuzione ordinaria, indennità per festività soppresse, TFR (complessivi € 38.511,06).
Il Giudice del Lavoro accoglieva parzialmente la domanda (sentenza del 12.12.2008-23.2.2009 nr. 585/08).
La Corte d’appello di Genova, per quanto rileva in causa, con sentenza del 18-21.2.2011 nr. 159/2011, respingeva l’appello proposto dal lavoratore in ordine al parziale riconoscimento delle differenze richieste per il lavoro straordinario.
La Corte territoriale osservava che le agende prodotte dall’appellante per dimostrare di avere svolto un orario di lavoro superiore a quello accertato in sentenza non assumevano valenza probatoria, trattandosi di documenti provenienti dalla stessa parte di causa. Il primo giudice aveva fondato le proprie valutazioni sui dati ricavati dai cronotachigrafi e su altri dati presuntivi, giacché non vi erano testi diretti ; per il periodo non coperto dai cronotachigrafi le presunzioni venivano a mancare di un elemento di prova determinante.
Corretta era altresì la detrazione dal quantum dovuto della parte del compenso per lavoro straordinario già liquidata in busta paga sotto la voce « indennità di trasferta». La deposizione del teste S. non era contraddetta dalle buste paga; in esse figurava una distinta liquidazione dello straordinario solo per le trasferte all’estero, da ciò ricavandosi che nei casi diversi il compenso per il lavoro straordinario e supplementare era stato conglobato nella indennità di trasferta.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza A.V., articolato in un unico motivo, illustrato con memoria.
Ha resistito con controricorso A.R.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto:
– ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod. proc. civ.: violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza;
– ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.: violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2108 e 2109 cod. civ., 10 regolamento 85/3820 CEE, 11 e 11 bis CCNL per i dipendenti dalle aziende del settore autotrasporto;
– ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ.: omessa o insufficiente motivazione.
Il ricorrente ha denunziato la omessa pronunzia del giudice dell’appello sul motivo di impugnazione con il quale veniva dedotta la erroneità della sentenza di primo grado:
– per non avere correttamente valutato le prove testimoniali (testi D.N., O., G.) e le risultanze delle agende prodotte in causa — la cui attendibilità era stata confermata dal teste G.;
– per non avere tenuto conto della disciplina del CCNL di categoria (art. 11 bis), a tenore della quale andavano considerati nel computo del lavoro straordinario non solo i tempi di guida ma anche quelli impiegati nelle operazioni di carico e scarico, i tempi di attesa per l’espletamento delle operazioni doganali e gli altri tempi accessori.
Il ricorrente ha altresì censurato la detrazione (per il periodo precedente il gennaio 1993) dai compensi accertati per il lavoro straordinario dell’eccedenza dell’indennità di trasferta liquidata in busta paga rispetto alla misura del CCNL, fondata sul presupposto del conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella suddetta indennità.
Ha denunziato la insufficienza ed illogicità della motivazione della sentenza d’appello nonché la omessa pronunzia su alcune ragioni di impugnazione della statuizione del primo grado ed in particolare:
– la violazione tanto dell’art. 11 bis del CCNL di categoria — che distingueva la indennità di trasferta dal lavoro straordinario — che dell’art. 10 regolamento CEE 1985/3820 — che vietava di retribuire i conducenti salariati con premi o maggiorazioni di salario in base alle distanze percorse ovvero al volume delle merci trasportate — disposizioni che non consentivano di sostituire la retribuzione per il lavoro straordinario con la indennità di trasferta;
– la illegittimità della operazione di conglobamento del lavoro straordinario nella indennità di trasferta perché in contrasto con la natura non retributiva della indennità di trasferta e con la mancata sottoposizione della indennità, almeno parzialmente, a contribuzione previdenziale.
Da ultimo il ricorrente ha dedotto l’omessa pronunzia sul motivo di appello con cui erano state contestate le valutazioni del consulente tecnico nominato nel primo grado in ordine al quantum della indennità di trasferta da portare in detrazione dai compensi per lavoro straordinario. Ha dedotto la mancanza di chiarezza del calcolo e la erroneità della quantificazione della indennità di trasferta maturata a tenore del CCNL, in quanto rapportata ad un orario di lavoro ( 10 ore di lavoro giornaliero) inferiore a quello effettivo ed effettuata senza considerare la maggior misura della indennità dovuta per i viaggi in territorio estero.
