CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 maggio 2017, n. 12916
Inps – Verbale ispettivo – Omessa applicazione del CCNL – Versamento dei contributi – Inadempienze
Fatti di causa
La Corte d’appello di Ancona con sentenza n. 790/2011 ha respinto l’appello proposto dalla M. Trasporti s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città di rigetto dell’opposizione a verbale ispettivo emesso dall’INPS in data 7 maggio 2004.
Tale verbale aveva accertato: per il periodo compreso tra aprile 1999 e dicembre 2002, inadempienze derivanti dall’aver omesso di applicare il c.c.n.l. vigente per i dipendenti da aziende addette all’autotrasporto ed alle spedizioni delle merci per conto terzi e di assoggettare a contribuzione le retribuzioni ivi previste; inadempienze relative all’omesso versamento dei contributi sulle retribuzioni più favorevoli previste dal contratto integrativo regionale delle Marche per alcuni dipendenti e sulle somme erogate a tutti i dipendenti a tempo indeterminato a titolo di premio di risultato da aprile 1999 a marzo 2004; infine, ulteriori inadempienze erano state accertate per l’omesso versamento di contributi sulle eccedenze delle indennità di trasferte corrisposte tra settembre 2000 e marzo 2004, rispetto agli importi esclusi dall’imponibile reddituale ai fini fiscali e contributivi ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 314/1997.
La società aveva opposto di aver fatto applicazione del contratto collettivo stipulato dall’AITI, ASSTRI, FEDERSPEDI, FISI, UNITAI, ANITA e CONFETRA nel periodo 94/98 e delle successive proroghe e del ” Contratto Regionale di Lavoro” del 25 novembre 1999 stipulato dall’Apac- Federcorrieri ed Associazione Industriali di Ancona, per cui non vi era stata alcuna violazione dell’art. 1 del d.l. n. 338/1989 conv. con modif. in I.n. 389/1989. Quanto, poi, alle contribuzioni pretese in dipendenza dell’erogazione delle indennità di trasferta, la società opponeva che, nell’incertezza applicativa sul disposto dell’art. 62 del testo unico sulle imposte dirette, aveva inutilmente proposto interpello all’Agenzia delle Entrate .
La Corte territoriale ha ritenuto che l’appellante non avesse impugnato l’accertamento del primo giudice in ordine alla circostanza che vi era stato un unico contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende addette all’autotrasporto ed alle spedizioni delle merci per conto terzi da aprile 1999 a dicembre 2002, cui andava fatto rinvio ai sensi dell’art. 1 comma 1 d.l. n. 338/1989 conv. in I. n. 389/1989 e che esso, pur essendo stato recepito dalla società, non era stato in fatto applicato nel periodo in contestazione; di conseguenza andava applicato anche il contratto collettivo di secondo livello richiamato dal testo nazionale. Infine, la Corte ha ritenuto del tutto ininfluente ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo relativo alle omissioni parziali sulle somme erogate per indennità di trasferta la circostanza della pendenza di interpello all’Agenzia delle entrate, pertanto doveva confermarsi l’ accertamento dell’INPS preso atto delle risultanze della c.t.u. contabile.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M. Trasporti s.p.a. fondato su tre motivi. L’INPS ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce “erroneità della motivazione di cui ai punti sub 8.2- 8.3- 8.4 e 8.5 della sentenza della Corte di Appello”, in relazione all’affermazione da parte della sentenza impugnata della mancata impugnazione in appello del passaggio motivazionale secondo cui nel periodo di interesse (1999-2002) vi sarebbe stato un unico contratto collettivo nazionale di lavoro.
2. Con il secondo motivo, intitolato “Erroneità della motivazione di cui al punto sub 9 della sentenza della Corte “, si denuncia la circostanza che la Corte d’appello di Ancona non abbia proceduto – a fronte della contestazione della parte appellante- ad accertare la maggiore rappresentatività delle sigle sindacali AMSEA, Ass. Agenti Marittimi, FILT CGIL, UILtrasporti e Fit Cisl, che avevano sottoscritto l’accordo regionale integrativo 25 novembre 1999, rispetto alla organizzazione Apac- Federcorrieri che aveva stipulato con Associazione Industriali di Ancona il diverso accordo regionale del 10 ottobre 1989 cui l’appellante aveva aderito.
