CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 febbraio 2018, n. 4344
Pensione d’anzianità – Riliquidazione – Calcolo sulla base delle retribuzioni effettivamente corrisposte in Svizzera – Applicazione del sistema retributivo vigente in Italia – Non fondato – Presenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale – Trasferimento presso l’AGO dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri
Fatti di causa
1. I ricorrenti impugnano la sentenza depositata il 14.05.2015, con la quale la Corte d’appello di Venezia aveva rigettato le domande volte ad ottenere il diritto del riconoscimento alla riliquidazione delle pensioni in godimento sulla scorta delle retribuzioni effettivamente percepite durante i periodi di lavoro effettuati in Svizzera, in luogo di quelle virtuali ricalcolate dall’INPS in rapporto alla diversa incidenza degli oneri contributivi.
2. Contro tale statuizione ricorrono D.V.R.A., Z.S.G. e C.S., con sette motivi di censura.
L’INPS resiste con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
3. Oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione della pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività lavorativa in Svizzera: i ricorrenti, infatti, si dolgono del fatto che l’INPS abbia liquidato loro la pensione assumendo come base di calcolo non già la retribuzione effettivamente percepita in tale Paese, in virtù del disposto dell’art. 1 l. n. 283/1973, che, nel ratificare la Convenzione stipulata tra l’Italia e la Svizzera in materia in materia di sicurezza sociale del 4.7.1969 aveva fissato il principio secondo cui il calcolo della loro pensione sarebbe stato effettuato come se l’assicurato avesse lavorato in Italia, bensì una retribuzione teorica, ottenuta rapportando la retribuzione effettiva a maggiore importo dei contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora essi avessero effettivamente lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dall’art. 1 comma 777, I. n. 296/2006, che, nel dettare l’interpretazione autentica dell’art. 5, comma 2, d.P.R. n. 488/1968, ha previsto che esso si interpreti nel senso che ” in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro volto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono”, facendo salvi ” i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge”.
4. Tanto premesso come primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 3, n. 1, e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971 e dei principi in materia di parità di trattamento e divieto di discriminazione in materia previdenziale, nonché carenza assoluta di motivazione, per avere la Corte di merito avallato una soluzione discriminatoria in loro danno, e altresì ritenuto l’infondatezza del motivo di appello concernente la censura di violazione dell’art. 43 del Trattato CE attraverso il mero richiamo alle pronunce di questa Corte nn. 3676 e 27781 del 2009.
5. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 6 CEDU e degli artt. 47 e 52 della Carta di Nizza per avere la Corte territoriale dato applicazione all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, nonostante che la Corte EDU ne avesse dichiarato la contrarietà all’art. 6 CEDU per violazione dei principi dell’equo processo, della parità delle armi, della certezza del diritto e del diritto ad un giudice indipendente, invece di disapplicarlo in quanto contrastante con il citato art. 6 CEDU e l’art. 47 della Carta di Nizza.
6. Con il terzo motivo, le medesime censure di cui al secondo motivo sono argomentate in relazione all’art. 6, n. 2, TUE, in ragione del fatto che i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dalla Carta dei diritti sarebbero stati “comunitarizzati” in virtù dell’art. 6, n. 2, cit.
7. Con il quarto motivo, si propone istanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE affinché chiarisca se l’art. 42 del Trattato CE e/o gli artt. 3 e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971 consentano al legislatore di uno Stato membro di determinare il trattamento pensionistico secondo le modalità di cui all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, così discriminando i propri cittadini che abbiano lavorato per un periodo di tempo in Svizzera, nonché se i principi generali fissati dagli artt. 47 e 52 della Carta di Nizza debbano essere interpretati come ostativi ad una disposizione di legge interpretativa quale quella di cui all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, cit.
8. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 24, 111 e 2 Cost., per avere dato applicazione ad una disposizione di legge quale l’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, adottata in contrasto con le citate disposizioni costituzionali.
9. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 19, comma 1, TUE, dell’art. 47 della Carta di Nizza e dell’art. 13 CEDU, per non avere la Corte territoriale né disapplicato l’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, né disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.
10. Con il settimo motivo, infine, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 53 e 46 CEDU e 117 Cost., per non essersi la Corte di merito conformata nella propria decisione al dictum rassegnato dalla Corte EDU nelle sentenze 31.5.2011 (Maggio e c.ti /Italia) e 15.4.2014 (Stefanetti e c.ti / Italia), che avevano rispettivamente ritenuto che la disposizione di cui all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, violasse gli artt. 6 e 1 Prot. n. 1 CEDU.
11. Ciò posto, il primo motivo è infondato.
Circa la censura di carenza assoluta di motivazione è sufficiente rilevare che la Corte territoriale ha motivato il rigetto delle censure di gravame concernenti la presunta violazione dell’art. 42 del Trattato CE e dell’art. 29 del Regolamento CE n. 1408/1971 richiamando le pronunce di questa Corte nn. 3676 e 27881 del 2009, nella cui motivazione si dà conto dell’infondatezza di censure analoghe, argomentate con riferimento alle sentenze della Corte di Giustizia UE del 21.6.2007, C- 231-233/06 e del 3.4.2008. C- 331/06. Di talché, considerato che l’art. 118 att. c.p.c., nel testo modificato dall’art. 52, comma 5, I. n. 69/2009, prevede per quanto qui interessa, che la motivazione della sentenza consista nella ” succinta esposizione… .delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”, deve escludersi che si verta in specie in ipotesi di motivazione mancante o apparente o incomprensibile.
