CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 dicembre 2017, n. 30858
CCNL settore multi servizi – Appalto – Assunzione personale dell’impresa cessante
Svolgimento del processo
1) La Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Massa che aveva accolto il ricorso degli attuali contro ricorrenti, tutti dipendenti della società E. srl, ditta appaltatrice del Comune, diretto a far accertare il loro diritto ad essere assunti dalla società S. srl, nuova aggiudicatrice dell’appalto, in base a quanto previsto dall’art. 11 del capitolato di appalto e dal CCNL settore multi servizi, in ordine all’obbligo di assunzione del personale dell’impresa cessante. Il tribunale aveva accolto la domanda parzialmente riconoscendo soltanto l’obbligo risarcitorio della S. per la mancata assunzione e respingendo altresì la domanda di manleva spiegata dai ricorrenti nei confronti del Comune di Massa , pure chiamato in giudizio.
2) La corte d’Appello ha ritenuto che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante S. che escludeva qualsiasi obbligo di assunzione, stante la espressa esenzione all’osservanza dell’art. 11 del capitolato di appalto, contenuta nel contratto di appalto stipulato dal Comune di Massa con la nuova appaltatrice, tale esenzione operasse soltanto nei confronti del personale della società E. srl, addetto ai servizi di tumulazione, estumulazione, inumazione ed esumazione, che era stato oggetto di indagine penale e rinviato a giudizio, e non per il personale addetto a soli lavori di pulizia come gli appellati. Tale esclusione si ricavava, secondo la corte, anche da quanto espresso dalle parti nella premessa contenuta nel contratto di appalto, in cui l’esenzione veniva giustificata proprio dalle “ragioni di ordine sostanziale e di opportunità a seguito anche dell’adozione da parte della Procura della repubblica di Massa di misure cautelari restrittive nei confronti della quasi totalità dei dipendenti dell’azienda cessata, di cui non facevano però parte i lavoratori appellati.
3) Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S. srl, affidato a due motivi. Hanno resistito i lavoratori ed anche il Comune di Massa con controricorso, illustrato poi da memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
4) Con il primo motivo di gravame la società ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’ art. 360 c. 1 n. 3, degli art. 1362 e 1366 c.c., oltre che una insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, si sensi dell’ art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.. La Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la S. fosse obbligata a rispettare l’obbligo di assunzione dei lavoratori dipendenti della società E., alla quale era subentrata a seguito del cambio di appalto e della stipula del relativo contratto con il comune di Massa, perché non avrebbe considerato le comunicazioni del Comune alla S., in cui si esonerava la stessa dall’osservanza dell’art. 11 del capitolato di appalto del 7.4.2006 relativamente all’obbligo di assunzione del personale della ditta appaltatrice precedente, oltre che il contratto di appalto che esentava espressamente dall’osservanza di tale articolo 11, richiamato nell’art. 2. Secondo la ricorrente la Corte avrebbe violato proprio l’art. 1362 comma 2 c.c. atteso che nel contratto di appalto in premessa le parti si davano atto del coinvolgimento nell’inchiesta penale della “sostanziale totalità” dei dipendenti E., senza distinzione alcuna rispetto alle loro mansioni. Non avrebbe pertanto considerato la corte territoriale l’esonero dalla c.d. clausola sociale contenuta in tali atti.
5) Il motivo è infondato. Non può infatti ritenersi viziata l’interpretazione della volontà dei contraenti (Comune e S.) così come offerta dai giudici di merito i quali hanno coerentemente ricercato, ai sensi dell’art. 1363 c.c., dal complesso delle clausole contenute nel contratto di appalto, quello che le parti avevano inteso stabilire, anche richiamando in tale atto le note del dirigente del Comune del 16.9. e del 19. 9.2008, in cui si invitava la società a prendere in esame l’assunzione del solo personale addetto a lavori di pulizia. La Corte ha ritenuto che la volontà dei contraenti fosse quella di escludere l’obbligo di cui all’art. 11 del capitolato – assunzione del personale utilizzato per il servizio da parte dell’impresa cessata – solo con riferimento ai lavoratori imputati nel procedimento penale ed addetti a precisi computi diversi da quelli di pulizia, ciò proprio con riferimento a quanto stabilito nelle premesse contenute nel contratto, dove si dava atto che l’esenzione era determinata da ragioni di “ordine sostanziale e di opportunità a seguito dell’adozione, da parte della Procura della Repubblica di Massa, di misure cautelari restrittive nei confronti della sostanziale totalità dei dipendenti della Società E.”.
La ricorrente in sostanza chiede che al contenuto delle statuizioni contrattuali e della stessa corrispondenza intercorsa tra il comune e la società sia dato un significato diverso da quello offerto dal giudice territoriale ed in realtà richiede una diversa valutazione delle risultanze probatorie, in particolare dei documenti riportati in ricorso, valutazione che è inammissibile in questa sede.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c..
Secondo la ricorrente la Corte territoriale non avrebbe considerato che il richiamo fatto dall’art. 10 del capitolato di appalto alle norme del CCNL settore multi servizi doveva intendersi operante solo per la parte di questa disciplina non espressamente derogata dal capitolato, come la parte relativa all’obbligo di assunzione dei lavoratori dell’impresa cessante, non potendosi applicare l’art. 4 comma 2 del CCNL, che prescrive tale obbligo a parità di “termini, modalità e prestazioni contrattuali” fra il nuovo ed il precedente contratto. Secondo la ricorrente proprio dalle tabelle dei due contratti di appalto, contenute nel ricorso di appello e trascritte nel ricorso di legittimità, sarebbe stato evidente che l’oggetto del contratto S. era diverso da quello dell’azienda E., il quale comprendeva la pulizia di spazi molto più ampi dell’intero centro abitato, non solo degli spazi cimiteriali.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, atteso che si fonda sul richiamo di documenti (i due contratti di appalto S. ed E.) non individuati specificatamente, né depositati con il ricorso, peraltro senza che vi sia neanche un’ indicazione precisa di una loro collocazione nei fascicoli di parte, avendo la ricorrente soltanto trascritto in maniera del tutto incompleta, solo dei semplici prospetti che riassumono l’oggetto dell’appalto e le rispettive attività delle due imprese appaltatrici, con evidente inammissibilità ed improcedibilità per violazione degli artt. 366 c. 1 n. 6 e 369 c. 1 n. 4 c.p.c.
Il ricorso deve pertanto essere respinto, con condanna della società alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio in favore dei lavoratori contro ricorrenti, nella misura di cui al dispositivo. Non si liquidano le spese del giudizio nei confronti del contro ricorrente Comune di Massa, trattandosi di una mera litis denuntiatio, che non determinava una vocatio in ius, non essendo stata posta in discussione dalla ricorrente società la statuizione della sentenza impugnata, adottata nei confronti del Comune. Poiché la chiamata in giudizio costituisce presupposto di ammissibilità della costituzione in giudizio, la parte che si costituisca erroneamente in giudizio non ha diritto al rimborso delle spese sostenute (cfr Cass. n. 5508/2016).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore dei lavoratori costituiti delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore dei lavoratori controricorrenti.
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