3. Il terzo motivo, infine, intitolato “questione trasferta”, ha per oggetto la reiterazione della tesi sostenuta dalla ricorrente in ordine agli effetti, quanto meno sospensivi degli obblighi contributivi connessi ad incertezze interpretative di disposizioni di legge, della proposizione di interpello rivolto all’Agenzia delle Entrate e diretto a superare l’incertezza interpretativa.
4. I tre motivi sono formulati in evidente violazione delle regole previste dal codice di rito per la proposizione del ricorso per cassazione e ciò comporta il giudizio, che può essere svolto in maniera unitaria per tutti i motivi, di inammissibilità del ricorso.
5. Infatti, con i tre motivi di impugnazione la parte qui ricorrente si duole – contemporaneamente e sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati – dell’esito della controversia, censurando liberamente le conclusioni a cui il giudice del merito è pervenuto e rinnovando più che altro le censure già formulate per tacciare di illegittimità il verbale ispettivo impugnato.
6. Siffatto modo di articolare la censura nei confronti della decisione impugnata (nel difetto di qualsivoglia coordinamento con le fattispecie di vizio tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c.) non è rispettoso del sistema processuale vigente, in relazione alla formula prevista per il ricorso per cassazione, così come inveratasi nella norma dell’art. 360 c.p.c.
7. A tal proposito, basta qui richiamare il noto principio giurisprudenziale secondo cui: “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, anche prima della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006, assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. Tassatività e specificità dei motivi di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito” (tra le molte, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18202 del 03/07/2008; Cass. 8585/2012).
8. Inoltre, ai sensi dell’art. 366, comma 1 n. 4, il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità,< i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano>. In particolare, questa Corte di cassazione (Cass. n. 25044/2013; SS.UU. 17555/2013) ha precisato che, in tema di ricorso per cassazione, l’indicazione delle norme che si assumono violate non è un requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità della censura, ma solo un elemento richiesto al fine di chiarirne il contenuto e di identificare i limiti dell’impugnazione, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza soltanto se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme ed i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate.
9. Nel caso di specie, è inibita alla Corte di cassazione la individuazione delle norme e del principio di diritto che si assumono, genericamente, violati.
10. Infatti, nell’illustrazione del primo motivo, si allude, senza che si possa cogliere su quale elemento si annidi la violazione, contestualmente alla valutazione della materia devoluta in appello da parte della Corte di merito, all’implicito superamento della regola di riparto dell’onere della prova ed alla ricostruzione dello svolgimento delle fasi di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro.
11. Nel secondo, si denuncia l’erroneità della motivazione deducendola dall’affermato mancato raffronto tra due contratti integrativi, senza in alcun modo correlarsi con una qualsiasi norma dalla quale possa trarsi l’obbligo del giudice d’appello, di operare in tal senso ed alla luce dell’ effettiva ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata che è quella della stretta consequenzialità esistente tra giudicato implicito sulla individuazione del contratto collettivo nazionale da considerare ai fini dell’individuazione del minimale contributivo e contratto integrativo dal medesimo richiamato.
12. La stessa valutazione deve formularsi per il terzo motivo con il quale ci si duole, complessivamente, del fatto che la Corte d’appello non abbia condiviso la tesi della parte sull’estensione anche agli obblighi contributivi della proposizione dell’interpello all’Agenzia delle entrate e non abbia attribuito, altresì, valore alla condotta silente dell’INPS. Anche in questo caso la Corte di cassazione non è messa nelle condizioni di delimitare l’ambito del giudizio di legittimità non potendo, se non a costo di colmare il vuoto lasciato dal ricorrente, stabilire in quale delle diverse componenti del giudizio d’appello si sia annidato l’errore di interpretazione della norma o della motivazione, essendo stata trascurata una circostanza essenziale e dedotta in causa.
13. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
14. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del contro ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori.
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