Circa la censura di violazione degli artt. 3, n. 1, e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971, risulta decisivo, invece, che essa assume a parametro di legittimità disposizioni che non hanno alcuna capacità regolativa della fattispecie, avendo questa Corte già chiarito che la vicenda per cui è causa, concernendo il trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri, in conseguenza di convenzioni ed accordi di sicurezza sociale e non già la totalizzazione dei contributi prevista dal Regolamento cit. quale unica misura rilevante ai fini pensionistici, inerisce ad una disciplina normativa peculiare ai rapporti tra Italia e Confederazione Svizzera, estranea all’ambito previsionale della legislazione comunitaria in tema di sicurezza sociale (Cass. nn. 11406 e 22877 del 2013). Né contrari argomenti possono desumersi da quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 15.1.2002 C- 55/00, Gottardo, poiché, come già rilevato da questa Corte, nelle pronunce dianzi cit., trattasi di decisione adottata in una vicenda in cui l’oggetto del contendere era rappresentato dal diritto della pensionata ad ottenere la totalizzazione dei contributi per il lavoro svolto in Italia, in Francia e nella Confederazione Svizzera,diritto negatole dall’INPS sul presupposto che non avesse cittadinanza italiana e dunque in fattispecie affatto differente da quella per cui è causa, nella quale, si controverte, invece, in merito alle modalità della ricongiunzione dei contributi e non della loro totalizzazione.
11. Il secondo, il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in ragione dell’intima connessione delle censure svolte, e sono parimenti infondati.
Va, innanzitutto, ribadito che le disposizioni della Carta di Nizza non sono ratione temporis applicabili a fattispecie relative a periodo anteriore alla data di entrata in vigore del trattato di Lisbona (1°.1.2009) avendo in tal senso statuito la CGUE 26.3.2015, C- 316/13, Fenoli. Conseguentemente deve escludersi la fondatezza della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, formulata dai ricorrenti al quarto motivo, dal momento che ai sensi dell’art. 267 TFUE, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE presuppone che il giudice nazionale debba decidere una controversia concernente il diritto dell’Unione e tanto, nella specie, non può logicamente affermarsi, vuoi in ragione all’anteriorità dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 777,n. 296/2006, rispetto al Trattato UE ( v., per un caso analogo, Cass. n. 4433 del 2016), vuoi in relazione all’estraneità della materia del contendere alle previsioni del Regolamento CE n. 1408/1971, menzionato nella disamina del primo motivo.
Questa Corte, peraltro, ha già avuto modo di chiarire che, il rinvio alla convenzione operato dall’art. 6, par. 3, TUE, non impone, infatti, al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e la CEDU, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa, atteso che, in tale evenienza, il rimedio è costituito dal giudizio di legittimità costituzionale della norma interna per contrasto con l’art. 117 Cost. (Cass. n. 4049 del 2013 e S.U. n. 9595 del 2012); principi questi a cui il Collegio ritiene di dover dare nel caso di specie continuità, e ciò consente di escludere che la Corte di merito, dando applicazione all’art. 1, comma 777, I. n. 296/2006, possa essere incorsa in alcuna violazione delle disposizioni citate nella rubrica dei motivi in esame.
12. Egualmente infondato, infine, s’appalesa il quinto motivo.
E’ infatti rilevante osservare al riguardo che la Corte costituzionale ha affermato che nel rapporto di bilanciamento fra la tutela dell’interesse sotteso all’art. 6, par. 1, CEDU, e la tutela degli altri interessi costituzionalmente protetti, complessivamente coinvolti nella disciplina recata dall’art. 1, comma 777, I. n.296/2006, sussistevano quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva, trattandosi nella specie di assicurare che il sistema previdenziale corrisponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei principi di eguaglianza e solidarietà che occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali; ed ha, inoltre, affermato come l’art. 1, comma 777 cit., sia ispirato ai principi di uguaglianza e di proporzionalità, ove si tenga conto della circostanza che i contributi versati in Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, ed è in ragione di ciò, la citata disposizione ha provveduto a riparametrare i contributi in modo da renderli proporzionati alle prestazioni ed evitare così sperequazioni e rendere sostenibile l’equilibrio del sistema previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni (sent. n. 264 del 2012).
In linea con tale orientamento, di recente (sent. n. 166/2017), la stessa Corte costituzionale ha evidenziato come non siano ravvisabili profili di incompatibilità tra la sentenza 15.5.2014 (Stefanetti ed altri c/Italia ) della Corte EDU e l’art. 1 del Prot. addizionale alla CEDU, rispetto al contenuto della normativa nazionale in disamina, in termini tali che ne comportino per interposizione, il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., quanto piuttosto “l’esistenza di una più circoscritta area di situazioni in riferimento alle quali la riparametrazione delle retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma nazionale retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali e, corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione”, e dato atto che tale area non è stata delineata in termini generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio tiene, invece conto, « quali “elementi pertinenti”, dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi in Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa di appartenenza e delle qualità dei rispettivi stili di vita», ed ha concluso nel senso che «l’indicazione di una soglia ( fissa o proporzionale) e di un non superabile limite di riducibilità delle pensioni svizzere….come pure l’individuazione del rimedio, congruo e sostenibile atto a salvaguardare il nucleo essenziale del diritto leso, ….presuppongono, evidentemente, la scelta tra una pluralità di soluzioni rimessa,come tale, alla discrezionalità del legislatore>>.
13. Sulla base di quanto precede, il ricorso va rigettato, ed in considerazione della novità e complessità della questione trattata, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità. Tenuto conto del rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese del giudizio compensate. Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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