Il motivo è infondato.
Le censure svolte vanno distintamente esaminate.
Quanto al vizio di omessa pronunzia sulla domanda di appello, si osserva che il motivo di appello con il quale l’odierno ricorrente assumeva la erroneità della valutazione da parte del Tribunale delle prove testimoniali e documentali è stato motivatamente disatteso dalla Corte territoriale, che ha attribuito valenza di prova ai soli dati ricavabili dai dischetti del cronotachigrafo, argomentando anche sulla non utilizzabilità dei documenti provenienti dalla stessa parte e sulla mancanza di una conoscenza diretta dei fatti di causa da parte dei testi.
L’ulteriore motivo di appello con il quale il lavoratore invocava il computo nell’orario di lavoro anche dei tempi accessori alle operazioni di guida — a tenore dell’art. 11 bis del CCNL di categoria — è stato parimenti disatteso dalla Corte di merito, la quale ha osservato che l’orario di dieci ore giornaliere di lavoro accertato, comprese in esso le pause, era l’unico per il quale potesse dirsi raggiunta la prova.
I motivi di appello inerenti alla detrazione dal compenso per il lavoro straordinario accertato del quantum liquidato in busta paga sotto la voce «indennità di trasferta», dei quali si assume il mancato esame nella sentenza d’appello, appaiono privi del necessario carattere della decisività.
Secondo l’orientamento di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass nn.rr. 13609/2015; 2313/2010; 11659/2012; 15112/2013; 28663/2013; 21257/2014; 23989/2014), alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.
Nella fattispecie di causa le norme del contratto collettivo e del regolamento CEE evocate nell’atto di appello non ostano alla operazione di scomputo di una quota della indennità di trasferta effettuata dal giudice del merito, che non è fondata sulla sostituzione del compenso per il lavoro straordinario con la indennità di trasferta (operazione di cui si assume il contrasto con le suddette disposizioni) ma sull’accertamento in fatto di una prassi aziendale di liquidare in busta paga il lavoro straordinario sotto la voce della indennità di trasferta, con corrispondente aumento del quantum della indennità dovuto in base al contratto collettivo. La circostanza che tale prassi determini un minore importo della contribuzione versata all’INPS darebbe luogo ad altre forme di tutela, attinenti al rapporto previdenziale. Quanto alla richiesta di rinnovo della ctu, le censure all’operato dell’ausiliario dedotte nell’ appello sono state implicitamente respinte in sentenza. Esse si fondano sul presupposto in fatto dello svolgimento di un orario di lavoro superiore a quello accertato nonchè della maturazione del maggiore importo della indennità previsto dal contratto collettivo per la trasferta estera; la sentenza ha motivatamente confermato l’orario di lavoro posto dal ctu a base del calcolo e dato conto del fatto che nei casi di trasferta all’ estero le due voci del lavoro straordinario e della indennità di trasferta erano liquidate separatamente.
Il motivo è invece inammissibile nella parte in cui assume la violazione di norme di diritto. La deduzione del vizio di violazione delle disposizioni del CCNL e del regolamento CEE nella rubrica del motivo resta priva di collegamento con i suoi contenuti, che attengono alla omessa pronunzia sui motivi di appello; il ricorrente, poi, non individua le statuizioni della sentenza che sarebbero in contrasto con le norme di rito (artt. 115 e 116 cod.proc.civ.) e sostanziali (artt. 2108 e 2109 cod.civ.) oggetto della censura.
Da ultimo, la denunzia del vizio di motivazione, concernete l’accertamento della prassi aziendale di conglobamento del compenso per lavoro straordinario nella indennità di trasferta è infondata.
Il giudice dell’appello ha basato il suo convincimento sulle dichiarazioni di un teste di causa (teste S.), in tal modo esercitando il suo potere di apprezzamento della prova, non adeguatamente censurato in questa sede.
Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.
Le spese seguono la soccombenza
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 3.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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